La geografia (a volte) è un’opinione
Tecnicamente l’Isola sarebbe un quartiere di Milano. Cosí chiamato perché storicamente chiuso da una serie di elementi urbani quali ferrovie e ponti che non è il caso di menzionare, perchè agli Isolani non piace essere troppo specifici sui propri confini.
Essi si dividono infatti in due scuole di pensiero:
Ci sono quelli che, ovunque abitino, fanno subdolamente finire l’Isola al civico successivo al proprio. Per avere la soddisfazione di sentirsi inclusi gustando, contemporaneamente, il fastidio del vicino escluso.
Altri, al contrario, si sentono tagliati fuori a priori e guardano gli annunci immobiliari affissi nella propria stessa via vagheggiando l’idea di trasferirsi di un centinaio di metri per poter essere finalmente all’interno del cerchio magico.
Indipendentemente da dove si vogliano far cadere questi confini, ad accomunare gli isolani nel profondo non è, come erroneamente si pensa, la ricercatezza hipster dei loro locali o la quasi onnipresente “alternativa vegana” nei ristoranti ma, piuttosto, la loro strabiliante pigrizia.
Una pigrizia che non deve affatto essere intesa come inattivitá: l’Isola infatti brulica di gente costantemente trafelata e oberata da una moltitudine di impegni.
Si tratta piuttosto del rifiuto esistenziale di lasciare, se non sporadicamente e per ottimi motivi, una bolla che, sebbene fatta di palazzi, marciapiedi, piazze e strade equivale, sostanzialmente al salotto di casa propria.
L’Isola infatti, più che un quartiere, è l’insieme di abitudini che dei perfetti sconosciuti condividono fino al punto di arrivare a (pensare di) conoscersi profondamente.
È la sensazione che potresti quasi uscire di casa in pigiama. È un microcosmo egocentrico che i suoi abitanti adorano rappresentare o raccontare. È il modo che ognuno ha di definire il perimetro della propria “casa”. Dalla pigrizia il passo verso la maniacalità è infatti breve, non è infrequente sentire gente che ti dice con serietà di doversi recare a Milano per via di qualche impegno.
D’estate come d’inverno l’Isola, compatta, passa attraverso una giornata-tipo come fosse un unico grande organismo.
Come prima cosa si devono mandare a scuola i bambini. Tutte le mattine, per circa un’ora, in strada si vedono solo genitori e creaturine schiamazzanti a perdita d’occhio. Chi di bambini non ne ha aspetta saggiamente che la fiumana sia stata inghiottita dagli edifici scolastici prima di uscire di casa. Onde evitare di essere spazzato via da un’orda di zainetti ballonzolanti.
A quel punto le strade si animano: i vecchietti corrono ad intasare gli uffici postali, la gente va al lavoro, i personaggi di strada prendono posto sul loro canonico gradino ed i creativi, che si nascondono a decine in ogni anfratto del quartiere, iniziano la loro via crucis di caffè salutandosi a vicenda con un caloroso: “Uè, sei sempre al bar tu. Beato te!”, totalmente ignari del paradosso.
Le facce che si vedono in giro sono generalmente note e, nella maggiorparte dei casi, amiche dato che gli Isolani sono molto propensi a fare comunella tra loro. Ad ogni angolo e in ogni negozio le persone si incontrano e chiacchierano. Tutti sanno chi sei e quali abitudini hai e forse è proprio per questo che si fanno gli affari loro senza mai essere invadenti.
All’ora di pranzo l’oste comincia a far volteggiare tavoli e sedie dando così il segnale a tutti gli altri locali. L’Isola si trasforma un’enorme rosticceria pervasa da profumi di cibo e orde di impiegati che ciondolano lentissimi sui marciapiedi godendosi la loro ora d’aria.
Quando il milanese di passaggio attraversa con passo deciso un gruppo di piccioni fermi a becchettare mais sul marciapiede facendoli svolazzare ovunque, gli isolani si immobilizzano.
Attendono con vigliacco godimento l’immancabile ed istantanea reazione della Signora dei piccioni che striglierá pubblicamente il malcapitato disturbatore di volatili e gli lancerà maledizioni in dialetto brandendo il suo bastone da passeggio.
A metá pomeriggio i bidelli riaprono i battenti delle scuole e la marea di zainetti ballonzolanti viene restituita alla comunitá dove, a buon diritto, rimane. Giocando in piazzetta e facendo capannello davanti alle edicole, spintonandosi sui marciapiedi e tranciando le gambe ai passanti con i monopattini.
A quel punto, chi di bambini non ne ha se ne fa una ragione: nelle giornate calde il fenomeno si può protrarre anche fino a tarda sera, quando i piccoli isolani finiscono a giocare a nascondhipster in piazzetta, mischiandosi al pubblico degli aperitivi con cui creano una bizzarra ma rispettosa simbiosi.
Da una certa ora in poi l’Isola è un paesaggio infinito di persone che stanno davanti al loro posto preferito. Non dentro perchè non è loro abitudine.
La notte dell’Isola continua fino a tardi e quando ci si saluta si sa che si rivedranno le stesse facce la mattina dopo, per il caffè.
Proprio da questa ossessione nasce il sito postcardsfromisola.com, un work in progress che raccoglie racconti brevi sul quartiere ed una serie di cartoline animate dei ritratti, ispirati ai personaggi che vediamo quotidianamente nel nostro amato quartiere Isola.
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