I Millenials viziatelli mi hanno francamente rotto le palle

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18 Ottobre 2017

Settimana scorsa mi sono imbattuto, a Milano, nella manifestazione studentesca. Poi ho visto le immagini dei cartelli sventolati da questa vivida gioventù e ho provato tristezza.

Non entro nel merito della questione “alternanza scuola e lavoro”, che mi pare fosse uno dei bersagli della protesta, anche se da quanto ho colto da alcune serie realtà mi è parso di capire che ha dato buoni frutti; per le imprese e per gli studenti. Farò solo una piccola narrazione autobiografica, a partire dalla foto di uno di quei cartelli, in cui una graziosa studentessa scrive: “Fare il lavapiatti NON è formazione”.

Premetto: mi sento vecchio a scrivere quello che scriverò qui ma, tant’è: vecchio, ormai, lo sono (a proposito, noi nati negli anni ’70, come siamo classificati?).

Ho iniziato a lavoricchiare da piccolo, d’estate, in negozio da mio zio: mercatino e gelateria. Avevo 11 o 12 anni; lavoro minorile, si direbbe oggi con disappunto: garzone, lavapentole, spatole e vaschette, gelataio al banco. 
Un’esperienza bellissima; ho conosciuto un sacco di persone di ogni età e ho iniziato da subito a capire che il genere umano é vario. E non sempre è piacevole.

Con quegli spicci che mi guadagnavo – per me allora un luccicante tesoro – mi compravo libri, i colori per dipingere le magliette con davanti la faccia di Jimi Hendrix e dietro la scritta “Scuse me while I kiss the sky (che regalavo o, spesso, vendevo), le felpe – Best Company se non ricordo male – allora di moda. Ma, soprattutto, imparavo che per avere soldi in tasca, se non si è dei banditelli in erba (tendenza che, lo ammetto, mi ha all’epoca attratto e insidiato: per questo i miei mi spedirono a lavorare!), si deve fare una cosa: faticare.


Poi, al tempo dell’Università, mi son messo a fare il furgonista. Ritiravo materiale elettrico un giorno a settimana a Milano e nel suo hinterland. Anche qui mi divertivo dannatamente; imparavo strade nuove, scorciatoie, percepivo “le strutture dello spazio antropico” e la morfologia urbana reali che intanto studiavo sui libri di Gianfranco Caniggia e di Aldo Rossi, conoscevo posti belli e altri di merda, capivo che il “lavoro” non di concetto o intellettuale ha una sua grande, sconfinata, nobiltà. E, soprattutto, insegna molto: organizzazione, resistenza alla fatica, necessità di adattamento, pragmatismo e pazienza.
Inoltre, giusto per ricordarlo, guadagnavo il giusto per quanto facevo. E mi pagavo i soliti libri, il costoso materiale per lo studente di architettura e qualche sfizio.

Tutto ciò mi è stato di un’utilitá inimmaginabile quando, terminati gli studi, mi sono messo da subito a-lavorare-per-quello-per-cui-avevo-studiato (incontrando Maestri in una bellissima esperienza universitaria), facendo lavori umili e conservando tutto il bagaglio di esperienze che l’aver lavato pentole, fatto gelati e caricato furgoni mi avevano donato. Esperienze, insomma, che mi hanno “formato”.


A questi giovani, che usano la parola “operaio” come se fosse uno stigma, che non lavano i piatti perché non sanno manco come si inizia a farlo e che si riempiono la bocca di frasi fatte dico solo una cosa: rivendicare diritti – sacrosanti – è il termine di un percorso che vede prima lo sforzo di praticare doveri.


E io oggi, tra un laureato che ha fatto prima il lavapiatti e uno che spiattella dodici titoli, senza aver capito un accidente della vita, non ho dubbi: scelgo il primo.

