Cordero: l’eresia contro il potere

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9 Maggio 2020

È un bruttissimo anno: dopo la morte del filosofo Aldo Masullo (vedi Gli Stati Generali del 25/4/2020), ci lascia Franco Cordero.
Chi ama la filosofia del diritto applicata anche alle forme della  procedura penale, non può prescindere dall’insegnamento del professore piemontese, che ha nel sangue sia la filosofia che il diritto penale, per essere stato allievo del prof. Antolisei e del romanista Grosso. Quando sostenne  Filosofia del diritto come studente, ebbe come esaminatore Norberto Bobbio.
Lo si ricorda per la sua spiccata eresia, eterodossia, come amava puntualizzare, anche nei confronti della Chiesa.
Si rimembri, infatti, che perse l’insegnamento presso l’università “La Cattolica“ (vi fu anche un giudizio innanzi alla Corte Costituzionale), per aver scritto un libro – Gli osservanti: Fenomenologia delle norme – non tollerabile dalla dottrina ecclesiastica.
Cordero era di una erudizione fantastica, severissimo, prima che con gli altri, con se stesso.
Scriveva in un modo meraviglioso, con una sintassi ricercatissima, strutturata con uso sapienzale della parola.Cesellatore ed instancabile  studioso  cercava, con passione divorante nella tessitura del verbo, l’origine e la radice della spiegazione del concetto.

La semantica era a volte una sua invenzione, per studi filologici rigorosissimi, ma soprattutto per una conoscenza straordinaria delle lingue classiche, il greco ed il latino.
Diceva, infatti, che la parola indica “catene ragionate”, conferisce il suggello alla “trama concettuale rimuovendo l’evanescenza”. Fabbrica similitudini, allusioni, antitesi, immagini, lampi intuitivi, metafore dal costrutto ragionato.
Era un eretico, ma adorabile nella sua diversità.

In uno scritto sul Relativismo (Elogio del Relativismo) ebbe a farne un elogio, in polemica con la Chiesa, quando si chiudeva senza dare il diritto di ingresso ad opinioni dissimili dalla sua dottrina. “Il nome Chiesa designa organismi collettivi, che si affermano depositari di una verità assoluta:sebbene i custodi lo neghino varia nel tempo,altrimenti sarebbe formula inerte; ma finché viga non tollera dubbi.E dove postuli una rivelazione metanaturale la interpretano autorità altrettanto assolute, Concilio, Papa definiens ex cathedra. I dissensi sono eresia punibile. Nel lessico ecclesiastico relativismo è nomen criminis, delitto da castigare esemplarmente”.
Ma l’uomo è un animal cogitans, ed Iddio lo ha dotato della parola che sfida ogni imposizione e prevaricazione politica o culturale.
Per Cordero l’etimologia della parola – Dike- la dea della giustizia è singolare.
Dike deriva da dhe che significa quello che resta fermo, quello che è posto e che non può essere violato o vulnerato.
Ma Platone ci aveva insegnato che l’eidosl’idea della giustizia, ha varie sfaccettature, che si stagliano nell’ aspetto e nel volto dell’omonima dea: aspetto virgineo, occhi penetranti, sguardo triste, né umile, né altero: spaventa i malvagi, rassicura i buoni, è invulnerabile dagli influssi esterni.

Fu fantastico il suo commento dello scritto di Leopardi “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani”,aulico ed istruttivo  a commento del carattere degli italiani  ancorati al ”particulare”.Cordero era allergico ad ogni forma di potere, che di per sé ha una natura costitutiva che richiama la prevaricazione, che diventa ancora più intollerabile, quando la si vuole codificare con leggi ad personam.
Ha combattuto, infatti, pervicacemente Berlusconi, definito Re Lanterna o ironicamente Re Travicello.
Ma l’ultimo soprannome, Caimano, tratteggia  il debordare del potere, come il Caimano che schizza dall’acqua senza badare a nulla: quando Berlusconi voleva  assoggettare al potere esecutivo, i pubblici ministeri ed il potere legislativo, Cordero era lì a gridare la sua eresia.

TAG: giustizia
CAT: Giustizia

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