Il ruolo degli attori non statali nella lotta al cambiamento climatico

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19 Novembre 2017

di Giada Messori

Dobbiamo agire in fretta.”

È questo il messaggio che si é levato con chiarezza dal padiglione della società civile in queste settimane alla COP23. Il desiderio di intervenire con decisione e di portare innovazione è evidente in ogni side event, le soluzioni da implementare sono l’unico vero tema di discussione. Tuttavia, nonostante i pressanti inviti a prendere provvedimenti, ad oggi le politiche climatiche non sono ancora abbastanza ambiziose da permettere una radicale inversione di rotta rispetto al futuro verso cui siamo diretti. Sono gli Stati a definire le regole per combattere il cambiamento climatico. Dovremmo quindi arrenderci e lasciare il nostro destino unicamente in mano alle decisioni statali?

Non la pensa così Inia Seruiratu, Ministro per lo Sviluppo Agricolo, Rurale e Marittimo delle Fiji, che nel suo appassionato discorso ha sostenuto il ruolo degli attori non statali in questa lotta. Gli impegni nazionali non saranno sufficienti da soli per rispettare l’Accordo di Parigi. Ai contributi nazionali dovremo sommare gli apporti di un’ampia gamma di altre tipologie di attori per poter raggiungere gli obiettivi globali.

Servono il dinamismo delle ONG e il coinvolgimento della società civile per dare la spinta necessaria ai governi, mentre lo sviluppo di nuove tecnologie e gli investimenti da parte del settore privato sono indispensabili per poter fare passi avanti. Inoltre, organizzazioni non governative di questo tipo spesso lavorano a livello internazionale e possiedono quindi una visione d’insieme che le singole nazioni, ciascuna concentrata nella riduzione delle proprie emissioni, non hanno.
È la società civile a custodire le idee innovative che possano rispondere alle nostre necessità, anche se per ora mancano le risorse per trasformarle nelle soluzioni che cerchiamo. Sta quindi agli Stati creare gli spazi perché gli stakeholders possano mettere a frutto le loro idee, incoraggiando nuove iniziative e mettendone in mostra i risultati perché possano influenzare le decisioni politiche. Servono piani d’azione per gli investimenti che diano segnali chiari al mercato e nuovi strumenti che facilitino l’applicazione delle conoscenze tecniche e scientifiche nelle decisioni a tutti i livelli. Inoltre, per incanalare la partecipazione verso un obiettivo comune, gli obiettivi globali devono essere tradotti in traguardi a scala locale più gestibili e che permettano di capire più facilmente cosa fare per arrivare dove serve. Infine, sviluppare sistemi che permettano a tutte le parti di intervenire nel dialogo sul clima è ora più che mai di vitale importanza per poter richiedere ai governi impegni sempre più ambiziosi e avere così la possibilità di mantenere l’aumento delle temperature sotto 1.5°C.

Dobbiamo collaborare e liberare la nostra creatività per produrre nuove soluzioni, solo così potremo influenzare il mondo in modo significativo e duraturo, dirigendoci finalmente verso un futuro migliore e più sostenibile per tutti.

TAG: attori non statali, cambiamento climatico, COP23
CAT: clima

Un commento

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  1. marco-baudino 6 anni fa

    Sono testimone di conoscenze tecniche di soluzioni adatte a iniziare progetti esecutivi e politiche economiche nuove. Certo, di soluzioni che esistono ma che trovano ostacoli incredibili, in questo tessuto di amministrazioni da formare all’innovazione. Vorrei che Martina, l’omologo del ministro delle Fiji facesse meno propaganda al suo partito e di più il ministro delle politiche agricole… Perdonatemi, e’ una considerazione di povero cittadino, con competenze tecniche, che osserva cosa ci passa il convento della televisione… E questo ci pare… O mi sbaglio? E le Fiji, sperando che l’oceano non si alzi ci dicono cosa sarebbe necessario fare… Vabbhe’ se l’oceano si alza, il ministro lo ospitiamo qui in Italia. Un extra comunitario in più o in meno non cambia, magari questo ha qualche suggerimento da dare… :-)

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