Twitter: @Alemagion

Facebook: alessandro.maggioni.792

TAG: alternanza scuola, Formazione, manifestazione, millenials
CAT: Occupazione, scuola

16 Commenti

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  1. evoque 6 anni fa

    A proposito di millenial, stamattina ero dal dentista, c’era un ragazzo di 18 / 20 anni accompagnato dalla mamma (vero!!!). Ho pensato che magari poi dovessero andare insieme a fare commissioni… Forse. Però intanto la mamma ha accompagnato il figlio fin dentro l’ambulatorio, perché doveva spiegare – LEI – la situazione masticatoria del figlio (di circa 20 anni). E io che a 11 anni andavo da solo dal dentista…

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  2. marco-baudino 6 anni fa

    Tutto e’ formazione, anche lavare i piatti! La “fighetta” della foto avrà dei genitori. Possono insegnare che l’umiltà, sinonimo di rispetto, anche di chi i piatti li lava tutti i giorni, e’ l’unica virtù che ti permette di avere la mente aperta all’apprendimento? E a fare tesoro di quanto la vita tibriserva…

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  3. paolobeffa 6 anni fa

    L’autore di questo “articolo” si rende conto che ha nominato tutte esperienze in cui è stato pagato

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  4. le-dook-d-hatienne 6 anni fa

    stavo per scrivere una lunghissima contestazione, ma per voi arroganti ipocriti rimbambiti non ne vale la pena, ma vi faccio presente quella che è una situazione tipo.
    vengo da un quartiere periferico di Roma, e il 60 % della mia classe oggi fa lavori umili come dite voi!! che comunque non sono per niente accessibili a causa di un’offerta schiacciante.
    il restante 40 % si divide tra chi sta ancora studiando e chi come me sta cercando di vivere con una professione artigianale. fino a qui mi sembra tutto normale o sbaglio?… ho tanti amici che lavano i piatti fanno le pulizie lavorano dal Mac fanno i cuochi… questo impiego va per la maggiore e lo sapete perché?? ha uno sbocco professionale assicurato… in tutto ciò sono tutti diplomati, della vostra generazione potete dire lo stesso?? il 40% di cui parlavamo prima è più o meno specializzata, ma dove sorge il problema?? è questo il vero punto di questa grande discussione… la scelta che non riuscite a comprendere… qui si parla di compromessi, ed io sono più che d’accordo a fare la gavetta… ma qui mancano le chance, la vostra richiesta è di farci brutalizzare dal peggio che voi avete vissuto senza darci la possibilità di accedere al meglio a cui avete assurto, qui tanti come me hanno scambiato un roseo futuro col fare il muratore lui e cassiera lei, avendo bisogno ora dei soldi per una casa e non potevano aspettare 12 anni per vedere la prima retribuzione fissa, come hai fatto tu perché per vivere servono i soldi non l’umiltà o il rispetto pomposi bugiardi, e chi come altri ha scelto di perseguire una professionalità sta ancora a casa con mamma perché per una sola stanza a roma si chiedono 450 euro, e per fare quei mestieri che tanto vi piacciono non vi danno più di 800 euro sicuri, non credo di dover far il calcolo per farvi capire che ci state parlando di lavorare per non edificare… se accetti di lavorare full time non hai il tempo di studiare… perché per essere competitivi bisogna saper farsi il culo e fare anche 9 10 ore al giorno, c’è chi ne fa 12, fai il part time e vuoi essere ugualmente indipendente? te la prendi in culo non ti basteranno mai i soldi per casa anzi per una stanza e l’ università. ma di cosa parlate!! in tutto ciò figuriamoci mettere da parte i soldi… ignoranti e disonesti, professate tanti bei valori senza far niente per il vostro prossimo, senza attuare niente, come siete esemplari ora, bhè facciamoci un regalo visto che non fate niente! e non siete interessati, tenetevi le vostre opinioni incomplete e inconcludenti per voi, siete una generazione di tuttologi, dovreste essere la classe dirigente ma siete talmente senza palle e peso che sono ancora i VOSTRI genitori che vi gestiscono. puntate il dito sui millennials ma siete voi che ancora accollate le multe alla mamma o chiedete i prestiti in famiglia per farvi il suv. vi auguro la fine di crono.

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  5. ilariarem 6 anni fa

    Ci tengo a precisare che mi sono registrata solo per poter postare questo commento:
    A parte il fatto che molte classificazioni identificano i millennials quelli nati fra il 74 e il 2000, è evidente che questo italiano medio non sa nemmeno di cosa sta parlando e voleva solo vanificare il suo “sorprendente” percorso, che non è altro che un percorso intrapreso dalla stragrande maggioranza dei miei coetanei e da anche gente più piccola di me, e reiterare idee gientiste copiate e ripetute da tutti quegli articoli beceri del tipo “i millennials hanno rovinato questo, i millennials hanno rovinato quello” da bravo analfabeta funzionale.
    Un’ultima cosa, si scrive millenNials.
    Non ha chiaramente capito per cosa protestano questi studenti, e sicuramente non ha capito cosa voglia dire essere un millennial.

