Dal canto non posso scappare

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26 Ottobre 2023

A margine del Premio Andrea Parodi 2023, tenutosi come da tradizione a Cagliari, ho avuto il piacere di incontrare una compositrice e interprete che apprezzo da alcuni anni, Stefania Secci Rosa.

Stefania vorrei che ti presentassi da sola.

Sono nata a Dolianova, un paesino in collina vicino a Cagliari, nel 1982. Pur essendo il paese a soli venti minuti da Cagliari sono cresciuta in un contesto totalmente diverso da quello cittadino. A Dolianova mi sono avvicinata alla musica suonando con la banda  diretta da Lorenzo Pusceddu, un direttore che oggi è molto apprezzato sia in Italia sia all’estero.

Mi sono laureata in canto jazz al Conservatorio con una tesi sull’influenza della musica ebraica nel jazz degli anni ’30. Avevo già percepito un forte interesse per la composizione e quindi mi sono trasferita in Inghilterra, al Royal Birmingham Conservatoire, dove ho studiato composizione e ho iniziato il dottorato.

Mentre cresceva il mio interesse per la world music ho cominciato a lavorare per il cinema, prima in Inghilterra quindi in Corea, Giappone e Cina. Lavoro tutt’oggi con diverse produzioni cinematografiche internazionali e questo è uno degli impegni professionali che mi piacciono di più.

Ti senti una cantante a tutto tondo, capace di affrontare qualsiasi genere musicale, oppure ti consideri a pieno titolo solo una cantante di world music?

Sicuramente non sono una cantante rock o metal! No, non penso di essere in grado di affrontare qualsiasi genere musicale. Il pop è un genere che ho conosciuto in particolare in questi ultimi anni grazie all’insegnamento, è il genere preferito e più cantato dai miei allievi.

L’ho studiato bene, ho approfondito la tecnica e penso di poterlo cantare. Anche nel mio ultimo disco ho inserito un pizzico di “profumo pop” ma se devo  trovare una definizione attinente a ciò che penso di essere dico senza dubbi: “cantante di world music”.

Stefania Secci Rosa ©Carlo Modoni

Bene, allora pongo anche a te la domanda che ho proposto a tanti tuoi colleghi in questi anni, ottenendo risposte simili tra loro, senza mai arrivare a una definizione unica e incontrovertibile. Cosa è la world music?

Per me la world music è la fusione delle mie radici musicali con la musica proveniente dagli altri Paesi che incontro e studio.

Dopo avere vissuto sette anni in Inghilterra dentro di me si è fortemente radicata la cultura musicale inglese, il folk e la musica celtica. Nel mio background questa influenza è forte e si sente nelle mie produzioni.

Quando vivi in un altro Paese e quando sei attratto dalla sua cultura, dal suo paesaggio, dalla sua storia, avviene in modo naturale che una parte di te trattenga qualcosa di quel mondo. In modo spontaneo si crea una fusione di culture musicali.

Il prodotto finale di questa fusione è la world music.

A cosa serve la tua musica?

Certamente non a diventare ricca! Si parte e si cresce per passione e per amore, poi progressivamente la musica diventa anche un lavoro e può quindi riservarti delle soddisfazioni di natura economica. Per crescere bisogna dedicare molto tempo alla musica e quindi è giusto che ci sia un rientro di tipo monetario, legato alla professionalità, alla tenacia e alla costanza di ciascuno.

Non ho mai pensato di fare world music con l’idea di raggiungere fama, successo e guadagno. Come dico in una mia canzone “dal canto non posso scappare”, è la mia strada, è una parte fondamentale della mia vita.

Propongo ai nostri lettori la visione e l’ascolto del tuo brano intitolato “Rosa Rossa”, seconda traccia del tuo album “Sola”.

E’ una canzone impegnata che prende posizione su un tema molto sentito in Sardegna. Possiamo definirlo un brano che fa politica?

Questo brano nasce dal volere manifestare un profondo senso di giustizia, che ritengo oggettivo. Penso che per ogni artista sia doveroso attivarsi per fare capire a coloro che ascoltano cosa è giusto e cosa non lo è.

In Sardegna abbiamo un grosso problema. Oltre 35.000 kmq di territorio e circa 20.000 kmq di mare sono destinati all’uso militare, il 60% della nostra terra è gravata da servitù militari. Considerando che esprimiamo solo il 2% della popolazione italiana è un disequilibrio enorme. E in futuro saremo sempre di meno perchè, a causa dell’uranio impoverito che viene usato nelle munizioni militari impiegate nelle esercitazioni, noi che oggi siamo quattro gatti diventeremo due e poi uno solo.

Il mio dissenso, sia come musicista sia come persona che ha una coscienza politica, mi porta a parlarne utilizzando i mezzi che ho, ovvero la musica.

