american joker story

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23 Gennaio 2020

Minuto 39 : ” è ovvio che le persone che nella vita hanno realizzato qualcosa vedano questi individui più sfortunati come clown…”

Minuto 102: ” quelli che decidono cosa è giusto e cosa è sbagliato sono gli stessi che decidono cosa fa ridere e cosa no..”

Due battute che illuminano di senso un film, Joker, che mescolando bullismo a capitalismo sa rendersi caustico e memorabile.

Siamo nella Gotham del 1981, ed è l’inizio dell’America reaganiana e insieme del decennio che finendo col crollo del muro di Berlino, toglierà ogni argine a quel liberismo che si è espanso fino alle bolle speculative e al crash test che il mondo sostiene ora tra globalizzazione e climate change.

Nella società del rampantismo Arthur/Joker/Phoenix è un povero cristo che vive con la madre e tira avanti facendo il clown, un uomo tragico che vorrebbe divertire eppure viene deriso e umiliato fino a quando nelle sue ossa non si saranno depositate abbastanza rabbia e amarezza.

Allora scatterà in lui quel dispositivo caricato a molla che lo trasformerà da capro espiatorio ad angelo vendicatore.

Va detto che il regista Todd Phillips, ha gioco facile nel farci amare questo cattivo, poiché i buoni, le vittime per intenderci, se non sono subdoli come il suo alter ego Murray Franklin/De Niro, sono addirittura rivoltanti.

E così quando Arthur/Joker consuma il suo primo triplice omicidio, abbiamo davanti un malato mentale a cui l’amministrazione meritocratico/reaganiana ha tolto medicamento e assistenza e l’aggressione che viene consumata nella City ai suoi danni da questi tre yuppies risulta insopportabile anche allo spettatore.

A rendere il personaggio di Joker ancora più ambiguo e complesso contribuisce però la singolare patologia che lo fa sghignazzare davanti alle situazioni oscillanti tra imbarazzo e paura.

Questo espediente, rende provocatoria la reazione di Arthur davanti al potere del rampantismo e lo spirito anarchico del film si concentra qui, in questa risata assurda e involontaria che Arthur/Joker esibisce nelle situazioni di prevaricazione e umiliazione.

Lo sghignazzare incongruo di Arthur/Joker si rende insopportabile all’aguzzino poichè, facendosi specchio della sua abiezione scatena in lui la violenza più bieca.

E’ un concetto sottilissimo e quindi difficile, ben spiegato però nelle parole (pesantissime da usare) di Primo Levi nelle pagine indispensabili del suo I sommersi e i salvati.

Simbolicamente oltraggiato dalla società della competizione, delle palestre, della borsa, degli abiti firmati e del gel tra i capelli,  Arthur/Joker riceve la compassione di tutti i paria grandi e piccoli che ci sono e che siamo.

 

Joaquin Phoenix, Joker 2019

Christian Bale, L’uomo senza sonno 2004

 

 

 

TAG: Joaquin Phoenix, joker 2019
CAT: Cinema, Letteratura

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