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  6. maqrollo 6 anni fa

    Il nulla cosmico sottoforma d’articolo, condito con snobismo elitario (vedi citazione su Rossi), qualche spruzzatina di ribellismo d’accatto anni ’60 (vedi Hendrix) e moralismo a pacchi. L’autore di questo articolo dovrebbe invece ringraziare tutti i millennials (e soprattutto i millennials architetti suoi colleghi come me) che lavoretto dopo lavoretto, progetto non corrisposto dopo progetto non corrisposto (e tutta la casistica di truffe, ladrocini, imbrogli che tralascio) stanno pagando la sua pensione versando contributi ad INARCASSA. Detto per inciso: generazione di architetti, la sua, che ha condotto allo sfacelo una professione, ha distrutto le facoltà di architettura e ridotto la figura dell’architetto a macchietta ridicola fornita di farfallino. Pacatamente gli auguro di ritrovarsi una folla di millennials sotto casa (armati di mazza chiodata). Pacatamente.
    Un collega.

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  7. ajeje 6 anni fa

    Vecchi che parlano male dei giovani. Tutta una novità.
    Fortuna che ci sei tu a sistemare il mondo Alessandro. Che a 17 anni gridavi solo cose sensate, immagino. E che, raccontaci pure tutto quello che vuoi sulla tua epopea personale, i piatti gratis li hai lavati giustamente solo a casa tua.

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  8. massimo-angotzi 6 anni fa

    Il lavoro si paga, punto. Le tue esperienze lavorative sono state tutte pagate, L’alternanza scuola lavoro è gratis. Quindi tutto ciò che hai scritto non ha nessun senso.

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  9. lele-oddi 6 anni fa

    Intanto non entrare nel merito scuola-lavoro commentando una manifestazione su questo argomento mi sembra difficile. Non informarsi delle ragioni di cartelli che l’hanno così profondamente colpita mi sembra superficiale. Comunque la differenza è che in quel caso i lavori umili che molti ragazzi fanno ancora non sono pagati. Quindi quei ragazzi laverebbero i piatti senza la profonda soddisfazione di quel luccicante tesoro per citare. Non entro nel merito di ogni ragazzo, ma la storia di questi giovani d’oggi, vecchia già quando chi ha scritto era giovane, mi ha francamente rotto le palle

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  10. juniper 6 anni fa

    Ma perché questa testata dà spazio ad un articolo del genere? Perché qualsiasi testata lo fa? Si tratta di una pura espressione di narcisismo dell’autore, non ho mai letto nulla di più autoreferenziale. Una basica comprensione della produzione di un testo “giornalistico” dovrebbe suggerire che un articolo “confessionale” in cui si racconta la propria esperienza ha senso se c’è una chiave di lettura che la renda universalizzabile. Qui c’è la pretesa che lo sia, forse pure la convinzione presuntuosa e scema che lo sia da parte di un autore che boh, forse ha proprio questo problema, coi ragazzini? Non riesce ad accettare la dissonanza tra la propria esperienza e le loro istanze (vedere su alla voce “narcisismo”)? Non c’è, a ben vedere, in questo pezzo nessun contenuto, uno straccio d’analisi, uno spunto d’approfondimento, un’intuizione. C’è solo una pigra patina provocatoria, simile al frutto di quel genere di stizza che ti viene quando non trovi parcheggio perché quelli prima di te hanno parcheggiato male. E allora, tornando all’inizio, perché qualcuno l’ha ritenuto degno di pubblicazione? Ma è ovvio, perché simula lo scontro generazionale, alimenta una polemichetta moralista, rassicura un determinato target della sua estraneità a un certo tipo di angustie tardocapitaliste (“non sono problemi veri, ramificati, sistemici, sono i giovani che sono rammolliti”) e della sua superiorità etica, è materiale da nota facebook che diventa vagamente virale (ne ha anche la profondità), e porta gente come me, che mi arrabbio, a commentare e far salire interazioni e clic. Grr. Bel lavoro, Stati Generali.

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