La coscienza politica non può rimanere individuale, deve diventare collettiva e per raggiungere questo livello bisogna parlare a voce alta dei problemi che abbiamo intorno a noi. Quanto ci sta accadendo in Sardegna è una grande ingiustizia. Ci sono quaranta persone che hanno manifestato pacificamente contro le basi militari (Operazione Lince) e rischiano una condanna per terrorismo.

La mia vita musicale è anche al servizio di questa causa, questo lo dico anche per completare la mia risposta alla tua domanda “a cosa serve la tua musica?”

Perchè una donna giovane e bella cerca uno spazio proprio nel mondo della solitudine?

Perchè la solitudine è fondamentale, è necessaria se non si vuole rischiare di perdersi. Non affrontare il tema della solitudine significa non affrontare le difficoltà, i problemi e le bellezze che la vita comunque ti propone.

E’ impossibile non passare attraverso la solitudine e bisogna imparare a viverla con coraggio.

Nella mia esperienza personale a volte l’ho vissuta con tanta tristezza, a volte con disperazione e invece in altri momenti ne ho tratto un certo godimento. Anche quando sono stata male a causa della solitudine poi ne sono uscita molto più forte, fiera di me stessa.

Per sette anni sono stata un’immigrata in un altro Paese, con tutte le difficoltà che si possono incontrare, casa, lavoro, studio e ho percepito la sensazione di essere sola; un periodo che ho superato e che mi ha reso fiera di me stessa e molto più consapevole delle mie potenzialità. Nel mio album ho voluto parlare anche di questo.

Quale lingua ti è più congeniale per accompagnare la tua musica?

Si dovrebbe utilizzare la lingua che si conosce di più, quella con cui si pensa, quella che ti è più congeniale per costruire un pensiero profondo. A volte la poca conoscenza di un idioma ti limita nell’esprimere un pensiero che non sia solo superficiale.

Nel mio caso ho usato spesso il sardo, la mia lingua. Ovviamente noi tutti parliamo in italiano ma nel mio paese e in famiglia tutti ci esprimiamo quotidianamente in sardo campidanese. Pur parlandolo abitualmente ho comunque avuto bisogno l’aiuto di Gabriella Ledda per scriverlo correttamente, il sardo è una lingua molto più parlata che scritta.

Parlando anche il portoghese mi sono tuffata a pesce in quella cultura e, dopo avere collaborato con artisti portoghesi anche nel loro Paese, ho potuto cantare anche utilizzando quella lingua. L’inglese lo conosco bene avendo vissuto lungo in Inghilterra e utilizzandolo nel lavoro con una certa frequenza.

Ecco queste sono le quattro lingue che ho scelto per accompagnare la mia musica, italiano, sardo, portoghese e inglese. Quattro lingue che padroneggio bene e che mi consentono di esprimere i miei pensieri senza alcun problema.

Ti sei laureata al Conservatorio con una tesi sulla musica ebraica. Da dove esce questo interesse?

Da bambina trovai uno strano libretto in casa di mio nonno. Era per me incomprensibile, scritto con caratteri che non conoscevo. Chiesi a mio nonno spiegazioni ma non le ottenni. Era un libretto blu e conteneva i canti della sinagoga, sicuramente era appartenuto al nonno di un nonno di un altro nonno.

Io di cognome mi chiamo Rosa e questo è probabilmente un cognome di lontana origine spagnola, ebraico sefardita*, passato di generazione in generazione dagli ebrei sardi di un tempo dopo la loro cacciata dalla Spagna.

Da quel libretto ho iniziato a studiare questi canti religiosi sefarditi, solo che dopo poco tempo ho trovato più interessanti quelli riferibili alla corrente aschenazita** e da lì sono partiti i miei studi per questa splendida musica ebraica dell’est Europa.


* Nome dato agli Ebrei di Spagna fino al sec. XV e ai loro discendenti attuali (NdR).

**Gli aschenaziti costituiscono un gruppo etnoreligioso ebraico originario dell’Europa centrale e orientale, tradizionalmente di lingua e cultura yiddish. Gli aschenaziti discendono dalle comunità ebraiche stanziatesi nel Medioevo nella valle del Reno e successivamente spostatesi verso est (NdR).


Tu insegni canto e tecnica vocale in Sardegna e con masterclass in tutto il mondo. Prof, cosa vuoi trasmettere e insegnare ai tuoi allievi?

Vorrei che imparassero a rispettare la musica. Chiedo sempre loro di interrogarsi con sincerità riguardo cosa chiedere alla musica e cosa essere pronti a dare alla musica.

Le risposte iniziali sono sempre le stesse, esprimono il desiderio di successo, di fama. “Voglio andare ad Amici, voglio partecipare a X Factor…” . Penso che sia un approccio sbagliato. Alla musica bisogna dedicarsi con passione e bisogna amarla con ardore. Non si può amare l’idea del successo!

