La “vera” famiglia si vede a teatro…

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31 Gennaio 2016

È molto divertente questa storia del family day.

Talmente ridicola da risultar preziosa. È difatti uno spunto notevolissimo per ripercorrere la storia alla ricerca dei famosi valori di quella che Karl Marx chiamava la Sacra Famiglia. Vorrei dare un modestissimo contributo agli organizzatori, ai partecipanti e ai futuri adepti, ripercorrendo, attraverso la migliore drammaturgia occidentale, alcuni eclatanti esempi di modelli famigliari indubbiamente positivi.

Non possiamo non partire da Edipo, il cui mito lo stesso Sigmund Freud mise alla base del suo percorso analitico. Come si sa, Edipo era padre e marito esemplare: peccato solo che avesse sposato sua madre e avesse generato con lei ben quattro figli. Di questi, si salva – forse – solo Ismene: Eteocle e Polinice si scannano tra loro, e Antigone fa la fine che fa. Per non parlare, poi, di quegli altri barbari degli Atridi: Agamennone uccide la figlia Ifigenia, poi la moglie Clitennestra – che mentre il marito era in guerra si era messa con Egisto – uccide Agamennone al suo ritorno in patria e infine Oreste vendica la morte del padre uccidendo sia Clitennestra che Egisto. Alè, quando si dice le buone famiglie di una volta.

Altro bel nucleo familiare, modello tra i tanti, è quello di Giasone e Medea, regolarmente sposati. Si obietterà che Medea era una immigrata, dunque un caso sospetto: di fatto però è il marito a ripudiarla dopo averla reiteratamente cornificata con la giovane Glauce, che intende sposare per mero interesse di carriera. Medea, che tanto si era adoperata per il successo del consorte, ci rimane male: fa fuori Glauce e uccide i due figli avuti da Giasone. Sembra cronaca quotidiana, no?

Vogliamo parlare di Fedra che si innamora del figlio del marito? O di Admeto che manda a morire la moglie Alcesti?

Al family day storceranno il naso: questi so’ barbari, so’ greci antichi, mica avevano la Bibbia a portata di mano! Hanno ragione: in effetti i miti sono pre-cristiani.

Ma non è che le cose siano cambiate molto dopo l’Avvento della buona novella. Anzi.

Procediamo a caso?

William Shakespeare, che pure dedicava i suoi sonetti al fair friend, Mr. W.H., racconta di famiglie curiose assai. I Macbeth, per fare un esempio: devotissimi, ma piuttosto spicci nei modi e non certo adamantini nei confronti dei rivali.

Anche per il Bardo l’amore era una materia complicatina, e lui – da par suo – la tratta in modo raffinato, concludendo, sapientemente, che in questo campo l’unica regola è fare As you like it ovvero Come vi piace. Pensate un po’ che buffo: ai tempi di Shakespeare, in quella commedia un giovane attore (uomo) che veste i panni di Rosalinda, la protagonista, la quale a sua volta si traveste da uomo (facendosi chiamare Ganimede) e in tale veste seduce Orlando, lo spasimante di Rosalinda. Riassumendo: un uomo che fa la donna che fa l’uomo e fa innamorare un altro uomo. Chi lo spiega a Salvini?

E pure quell’Othello, che seduce a chiacchiere la minorenne Desdemona e se la sposa: lei sembra un po’ fraschetta, e lui, geloso da buon “maschio”, abbraccia i valori della famiglia tradizionale e la fa fuori. Femminicidio, si direbbe oggi, ma benedetto dal sacro vincolo.

Già Venezia: nella cristianissima e serenissima repubblica, il buon Carlo Goldoni tratteggia vecchibavosi che si voglion maritare putte che tanto virtuose non sono. Gli “amoretti” di cui narra sono frequenti e licenziosi: ne sa qualcosa quel libertino di Casanova che trovava calde accoglienze nei talami altrui. Sorvoliamo, ovviamente, su Così fan tutte o su Don Giovanni: Mozart e Da Ponte raccontano matrimoni talmente veri che il grande Giorgio Strehler, provando l’opera, gridò: «non è Così fan tutte, ma così fan tutti!»

