Superato l’ostacolo delle urne e archiviato il rischio di un rimpasto imminente, il Governo deve ora farsi trovare pronto per una partita politica anche più complessa: la pianificazione della ripresa (in parte con fondi europei) e la partecipazione attiva alle decisioni prese a Bruxelles e a Berlino in un momento chiave per l’Ue.
La Commissione europea ha presentato settimana scorsa un pacchetto di idee e principi che, se realizzato anche solo in parte, metterà nell’iper-acceleratore il cambiamento delle regole europee su diversi temi caldi: la sostituzione del Trattato di Dublino con “una nuova governance europea di gestione dell’immigrazione… e un forte meccanismo di solidarietà” (!!);, l’aumento delle risorse per il programma EU4Health e l’introduzione di un’Agenzia europea per la ricerca e lo sviluppo in campo biomedico (!), il dibattito su un meccanismo di sostegno agli Stati membri nella creazione di un quadro per il salario minimo (!!), il lancio delle obbligazioni verdi europee per un valore totale di 225 miliardi di euro nel quadro di un aumento della pianificazione ambientale europea (!!) e una proposta per la creazione di “un’identità digitale europea sicura” e la riforma del mondo digitale europeo (!!). Insomma tanta roba.
In Italia, invece di andare nel dettaglio di queste misure potenzialmente dirompenti, ci si chiede quanti soldi e quali fonti di finanziamento siano previsti nel Recovery Plan (Piano per la ripresa dell’Europa).
Se da una parte, ha senso guardare ai numeri del Recovery Plan (anche perché rispecchiano i più ampi cambiamenti europei), dall’altra questo è un esercizio che tralascia la lungimiranza, a tratti le ambizioni, spesso le difficoltà, ma pur sempre la profondità delle misure oggetto di dibattito dopo l’intervento della presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen all’Europarlamento settimana scorsa. Viste le complessità delle misure in discussione nel bel mezzo di una pandemia, è in effetti necessario un certo grado di semplificazione.
I punti principali del Recovery Plan sono due: 1. uno strumento per la ripresa d’emergenza da 750 miliardi (Next Generation EU) che aumenta il bilancio Ue con nuovi finanziamenti raccolti sui mercati finanziari per il periodo 2021-2024 (al momento 500 miliardi di sovvenzioni e 250 di prestiti); 2. un bilancio a medio termine dell’Ue rafforzato.
Gli obiettivi del Recovery Plan sono tre: sostenere i Paesi membri, sostenere gli investimenti privati ed evitare altre crisi future (sanitarie, migratorie etc).
SOSTEGNO AI PAESI MEMBRI
Si compone di quattro programmi:
SOSTEGNO AGLI INVESTIMENTI PRIVATI
Lo scopo è di dare sicurezza agli investimenti privati in un momento di crisi, attraverso tre programmi.
PREVENIRE CRISI FUTURE
La crisi sanitaria e la crisi migratoria hanno avuto un impatto inimmaginabile. Per questo la Commissione ha presentato cinque programmi per evitare crisi future:
Si capisce insomma che la maggioranza dei soldi andranno nelle tasche dei Paesi membri, offrendo ai 27 governi maggiore flessibilità per prendere delle decisioni e programmare la ripresa. Lo scopo è anche quello di limitare “intromissioni europee” ed evitare così obiezioni da parte di populisti. In altre parole l’Ue offre soldi, un solido orientamento e diverse condizioni, il resto è responsabilità dei Paesi membri. Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di luglio, l’Italia sarebbe il principale beneficiario delle misure introdotte: 82 miliardi sotto forma di sovvenzione e 127 miliardi di prestiti.
A CHE PUNTO SIAMO?
Il presidente dell’Europarlamento David Sassoli ha incontrato lunedì 21 settembre von der Leyen. I due hanno deciso che lo scopo delle due istituzioni è trovare un accordo definitivo al più presto, con i fondi del Recovery Plan “disponibili” dal primo gennaio 2021.
Il Parlamento ha scritto settimana scorsa di aver dato il suo benestare alle decisioni sulle risorse proprie (quelle che non derivano dai Paesi membri), accelerando “la procedura che permetterà all’Ue di prendere in prestito 750 miliardi di euro”. Adesso tocca al Consiglio di adottare il sistema delle risorse proprie e così avviare il processo di ratifica nei 27 Paesi membri.
Il Parlamento però continua ad opporsi alla proposte del Consiglio sul bilancio rafforzato europeo per il periodo 2021 – 2027 (secondo pilastro del piano della Commissione). Tema di scontro: i programmi europei e i loro budget.
A parte le negoziazioni tra Parlamento e Consiglio, che inevitabilmente cambieranno diversi dettagli del Recovery Plan, ci sono anche una serie di variabili interessanti a livello nazionale. Il termine per la presentazione dei piani di ripresa e resilienza (come detto il programma con il budget più ampio) è il 30 aprile 2021. Gli Stati membri sono incoraggiati a presentare i loro progetti preliminari a partire dal 15 ottobre 2020, rendendoli coerenti con gli obiettivi europei: transizione energetica e digitalizzazione.
Sta ai Paesi membri scegliere ora le proprie priorità e usare con senno i fondi nel quadro di un più ampio piano di ripresa. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha definito il Recovery Plan “un’occasione irripetibile” per il Bel Paese. Quello che dobbiamo capire è che non mancano le responsabilità: si tratta di un’occasione irripetibile per aumentare la fiducia tra Paesi europei e promuovere, eventualmente, un processo di integrazione europea più solido e equo.
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