Prima si parte dall’amore per la musica e poi, forse, se sei tenace e fortunato, la musica ti condurrà nel mondo del lavoro e delle gratificazioni professionali.

Rispettando la musica impari a rispettare anche te stesso. Prima di pensare alla fama bisogna mettersi nel giusto assetto mentale.

Stefania Secci Rosa ©Carlo Modoni

Giusto proporre un lavoro ben curato e prodotto con i giusti criteri sulle piattaforme che oggi sostituiscono le vecchie incisioni. Io vorrei però sapere quali sono le sensazioni che provi quando ti esibisci dal vivo.

Provo un grande godimento, è la sensazione più bella, insieme a quel perdersi nel tempo dell’esibizione che ti porta via. In quel momento scompare tutto, rimane solo la musica. Sul palco con i tuoi colleghi tutto si trasforma, viaggi in un altro mondo dove trovi godimento e felicità.

E poi c’è il pubblico che crea una forza invisibile e potente. Non sempre l’interazione con il pubblico è perfetta, qualche volta (raramente per fortuna) si corre il rischio di compromettere la propria esibizione per cause di natura psico-fisica ma di norma il feeling si trova e chi si esibisce, pur viaggiando nel suo mondo magico, lo percepisce chiaramente.

Io sul palco mi spendo molto, parlo, mi racconto, a volte ho pianto, e devo dire che quando il pubblico entra in sintonia, capisce il tuo stato d’animo e la tua musica… è fantastico.

Ti regalo tre carte da gioco con scritto sopra “grazie”, giocatele per ringraziare tre persone.

La prima la uso per ringraziare Michele Palmas* perchè ha creduto in me e nel mio progetto. Quando sono rientrata dal mio lungo soggiorno all’estero ci siamo incontrati e lui da subito ha creduto in me.

La seconda carta la gioco per dire grazie a Jacopo Cullin. Il grande pubblico lo conosce per il ruolo dell’agente Lello Esposito nella serie tv di Rai1 “Le indagini di Lolita Lobosco”. E’ un bravissimo attore, come stare sul palco e capire il mondo professionale dello spettacolo l’ho imparato da lui. Ho fatto anni di tournée con Jacopo, un grande attore che riempiva gli anfiteatri. Essere a ventitré  anni sul palco dell’anfiteatro romano di Cagliari  con quattromila persona davanti è stata un’esperienza per la quale devo ringraziare lui. Lui è un vero maestro.

La terza carta la gioco per Rossella Faa**, quando ho iniziato a cantare con lei non sapevo proprio fare nulla. Mi ha insegnato a cantare e poi grazie a Rossella io ho iniziato a lavorare, il mio debutto a vent’anni in uno spettacolo diretto da Marco Parodi lo devo a lei. Mi ha insegnato tantissimo.


*Michele Palmas è il produttore di S’Ardmusic.

** Rossella Faa, musicista, cantante, compositrice.


Il tuo “no” meglio speso e il tuo sogno nel cassetto.

Il mio no… no, non continuo a studiare scienze naturali. Studiavo quella materia e stavo già lavorando come volontaria nel Parco Nazionale dell’isola di Caprera, ero già ben orientata verso una vita passata tra i delfini come naturalista, quando mi sono detta: “devo fare la cantante, sono una cantante, questo devo fare e basta”.

Virata totale e niente più mare aperto ma musica, musica, musica.

Il mio sogno nel cassetto, io veramente ne avrei tanti. Ne scelgo uno importante. Io lavoro abitualmente nel modo delle colonne sonore da film, il grande sogno sarebbe quello di lavorare per il cinema con Hans Zimmer. Ho lavorato con Trevor Jones e vorrei continuare a interagire con i grandi compositori che scrivono per il cinema.

E poi mi piacerebbe fare un libro illustrato (mi piace molto l’acquarello) e musicato da me per i bambini. La storia è pronta, l’ho già scritta, parla della nascita del Capodanno. Ora lavorerò alla musica e ai disegni, è un sogno che penso si realizzerà in un tempo breve.

Penso che sia giusto avere dei sogni, aiutano a guardare verso il domani. Se dovessimo valutare solo il presente dovremmo provare una grandissima preoccupazione. Il nostro orizzonte, anche il più prossimo, è coperto da nuvole nere. Le guerre, le tensioni internazionali, io sono veramente spaventata.

Oggi coloro che non sono spaventati sono degli inconsapevoli.

In questo nostro mondo ci sarebbero veramente tante cose da cambiare. Come ti dicevo prima la somma di tante coscienze individuali serve a creare una coscienza collettiva, io nel mio piccolo mondo provo a dare un contributo affinché questo si possa realizzare.

 

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CAT: Musica

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