Per il pm “morta perché denutrita”, ma la perizia dice che era malata

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9 Giugno 2017

Morta perché denutrita. Questo il mostruoso sospetto della Procura di Novara  che aveva indagato con l’accusa di omicidio colposo i genitori marocchini di una bimba di 5 anni deceduta all’ospedale Maggiore della città piemontese nel gennaio scorso.

Ora, gli esiti della consulenza medico legale disposta dal pm Ciro Vittorio Caramore raccontano tutta un’altra verità. La piccola, arrivata il 4 gennaio al pronto soccorso in coma, si è spenta  a causa della malattia di Leigh, una grave e incurabile sindrome neuro – metabolica da cui era affetta dalla nascita. All’epoca grandi titoli di giornali sui genitori sciagurati e clandestini basati su una relazione della Questura che parlava di “apparente stato di denutrizione” e su quanto trapelato da fonti sanitarie e giudiziarie.

“Nei prossimi giorni – annuncia  l’avvocato Debora Piazza che assiste i genitori – chiederò alla Procura di archiviare la posizione dei miei assistiti”. “Dal punto di vista strettamente medico – legale – scrive la dottoressa Chen Yao nella sua relazione – l’accertata presenza della sindrome di Leigh, patologia di per sé a prognosi infausta, non consente di stabilire, con certezza o elevata probabilità logica, un nesso di causa tra la condotta inadeguata dei genitori e il decesso della bimba”. Tuttavia, la consulente si sforza di individuare delle responsabilità dei genitori, forse, ipotizza Piazza, “per salvare la faccia a chi l’ha avuta in cura”. “Indipendentemente dall’identificazione dell’agente eziologico che portò al decesso – si legge nel suo studio –  è emerso, sulla base delle testimonianze fornite dai medici che ebbero in cura la paziente, un inspiegabile, ingiustificato ritardo di richiesta di assistenza medica da parte dei genitori. Il ritardo non ha consentito un’idonea somministrazione dei presidi farmacologici necessari alla correzione dello stato di disidratazione e delle conseguente gravissima ipopotassiemia (carenza di potassio, ndr), privando così la bambina delle già poche chanche di sopravvivenza”.

“Nessuna responsabilità da parte dei genitori – ribatte l’avvocato Piazza – anzi potrebbero esserci negligenze  della struttura sanitaria dove era stata ricoverata nel settembre del 2016 e dei medici che l’hanno visitata in questi anni, non riscontrando la sidrome”.

In ogni caso, anche se fosse arrivata prima la diagnosi, questa è una malattia che non lascia scampo perché, spiega il medico legale, “nella maggior parte dei casi l’aspettativa di vita è ridotta a pochi anni”. Le uniche cure possono consistere nella somministrazione di vitamine e in una dieta adeguata. Si manifesta “in genere tra i 3 mesi e i 2 anni e i bambini colpiti presentano un progressivo ritardo dello sviluppo psico – motorio, perdita di appetito, vomito ricorrente” e altri sintomi invalidanti.

Tante scuse ai genitori di questa bambina fragile che, sottolinea il legale, “era stata fortemente voluta dalla mamma in tarda età, quando era già ‘vecchia’ per i dettami della religione musulmana”.

Manuela D’Alessandro

TAG: sindrome di Leigh
CAT: Giustizia

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