Sarà per questo che il Papato non vedeva di buon occhio questi teatranti? Sarebbe da chiederlo a Bonifacio VIII o ai suoi innumerevoli figli, come ricorda Dario Fo in un indimenticabile pezzo di Mistero Buffo. Ad ogni buon conto, i giullari andavano seppelliti in terra sconsacrata, come accadde proprio al genio di Mozart: si prendevano troppe libertà in tema di rapporti familiari. Come pare facesse la signora Molière, la bellissima Armande Bejart, che sembra non lesinasse i suoi favori al potente Richelieu, il quale peraltro era un abate oltre che raffinato uomo politico.

Ma di famiglia parlano dunque un po’ tutti.

Ad esempio, val la pena scoprire quanto accadeva in casa Helmer, dove vive la Nora creata da Ibsen: il matrimonio non funzionava granché, diciamo era un po’ conflittuale. Per non parlare del clima che si respirava in casa Tesman, tra Hedda Gabler, che potremmo definire lievemente inappagata, e suo marito Jorgen.

Ne parla tanto anche il cattolico Strindberg, che non era poi così ottimista sugli sponsali: basti leggere Il Padre, dove la gentile signora Laura fa letteralmente impazzire il marito a forza di litigi.

Oddio, siamo ancora al Nord, in quella che sarà l’Europa del Welfare e del libero sesso. In Italia, grazie alla presenza di Santa Romana Chiesa, la situazione è diversa.

Luigi Pirandello, brav’uomo, nella sua moralissima Sicilia ambienta situazioni davvero edificanti. Lì sì che si parla di famiglia tradizionale! Ecco quei Sei personaggi, con il dramma che vogliono impersonare: c’è un buon padre di famiglia che, andando a mignotte, si imbatte nella figliastra avviata alla professione.

Insomma, se non ci fosse stata la famiglia “tradizionale”, con tutto il portato di bigottismo, sensi di colpa, ricatti, frustrazioni, ansie, non avremmo avuto i tre quarti della drammaturgia del premio Nobel siciliano e non solo.

Ma via, basta con queste anticaglie. Andiamo a esempi più recenti. Ne potremmo fare tanti, da Tennessee Williams a Eugene O’Neill, con i loro quadretti familiare made in Usa davvero edificanti. Ma rimaniamo in Italia. Diego Fabbri era cresciuto all’oratorio, ed è alfiere di una drammaturgia profondamente, sinceramente, cristiana. Eppure, a leggere Il seduttore (1951), si rimane sorpresi. Il seduttore è questo: un uomo che ha una moglie e due amanti mette tutto il suo impegno perché queste tre donne si conoscano, diventino amiche fra loro e vengano a scoprire che egli le inganna tutte e tre. Raggiunto tale scopo, pretende che tutte e tre si accordino per un “ménage” da inaugurare con un bel viaggio in quattro. Curiosa trama, per un credente, no? Recensendolo, un Nobel come Salvatore Quasimodo – non so se Mario Adinolfi lo abbia mai letto – scriveva: «Il seduttore si oppone, se mai, alla morale cattolica e alla concezione cristiana d’un al di là perfetto nello spirito come un cerchio. Morale non è certo moralità, beninteso. Fabbri, facendo tendere segretamente il cuore del suo protagonista alla volontà superiore, ha dimostrato, con convinzione poetica, che la verità dei sentimenti non coincide con la verità; cioè, che, sulla terra, la “verità” origina il male e non l’armonia». Fortunatamente, vien da pensare, avevano tanta “verità” in tasca, al family day: su quelle ariose, aperte, colte prospettive; su quelle idee, su quei modelli di famiglia “naturale” il teatro potrà scrivere tragedie, drammi, commedie per i prossimi mille anni.

TAG: Atridi, Carlo Goldoni, Dario Fo, Diego Fabbri, Edipo, family day, HEdda Gabler, Luigi Pirandello, mario adinolfi, Molière, Mozart, Richelieu, Salvatore Quasimodo, salvini, Sigmund Freud, teatro, William Shakespeare
CAT: Famiglia

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