Dieci conseguenze su energia e clima del crollo del prezzo del petrolio

14 Aprile 2016

 

Negli ultimi mesi il prezzo del petrolio è sceso repentinamente, fino ad arrivare sotto i 30$ al barile all’inizio di questo anno. Questo ha fatto supporre ad alcuni che avremmo vissuto un nuovo exploit nel consumo di questo combustibile fossile: secondo una ben nota legge dell’economia, infatti, al diminuire del prezzo di un bene, aumenta il suo consumo. Nella teoria economica originaria, però, gli assunti di riferimento sono stabili e immutati: invece noi viviamo proprio nel mezzo di una transizione energetica. Diviene così molto interessante andare ad analizzare il mondo energetico, per individuare le conseguenze di bassi prezzi del petrolio nel mondo attuale sia per l’energia, che per il clima.

1.      Un prezzo basso del petrolio pone fuori mercato molte produzioni di petrolio: a cominciare dalla zona artica, ma anche Canada, Brasile, shale statunitense. Parliamo quindi di giacimenti anche di grandi dimensioni, i quali costi di produzione sono adesso superiori ai prezzi di vendita. Significa molti giacimenti quindi rimarranno sottoterra, con un vantaggio netto importante, e ancora da calcolare, rispetto alle emissioni di gas serra risparmiate.

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2.      Le aziende energetiche sono in sofferenza. L’ENI ha sofferto una perdita di -8,82 miliardi di Euro nel 2015. La British Petrolium, con un bilancio negativo di -6,5 miliardi di dollari, sta programmando di licenziare 7.000 persone. Negli Stati Uniti nel solo 2015 ben 44 aziende petrolifere di estrazione sono andate in bancarotta.

Fonte: http://cnnmon.ie/1WhHAbQ

Fonte: http://cnnmon.ie/1WhHAbQ

3.      La riduzione dei prezzi del petrolio ha posto ad aziende e Paesi la necessità di riconsiderare le proprie scelte energetiche. Non solo devono tenere in considerazione i correnti prezzi bassi, ma anche considerare le implicazioni di prezzi del petrolio volatili e le ripercussioni sul lungo periodo. Le previsioni per il futuro non potrebbero essere più incerte: da 20 dollari al barile a un nuovo aumento fino a 100. Questo è particolarmente vero per Stati, come l’Arabia Saudita, altamente dipendenti dalle sue riserve petrolifere, adesso in pericolo di bancarotta.

4.      Prezzi bassi offrono un sollievo a breve termine per i consumatori, ma l’alta volatilità nel medio termine affligge gli investitori. Al contrario, ridurre l’esposizione a un prezzo volatile ha un valore economico. Come? Riducendo gli sprechi energetici, aumentando l’efficienza energetica ed espandendo la quota di energia non fossile.

Prezzi del petrolio - Fonte: http://www.nytimes.com/interactive/2016/business/energy-environment/oil-price-supply-demand-imblance.html

Prezzi del petrolio – Fonte: http://www.nytimes.com/interactive/2016/business/energy-environment/oil-price-supply-demand-imblance.html

5.       I prezzi bassi del petrolio offrono un’opportunità: i Paesi possono approfittarne per introdurre una riforma dei sussidi che può avere effetti anche a lungo termine. Infatti, il prezzo reale dei combustibili fossili è più alto di quello pagato dai consumatori: i sussidi alle fossili ammontano a 5,3 mila miliardi di dollari nel 2015 (ovvero più di quanto tutti gli Stati del mondo spendono per la salute dei cittadini, dato IMF 2015). Una cifra incredibile, soprattutto se confrontata ai 120 miliardi di sussidi alle rinnovabili. Pare, comunque, che il processo di riduzione dei sussidi sia avviato: 27 Paesi, tra cui l’Egitto, l’Indonesia, il Ghana e l’India, stanno riformando i sussidi all’energia; 40 Paesi e più di 20 regioni applicano o stanno considerando l’introduzione di un prezzo del carbonio mentre altri 26 ne stanno considerando l’introduzione (fonte: Klevnäs, P., Stern, N., and Frejova, J. Oil Prices and the New Climate Economy. Global Commission on the Economy and Climate briefing paper, May 2015).

