Fosse una guerra avremmo vinto, non suicidiamoci

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9 Gennaio 2015

Cerchiamo di rimanere coi piedi per terra. Dalla pace di Augusta al processo di Norimberga attraverso la Rivoluzione Francese, le guerre mondiali e la sconfitta di comunismo, fascismo e nazismo,  la cultura politica occidentale ha prodotto un modello di equilibrio tra diritti civili, prosperità, opportunità e soprattutto libertà senza eguali nella storia dell’umanità.  Grazie alla capacità della cultura politica occidentale di produrre risultati positivi per i suoi cittadini sono oggi 3 miliardi su 6,5 miliardi gli uomini e le donne che vivono in una democrazia più o meno liberale e nulla fa pensare che questo trend debba interrompersi: la democrazia greca, la repubblica romana, la magna charta e il bill of rights sono divenuti modelli e aspirazioni in culture lontane. La pressione migratoria sui confini europei e americani fa comprendere come i luoghi dove viviamo abbiano una capacità di offerta di chance di vita migliori che altrove e nelle chance di vita non metto solo la ricchezza possibile ma, dato il numero non irrilevante di profughi politici,  pure le aspettative di libertà di molti nuovi arrivati. I sistemi di produzione, le regole del lavoro, gli standard di prodotto europei stanno progressivamente divenendo quelli globali; i gusti dei gruppi dirigenti extraeuropei, i loro costumi e i loro modi di vita sono in progressiva assimilazione con quelli delle grandi capitali occidentali. Le città, nuovo grande  luogo di sviluppo economico tendono ad assomigliarsi nel mondo: il design, i segni sul territorio, i gusti cinematografici, l’entertainement  prodotti nelle nostre officine sono un modello osservato e rielaborato altrove. E infine le libertà civili, il nostro maggiore patrimonio, sono la peggiore minaccia per regimi che devono fare sistematico ricorso alla religione per giustificare la propria legittimità .

Mai come negli ultimi 50 anni l’Occidente ha rappresentato un centro di influenza efficace e profondo, rivoluzionario e versatile in grado di mettere in serio pericolo storie e tradizioni che nell’isolamento e nella autogiustificazione avevano trovato la formula per la loro sopravvivenza.  Il secolarizzato Occidente, con tutti i limiti che ancora noi per primi vediamo, ha prodotto un concetto di intangibilità della vita umana che le religioni nella loro sacralità non avevano saputo affermare per secoli e se c’è una differenza evidente sta proprio nella diversa percezione della intangibilità della vita tra i diversi popoli: altrove vale quanto valeva da noi sino a non molto tempo fa, ma quel poco tempo è un abisso che vogliamo incolmabile. Lo stesso secolarizzato Occidente nella sua declinazione americana ha mostrato una capacità di accogliere le religioni non in una logica multiculturale ma in qualche modo concorrenziale.

Certo, la Francia per prima ha ancora problemi di integrazione non riuscendo ad offrire mobilità sociale e parità di retribuzioni alle seconde e terze generazioni, gli accessi all’Ena e a Sciencepò non sono un miraggio ma quasi e ciò deve far  suonare qualche campana anche in casa nostra ma nel complesso l’Europa ha assorbito la pressione migratoria con danni minimi e non pochi vantaggi. E tra i danni minimi metto la paura di questi giorni, destinata a rimanere un episodio se non ci facciamo trascinare mettendo in discussione i nostri fondamenti. Dopo l’attentato dell’11 settembre negli Stati Uniti fu introdotto un giro di vite durissimo non alla immigrazione ma al controllo dei propri cittadini. Ciò alimentò un dibattito serrato tra liberal e conservatori sulla opportunità e la legittimità di quanto stava accadendo. L’Europa parte da un livello di pervasività dello Stato decisamente maggiore e la mia personale paura non è l’islam  ma  che sulla spinta della emozione si arrivi a mettere in dubbio la formula del successo che abbiamo costruito da Augusta in poi con non poco sangue. Io non posso accettare che la mia paura metta in pericolo la mia libertà perché la sua negazione sarebbe la vittoria del mio avversario soprattutto se solo io rischio di essere, per manifesta inferiorità dell’avversario, il mio nemico.

Oggi in Medio Oriente stanno scrivendo un altro capitolo della guerra di religione nel mondo islamico. Questa guerra ha molte difficoltà nella sua legittimazione perché negli ultimi venti anni il terrorismo e le guerre trovavano giustificazione proprio nella Jihad contro l’Occidente e nella gara a chi è il più titolato erede di Maometto vince chi fa l’azione più eclatante: Al Qaeda rivendica, Isis dovrà rilanciare. Usano i nostri emarginati? Come facemmo col terrorismo nostrano, svuotiamo l’acqua dove nuotano i pesci, ragioniamo di più sulle nostre potentissime capacità di integrazione: abbiamo inventato libera chiesa in libero stato, non accetterò di rinunciare ad una unghia della mia libertà, la più potente delle nostre armi e non mi farò trascinare in una battaglia tra religioni: quelle le abbiamo sempre perse.

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CAT: Medio Oriente

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