“O con me o contro di me”: la strategia di Trump per rimanere alla Casa Bianca
Mancano meno di cento giorni al voto in Usa, in un anno che definire imprevedibile è riduttivo. Basti pensare al tweet in cui Trump chiede di posticipare le elezioni per far votare le persone in modo corretto e sicuro, per evitare irregolarità con il voto per posta. Immediata arriva la risposta della Speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi a ricordare che la data delle elezioni è decisa dal Congresso. Provocazione o tentativo di distrarre dai sondaggi che sorridono al candidato democratico o dai dati sull’economia? Secondo George Lakoff, linguista e docente a Berkeley, infatti una delle strategie usate da Trump sui social media consiste proprio nel distogliere l’attenzione da alcuni temi reali mediante dichiarazioni apparentemente estemporanee ma che, in realtà, hanno l’intento di ridefinire l’agenda mediatica.
Le ipotesi sono tante mentre arriva un altro tweet presidenziale in cui si chiede che i risultati delle elezioni siano noti la sera stessa del voto e non tempo dopo. Considerando il sistema politico americano, è prevedibile la forte polarizzazione delle campagne presidenziali, ma in questo caso tutto ruota intorno alla figura di Donald Trump. O si è con lui o contro di lui e intanto resta al centro della scena.
Pochi giorni fa, il candidato democratico Joe Biden ha pubblicato un video in cui si confronta con Barack Obama su come affrontare l’attuale crisi del Paese. È stato un modo per sottolineare il ruolo dell’ex vicepresidente durante la presidenza Obama per esaltarne competenza e affidabilità, secondo alcuni. Secondo altri, invece, si rischia di presentare Biden come un nome e, dunque, un progetto per il Paese, già visto e quindi non necessariamente destinato alla vittoria. In altre parole, perché un americano dovrebbe preferire l’ex senatore del Delaware se in sostanza propone le stesse politiche di Obama che, nel migliore dei casi, vuole portare a compimento? In realtà, quando due anni fa, il Pew ResearchCenter chiese a un campione rappresentativo di americani di scegliere il miglior presidente in quanto a lavoro svolto, la scelta è caduta proprio sul quarantaquattresimo inquilino della Casa Bianca. Nel 31% dei casi Obama ha rappresentato la prima opzione, nel 13% la seconda, per un totale del 44%. Era però il 2018, molte cose dovevano ancora accadere. All’inizio del 2020, ad esempio, nessuno poteva immaginare la pandemia, la crisi sanitaria ed economica che ne è seguita e poi il riemergere delle tensioni legate a razzismo e integrazione. C’è da capire se questi fattori spingeranno verso la conferma o meno di Trump. A proposito di sondaggi AP-NORC ne ha reso noto uno pochi giorni fa, secondo cui per 8 americani su 10 il Paese sta andando nella direzione sbagliata. Solo il 32% degli intervistati approva il modo in cui è stata gestita la pandemia da parte dell’attuale presidente. Poco meno di quattro americani su dieci ritengono che l’economia vada bene, ma a gennaio la percentuale era del 67%. Eppure solo a giugno Trump scriveva su Twitter di aver costruito la più grande economia del mondo, la migliore che gli Stati Uniti abbiano mai visto e di voler continuare a farlo.
Anche per il Pew ResearchCenter, a gennaio la soddisfazione verso la situazione economica americana era ampia, il 57% degli statunitensi aveva una opinione favorevole, con punte dell’81% tra gli elettori repubblicani. Non solo, ma le opinioni del pubblico sull’influenza delle politiche di Trump sull’economia erano più favorevoli rispetto a quelle sulle politiche economiche di Obama allo stesso punto della sua presidenza. Ora la situazione è cambiata. Ad aprile il tasso di disoccupazione era salito al 14,7%, il livello più alto dal dopoguerra e, anche se a maggio è sceso al 13,3%, resta comunque elevato. È forse per questo che Trump punta non solo sull’economia ma sulla sicurezza nella campagna per restare alla Casa Bianca? “Non sarai al sicuro nell’America di Joe Biden!” cita ad esempio un tweet che accompagna un video del Team Trump. La clip, della durata di appena trenta secondi, è un esempio da manuale di negative campaigning, ovvero di quella strategia comunicativa che mira ad evidenziare gli aspetti negativi del proprio avversario politico. Un’anziana signora guarda la TV da sola in casa e scuote la testa mentre ascolta la notizia che il candidato democratico vuole ridurre i finanziamenti alla polizia, compresi quelli relativi al centralino 911. All’improvviso un rumore spaventa la signora che chiama proprio quel numero ma è inutile, all’altro capo della cornetta non c’è nessuno mentre un aggressore entra nel suo appartamento. In realtà, secondo quanto riportato anche da CNN, Joe Biden sarebbe intenzionato a reindirizzare alcuni finanziamenti, respingendo quelli federali verso i dipartimenti che non soddisfano determinate condizioni, quindi in sostanza avrebbe parlato di reindirizzare fondi, non di ritirarli.
Questo esempio è paradigmatico dello scenario politico americano, o si è con Trump o si è contro Trump. Joe Biden, però, non intende passare come un semplice avversario politico, ma vuole essere visto come qualcuno in grado di portare la propria idea di nazione a prescindere dall’attuale presidente. “Queste elezioni non riguardano solo il voto contro Donald Trump. Si tratta di affrontare questo momento di crisi, comprendere la lotta delle persone e costruire un futuro degno del loro coraggio e della loro ambizione”, scrive su Twitter. “Vinceremo le elezioni del 2020” è, invece, un laconico tweet di Trump che resta direttamente o indirettamente al centro della scena politica.
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