Rovine da amare. Il nuovo volto di Roma durante il Coronavirus

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18 Febbraio 2021

È il silenzio assordante a rendere il centro di Roma così irreale, agli occhi di chi lo ha conosciuto vitale. Era più di un anno che non approdavo qui, tra l’Altare della Patria e il Pantheon. Ricordo minuziosamente tutte le atmosfere scattate quando la parte più antica della città pulsava.

E ora attorno a me desolazione. Mi sento straniera, spaesata, come se questi luoghi non mi fossero mai appartenuti realmente.

Un tiepido sorriso di una madre con la figlia rendono meno estraniante questa condizione. Sospesa.

Dove è finita l’umanità in questo deserto spettrale.

Un tempo sedevo a quei tavoli con una coppia di amici inglesi, il Pantheon pullulava di turisti.

La guerra contro la pandemia non è terminata.

 

Photo credits: Mary C. photographer

 

L’impatto del Covid è stato devastante, ci ha confinati nelle nostre case lasciando dietro di sé strade vuote e barriere insormontabili tra noi e il mondo. La vita urbana sembra assopita. Sono stati ridisegnati tutti gli agglomerati urbani attraverso la segnaletica, che impone percorsi da seguire e distanze da mantenere. Dimentichiamoci dei nuovi amori, possiamo solo immaginare i sorrisi celati sotto le mascherine e sperare che i nostri cari sopravvivano a tutte le ondate anomale che ci sballottano nostro malgrado.

 

 

 

 

Roma senza turisti manca dell’anima che l’ha contraddistinta da secoli, ha perso quel lampo di eternità negli occhi meravigliati dei forestieri che ne rimangono incantati. In fondo i Romani sono troppo presi dalla quotidianità e dai problemi che si trascinano di giunta in giunta, come passandosi un testimone indesiderato. Si sopravvive tra l’indolenza dell’immondizia ancora irresponsabilmente lasciata in terra, i nostri commercianti e artigiani in sofferenza, mezzi pubblici sovraffollati, come in una pentola a pressione sociale pronta a esplodere. Il traffico rimane un lontano ricordo. Abbiamo perso le nostre abitudini, la più semplice tra tutte il caffè al bar con amici, senza contarci e privi di restrizioni. Le limitazioni, poi, diciamocelo: ci rendono ancora più impacciati, non bastasse uscire di casa bardati e dimenticando puntualmente i nuovi oggetti da portare con sé o il colore dell’area in cui si vive. Chiavi, cellulare, mascherina, gel disinfettante, zona rossa, zona gialla, zona arancione.

 

Così il centro storico rimane abbandonato, privato dei suoi amanti provenienti da tutto il mondo che sanno cogliere il senso delle sue bellezze. E i suoi cittadini resistono tra il lavoro remoto e la speranza di tornare a vivere nel pieno delle proprie facoltà. Roma rappresenta la realtà pandemica meglio di qualsiasi altra città, dando quel tocco di profondità alle sue rovine. Con un occhio rivolto al passato e uno al futuro.

 

Nel frattempo vale la pena godere di tanta grazia che secoli di storia ci offrono. Un’occasione irripetibile. Anche per riprogettare le nostre città considerando l’aria pulita e il costo della vita più ragionevole.

TAG: città, pandemia, Roma
CAT: Roma

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