6.      La prospettiva di lungo termine rimane uno switch verso le rinnovabili. Malgrado i bassi prezzi, ci sono buone ragioni per continuare a espandere gli investimenti in energie rinnovabili. Nell’Accordo di Parigi del dicembre scorso, gli Stati di tutto il mondo si sono impegnati a ridurre i gas serra, fino ad arrivare a emissioni zero entro la seconda metà di questo secolo.

7.      I costi di produzione delle energie rinnovabili continuano a scendere: secondo un rapporto della Deutsche Bank, anche con prezzi bassi del petrolio, il fotovoltaico raggiungerà la grid parity nella maggior parte del mondo nei prossimi 18 mesi. Un prezzo stabile minore del petrolio rallenterà quindi il raggiungimento della grid parity, ma solo di poco tempo.

8.      … è l’inizio della fine dell’era del petrolio? Il futuro è incerto, ma molti analisti pensano di sì (vedi ad esempio “Current Oil Crisis More Dangerous Than You Think”). Ci si interroga ancora su quando il famoso “picco del petrolio”, ovvero il momento dopo il quale la produzione inizierà a diminuire, arriverà. Ma il pericolo è adesso anche dal lato della domanda, che potrebbe calare.

9.      Il rischio di una “carbon bubble” è sempre più reale. E’ il rischio che si verifichi la bancarotta di grandi aziende energetiche, che possiedono enormi asset in energia fossile. Supponiamo, ad esempio, che un’azienda italiana abbia, ad esempio, la proprietà di giacimenti negli Stati Uniti. Se quei giacimenti vengono messi fuori mercato dai prezzi bassi, quel giacimento rappresenterà una perdita netta, non solo per la diminuzione di utile, ma anche per un asset positivo di bilancio divenuto non più remunerativo. Se ci saranno molte perdite di questo tipo, e per un tempo prolungato, quell’azienda potrebbe fallire, anche sulla spinta di una perdita di borsa associata alle perdite di bilancio. Chi avrebbe quelle azioni, quindi, si ritroverebbe in mano carta straccia. Moltiplicando per molte aziende del settore energetico, ecco che la carbon bubble diviene un rischio sistemico. Per questo motivo, molte banche, tra cui la Bank of England e la Deutsche Bank, hanno avviato procedure interne per verificare la loro esposizione.

10.  Relativamente ai cambiamenti climatici e alle emissioni di gas serra, l’effetto è positivo. Purtroppo non ci sono ancora studi approfonditi per misurarne l’impatto in termini numerici, ma la transizione energetica appare accelerata dal blocco della produzione derivante dalla messa fuori mercato di molti giacimenti. Minori introiti significheranno anche minori capacità di lobbying verso i governi.

Insomma, chi lavora in settori collegati al petrolio si dovrebbe preoccupare: anche con una prospettiva di prezzi del petrolio bassi la transizione energetica, verso un’economia fossil free, sta accelerando la sua corsa. 

 

 

TAG: cambiamenti climatici, clima, climate change, Energia, energia rinnovabile, finanza, mercati energetici, petrolio, sussidi, trivellazioni, trivelle
CAT: energia, Geopolitica

Un commento

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  1. massimiliano-zanoni 8 anni fa

    Un articolo che si prepara ad elencare 10 punti ma inciampa subito nelle premesse non parte benissimo.
    La giornalista dimostra infatti di conoscere la legge della domanda, ovvero che questa cresce al diminuire del prezzo, ma pare non aver mai sentito parlare dell’elasticità di prezzo: il petrolio, come altre commodity necessarie e non fungibili, è un bene inelastico, ovvero la sua domanda varia poco col prezzo.
    Da questa svista seguono vari svarioni, ad esempio il fatto che con prezzi bassi del petrolio sono scarsi gli incentivi ad evitare gli sprechi e la ricerca di fonti alternative, anche se “le motivazioni non mancano”. Non mancano mai, ma non bastano le ragioni del cuore, servono quelle economiche.
    Inoltre, pur con l’avanzata delle energie alternative, oggi il petrolio non pare proprio sostituibile.

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