Un romantico a Milano: ho perso le elezioni ma ho ancora voglia di stupirmi
Io ho perso le elezioni. Non ho proprio nulla da festeggiare, perché ho perso le elezioni. Solo che non le ho perse il 19 giugno. […]
Parisi imbarca Passera. Dove vogliono andare? La rinuncia di Passera è una mossa intelligente, che dà alla sfida di Parisi una figura politica definita: è il tentativo di ricostruire un Centrodestra liberale, aggiornato ai temi e ai problemi della Globalizzazione che in Italia ha il cervello a Milano. Questo al netto del Business, delle consorterie e dei conflitti di interesse che spesso (se non sempre) inquinano i progetti dei liberali italiani. Ma, per la verità, anche dei progressisti. Gli scossoni alla barca di Parisi e Passera, infatti, non verranno dal Business (che è l’habitat naturale dei due manager), ma dall’onda populista sulla quale navigano: la loro è una barchetta fragile, ideale più che reale. Una barchetta di carta. Salvini alzerà l’onda, i toni, cercando tempesta per contrasto e per forza: non può smentirsi. Ai nostromi di Centro servirebbe buona stampa: ma i giornali e le Tv di Berlusconi continueranno a tirare la volata all’ala destra: a Belpietro, Del Debbio e Sallusti il populismo piace troppo. Nei primi, faticosi editoriali di critica a Salvini comparsi su Il Giornale (sugli insulti a Mattarella, ad esempio) è apparso chiaro che cambiare marcia risulta difficile, contorto, innaturale. Insomma: a Milano c’è una barca che fa rotta al Centro, con le reti gettate a Destra. Ma, nelle elezioni, è il pescato che conta. Poi anche no: la barchetta che parte a Milano può navigare verso orizzonti nazionali. Vedremo. Per ora, Parisi-Passera è un esperimento. Questa però è la buona notizia: Milano è ancora il “Laboratorio politico” dal quel attendersi novità? Sì? Si attendono risposte anche dal Centrosinistra, che però sembra in profonda crisi di identità. Beppe Sala deve decidere chi è se vuole vincere. Finora la sua Campagna è amletica, indecisa fra l’essere e il non essere la Continuità di Pisapia. Qualcuno del suo (finora disastroso) entourage elettorale gli faccia sapere che no: non può esserlo, ha un altro mandato, un’altra figura politica ed è anche – banalmente – un’altra persona. Faccia ciò che è: il manager che si occupa degli obiettivi concreti da conseguire, e lasci i fantasmi del passato nel castello di Elsinore. Dove, per inciso, finì in tragedia…
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