Il lato positivo: alcune ragioni per votare Sala

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16 Giugno 2016

C’è una cosa di cui parlo spesso usando la parola in inglese anche perché in italiano non esiste: accountability. Penso che sia un elemento fondamentale della delega politica e che spesso è ostacolata dalle nostre leggi elettorali con liste bloccate e collegi enormi. Si riferisce al processo attraverso il quale un elettore premia un politico per il suo operato grazie all’unico strumento in suo possesso: il voto.

La teoria economica ci insegna che in presenza di asimmetria informativa possiamo ancora fornire gli incentivi giusti e premiare (o punire) i politici legando il nostro voto ai risultati ottenuti, a qualcosa che sia osservabile e verificabile. Perché diciamolo, la delega politica è influenzata sia da informazione nascosta che da azione nascosta. La qualità dei politici (sia capacità che onestà) non è facilmente osservabile, e nemmeno l’impegno che mettono nella loro attività è monitorabile (a meno di trasferirsi in pianta stabile negli assessorati, e forse nemmeno così) e i risultati dipendono anche da fattori non controllabili dai politici stessi  (il ciclo economico, i tagli dei trasferimenti, le guerre in Siria, le calamità naturali). Premiare chi ha fatto bene con il voto e punire chi ha fatto male votando qualcun altro è il modo migliore per creare una classe politica “accountable” che oltre all’ovvia ambizione personale tenga anche sempre presente l’interesse pubblico.

Se penso a Milano, la mia città, non posso negare che i risultati ottenuti dall’amministrazione uscente sono decisamente positivi. Milano è cambiata in meglio, e questo cambiamento ha restituito anche un orgoglio e un senso di appartenenza ai Milanesi che io, onestamente, non ricordo. Milano ha raggiunto risultati eccellenti nella raccolta differenziata e nella mobilità sostenibile, Milano è riuscita a gestire decine di migliaia di profughi in fuga, Milano ha riconsegnato qualche spazio di aggregazione ai cittadini come la Darsena e Piazza Gae Aulenti, c’è una nuova linea della metropolitana, si fanno concerti gratis in piazza Duomo e altri eventi diffusi per far uscire la cultura dai soliti ambienti, l’amministrazione ha favorito la nascita di molte nuove imprese e contribuito ai piccoli passi avanti nel riconoscimento dei diritti civili. E tutto questo senza nessuno scandalo, senza avvisi di garanzia per corruzione o concussione, senza intercettazioni, insomma come dovrebbe sempre essere in un paese civile.

Molti degli artefici di questa fase di miglioramento si sono ripresentati davanti agli elettori, e ne sono stati premiati, penso soprattutto a Pierfrancesco Majorino, Pierfrancesco Maran, Filippo Del Corno e Cristina Tajani ma la cittadinanza dimostra in continuazione di apprezzare anche molti altri membri della giunta Pisapia  che non si sono candidati a questa tornata elettorale. Condizione necessaria affinché queste persone possano continuare a lavorare per la crescita di questa città è che Beppe Sala sia eletto sindaco domenica 19 giugno.

Perché non premiare con il voto una squadra che ha fatto bene? Non avrà fatto tutto, ma è innegabile che Milano sia cambiata in meglio. Se con il nostro voto non ricompensiamo impegno, dedizione e risultati positivi ma puniamo per cose che non dipendono da chi stiamo votando (JobsAct, legge elettorale e riforma costituzionale per citarne solo alcune) come pensiamo di riuscire ad avere una classe politica accountable? Se tanto il voto non dipende da cosa fanno i politici, che interesse avranno a fare bene?

Questo è quello che ha spinto me a votare Beppe Sala fin dal primo turno, ovvero la ricompensa per 5 anni positivi ad una squadra, pur sapendo che il mio voto sarebbe potuto essere parte della coccardina che il Presidente del Consiglio avrebbe potuto appuntarsi al petto. Così non è stato, perché quella che doveva  (e avrebbe potuto) essere un cavalcata trionfale del manager si è trasformata in una risicata difesa del fortino e un testa a testa a cui non avremmo voluto partecipare.

Ed è un peccato, perché negli ultimi mesi ho maturato la convinzione che Beppe Sala aveva tutte le qualità per essere un buon candidato della coalizione ma l’operazione è stata gestita malissimo e lo storytelling ancora peggio (con buona pace dei grandi comunicatori che sono maggioranza nel partito di maggioranza).

Una persona (più di sinistra di me) di cui mi fido, e che ha collaborato a stretto contatto con Sala mi ha scritto: “Che Sala non sia una persona di sinistra è evidente. Che non sia il candidato dei sogni di molti di noi, è altrettanto noto. Meno noto è che sia una persona che, per come l’ho conosciuta io, è disponibile all’ascolto, alla mediazione e alla sintesi. Che non sia ostaggio di alcun potere forte. Che abbia voglia di conoscere realtà diverse e che sia disposto a farsi contaminare da esse. Che si sia lanciato in quest’avventura, per lui personalmente rischiosa, non per oscure pressioni (come io stesso pensavo) ma per un genuino entusiasmo “sociale” qualcosa che, presumibilmente, lui ha tratto da Expo “.

Tutto questo non è forse emerso, perché qualcuno non ha ritenuto che fosse importante o perché Sala non è bravo nel contraddittorio e in televisione, ma possiamo anche dire che queste non sono qualità fondamentali per un sindaco. Dopotutto chi ci governa è bravissimo a stare in televisione, ma poi perde colpi da altre parti. Ci sono quindi tutte le premesse perché, pur non essendo stato un brillante candidato, Sala possa essere un bravo sindaco.

Si diceva del testa a testa, che ci tiene con il fiato sospeso. Una delle spiegazioni è l’astensionismo a sinistra e l’(auto)esclusione di un pezzo di sinistra dalla coalizione. A loro non è bastato quello che è bastato a me per votare Sala al primo turno, e li capisco. La tracotanza e l’arroganza di una certa dirigenza cittadina (e nazionale) e i dubbi sul percorso personale di Sala hanno fatto preferire loro candidati di testimonianza o addirittura l’astensione, e credo che abbiano ottenuto un risultato. Dal 7 febbraio in avanti, ma ancora di più dal 5 giugno, quel contenitore un po’ vuoto che era il programma delle primarie di Sala si è riempito di contenuti e idee che dovrebbero caratterizzare tutti i programmi di una sinistra moderna. Quei voti che sono mancati hanno dato rilevanza ad alcune istanze e con successo hanno ottenuto attenzione, almeno in parte.

Io spero che questo, più che la paura di essere amminsitrati dagli avversari politici, abbia la meglio su considerazioni politiche che poco hanno a che fare con la nostra città. Nell’era della disintermediazione e della globalizzazione forse è bene (ri)affermare che il locale è diverso dal nazionale.

E che lunedì sia un buongiorno per Milano.

TAG: #Milano2016, beppe sala, cristina tajani, dopo-pisapia, elezioni 2016, filippo del corno, pierfrancesco majorino, pierfrancesco maran
CAT: Milano

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