Undici scrittori donne

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5 Aprile 2022

Il volume Le signore della scrittura, che restituisce la voce ad autrici fondamentali del nostro Novecento letterario, mettendo in luce non solo il loro alto spessore intellettuale, ma anche la loro personalità, è giustamente dedicato dall’autrice a Laura Lepetit, coraggiosa fondatrice delle edizioni La Tartaruga, che lo aveva pubblicato nel 1984 e, prima di venire a mancare lo scorso anno, ne ha voluto la ristampa. Rileggere, dopo quarant’anni, le interviste che Sandra Petrignani fece a undici grandi scrittrici italiane per il quotidiano Il Messaggero, ci riporta a metodi di lavoro, ad atmosfere culturali, a stili di vita pubblici e privati di altro livello rispetto a quelli odierni, e decisamente da rimpiangere.

Le signore che qui si raccontavano – alcune con aperta cordialità, altre con scontroso ritegno, altre ancora con pungente ironia –, avevano in comune l’età avanzata (dai settant’anni in su), lo stesso giudizio amaramente severo sulla loro contemporaneità, e una giustificabile acredine verso “l’assenza di vero prestigio… l’imperdonabile mancanza di autentico riconoscimento” da parte dei critici, degli editori e dei lettori italiani, prevenuti riguardo al loro essere donne. In realtà, almeno quattro di loro (Morante, Ginzburg, Ortese, Romano) sono oggi considerate appartenere a ragione al nostro Olimpo letterario, e anche delle altre sette si riconosce unanimemente il valore. Anna Banti, Maria Bellonci, Laudomia Bonanni, Fausta Cialente, Alba de Céspedes, Livia De Stefani, Paola Masino godono attualmente di grande stima e interesse, vengono antologizzate, studiate, addirittura imitate. Probabilmente quarant’anni fa non era così, se Petrignani asseriva nell’introduzione all’edizione del 1984: “Ciò che raccontano di sé disegna nell’insieme una comune condizione di isolamento, delle donne fra gli uomini, ma anche delle donne fra le donne. Sono quasi tutte isolate sulla roccia dei libri che hanno scritto, nel silenzio che le circonda o di cui hanno voluto circondarsi”.

Pressoché tutte le intervistate hanno iniziato a scrivere molto precocemente, dall’adolescenza se non persino dall’infanzia, trovando però grandi difficoltà nel farsi pubblicare e nell’avere successo. Erano state lettrici onnivore, appassionate di storia e di arte, curiose di politica, ma arrivate alla vecchiaia vivevano isolate, con pochi amici, snobbando le cerimonie ufficiali e i salotti mondani, timorose di esibire la loro fragilità fisica, la loro stanchezza mentale. Elsa Morante così confidava: “Sono una vecchierella che vuole essere lasciata in pace. Sono aumentata di peso, ho i capelli bianchi, sono malata… Io detesto il mio corpo”.

Nei giudizi espressi sulle altre donne e sul femminismo palesavano una notevole disistima. Anna Banti: “Non sono sempre e comunque dalla parte delle donne. E le dirò questo: le donne sono cattive verso le altre donne. Sono invidiose. Non sopportano che un’altra si distingua in qualcosa”; Elsa Morante: “Sarò stata sfortunata, ma non ho mai conosciuto una donna veramente intelligente. Le donne pensano solo a se stesse e alle loro faccende private, scimmiottano l’uomo, ed è un segno della loro stupidità voler essere come i maschi: spregiano le loro grandi qualità femminili diventando spregevoli”. Valutazioni decisamente risentite e sprezzanti erano rivolte al mondo degli intellettuali, degli accademici, dell’editoria. “La figura del critico autorevole, ‘infallibile’, del critico padre, è in estinzione. Ora i critici sono più vicini, più simili agli scrittori, meno distaccati e forse più soggetti a infatuazioni e cecità” (Ginzburg); “Ma cosa vuole che creda nell’immortalità letteraria! Non vede che stiamo andando verso la distruzione dell’intero universo?” (Morante); “Oggi scrivere non basta più. Uno scrittore per prima cosa deve sapersi promuovere da solo, darsi d’attorno… Autori e critici che una volta erano considerati seri, oggi non si vergognano ad avallare sottoprodotti letterari ignorando opere migliori” (Bonanni); “Si perde del tempo prezioso a leggere quanto oggi gli editori sfornano. I classici dobbiamo leggere. E rileggere” (Masino).

Molte di loro avevano avuto compagni importanti: Anna Banti era la moglie del critico d’arte Roberto Longhi, Maria Bellonci del giornalista Goffredo Bellonci, Fausta Cialente del compositore Enrico Terni, Paola Masino dello scrittore Massimo Bontempelli, Lalla Romano del banchiere Innocenzo Monti, Elsa Morante di Alberto Moravia. In generale, tuttavia, non parlavano con entusiasmo della loro vita di coppia, essendosi sentite spesso trascurate, o non prese nella dovuta considerazione come scrittrici nella stretta cerchia familiare.

Colpisce l’estrema saggezza di alcune frasi lapidarie di queste anziane scrittrici. Lalla Romano affermava: “Vivere con passione e raccontare la vita con distacco… Bisognerebbe coltivare l’indifferenza rispetto al rumore del mondo, alle chiacchiere, ai giudizi sbagliati. Il distacco dalla vanità e dalla compiacenza”, e Alba de Céspedes: “Il grande segreto della vita è eliminare. Proprio così: eliminare tante cose inutili, quelle che ci fanno perdere tempo. Bisogna avere la forza di dire di no, se si vuole riuscire in qualche cosa”. Anna Maria Ortese, alle cui riflessioni è concesso lo spazio più ampio nel libro, condensava con saggezza antica e acuta sensibilità la responsabilità morale che ogni essere umano dovrebbe provare nei confronti di qualsiasi elemento del creato: animali, vegetali, aria, acqua, rendendo continuamente grazie alla bellezza dell’universo, e rifiutando la violenza, l’inganno, la corruzione: “Questo vivere è cosa sovrumana… Tutto respira e tutto ha diritto di respirare”.

Sandra Petrignani, riproponendo dopo quarant’anni queste testimonianze di vita, ci ha permesso di incontrare non solo eccezionali signore della scrittura, ma anche maestre del pensiero: un invito pressante a riscoprirle nelle pagine straordinarie che ci hanno lasciato.

 

SANDRA PETRIGNANI, LE SIGNORE DELLA SCRITTURA

LA TARTARUGA, MILANO 1984-2022, p.142

 

 

TAG: donne, letteratura, libri
CAT: Fumetti

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