La Grecia, ora

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4 Giugno 2023

Una riflessione su cosa succede in Grecia dopo il voto del 21 maggio, dopo che le urne hanno decretato una riconferma piena per il governo di Mitsotákis e una bocciatura per gli appelli al cambiamento di Tsípras. E dopo che la Grecia è uscita dal controllo della Troika.

 

 

Caro Direttore,

passati i sondaggi, sono passate le elezioni, e anche le prime reazioni di euforia da una parte (Nea Dimokratía) e di delusione dall’altra (SYRIZA). Vorrei offrirti una riflessione su quello che penso sia il significato del voto in Grecia, in attesa delle seconde elezioni del 25 giugno. Lo faccio in questa forma, perché so quanto interesse – per non dire l’affetto – lega anche te a questa nazione. E perché questa forma mi permette di raccontare alcuni dettagli che altrimenti sfuggirebbero ai resoconti sui fatti e sull’attualità politica. Chissà, penso, non possa suggerire anche ulteriori riflessioni su sviluppi più generali dei nostri sistemi politici, italiano ed europei.

Dopo quattro anni di governo Mitsotákis, la Grecia ha votato per la continuità. Cioè per un governo stabile a guida Nea Dimokratía. I sondaggi davano una forbice molto più stretta tra i due partiti, che alla fine sono risultati separati da più di 20 punti percentuali. Una differenza tra i due primi partiti che appare enorme, e mai vista nel sistema politico greco. Gli elettori, circa un 60% dei quasi dieci milioni di cittadini che compongono la Repubblica Ellenica, hanno cioè detto al premier uscente di continuare; e hanno detto all’altra parte che i suoi piani di governo dell’economia in fase di ripresa – di redistribuzione in sostanza a fasce della popolazione che da tale ripresa restano ancora in parte escluse – non erano credibili. Insomma, un grande ‘sì’ al governo, e un altrettanto grande ‘no’ all’opposizione

Le prime reazioni sono state, come è ovvio, di euforia (tutta la Grecia è blu, recita il coro da stadio dei supporters di ND) da una parte, e di delusione dall’altra. ND ha ingrandito la sua percentuale rispetto alle scorse elezioni, mentre SYRIZA l’ha significativamente diminuita. Ma che cosa significa questo esattamente?

Innanzitutto questo è successo dopo quattro anni che sono stati molto duri per i greci, dopo una gestione della pandemia cui lo stato ha reagito in maniera insufficiente, scegliendo di puntare quasi unicamente sulla vaccinazione, e non sul rafforzamento di un sistema sanitario già debole, e con enormi squilibri tra la capitale e la provincia, e che ha portato a circa 500 decessi in più rispetto all’Italia per milione di abitante; dopo lo scandalo delle intercettazioni telefoniche, che resta ancora senza risposta né responsabilità governative chiare; dopo un’intensificazione dei lavori pubblici nelle due principali città che è stata molto discussa, anche internazionalmente (la cementificazione della rocca dell’Acropoli, la nuova linea del metró di Atene e in particolare l’utilizzo per essa dei rari spazi pubblici di una capitale che già ne ha molto pochi, il nuovo metrò di Salonicco con il relativo spostamento dell’enorme patrimonio archeologico della città); diversi casi di abuso della violenza da parte della polizia, che ha avuto come risultato in alcuni casi anche alcuni decessi (di cui scrivevo qui); casi conclamati di gestione clientelare della cosa pubblica; dopo una legge sulla gestione delle aree naturali che ne facilita l’utilizzo a scopi commerciali; il posizionamento come 107ª nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo; l’omicidio in piena luce del giornalista Giorgos Karaiváz, ancora senza responsabili; dopo il recente incidente ferroviario per cui tutti i recenti i governi sono responsabili – ma in carica era appunto il governo di Mitsotákis. E il ministro dei trasporti Charamanlís, dimessosi prontamente dopo l’incidente, è di nuovo nelle liste di ND e sarà con ogni probabilità rieletto nelle prossime elezioni di fine giugno.

La lista potrebbe continuare. (Qui un link a un ottimo contributo video, e ironico, sui 4 anni di governo ND: TPP. È  in greco. Ma può essere un’ottima scusa per impararlo). Nonostante questi fatti, che hanno poca risonanza al di fuori dei confini della Grecia, il governo in carica è stato premiato, e l’opposizione sicuramente punita. In tanti hanno detto che Mitsotakis ha offerto qualcosa che l’altra parte non può offrire, cioè un governo stabile, unito, e con i numeri per gestire il paese. E molti hanno anche detto che si è trattato di una prova di maturità per il paese. Di essi, quasi un terzo ha votato ND. I voti che si sono persi dalle parti di SYRIZA sono in parte confluiti verso il PASOK, e in parte dispersi in astensione.

La mia prima riflessione è quindi che il calo di SYRIZA, se fosse confermato alle prossime elezioni, lascia un vuoto enorme nel sistema politico greco. E questo calo è accompagnato da un rafforzamento del vecchio partito socialista, il vecchio e malandato, eppur vivo, PASOK, che in alcune provincie ha già sorpassato SYRIZA. Il cui nome, ricordiamo, significa coalizione della sinistra radicale (Sy.Riz.A), ma che di radicale, per ciò che questo possa significare in politica, non ha più molto. Non sto esprimendo alcun giudizio, caro Direttore. Ma intendo solo dire che, se questo partito ha avuto una certa presa sulla Grecia negli anni della crisi, è molto significativo che ora lo stesso partito abbia preso così pochi voti. Anche se tante persone hanno dichiarato di votare seguendo la logica del meno peggio, SYRIZA è stato punito per tanti aspetti incerti, o confusi, della propria politica. Ma c’è mai stato un congresso vero, che portasse, al di là della discussione sulla leadership di Tsipras, a una discussione sulle idee e sulle possibilità del partito? Non mi pare. Eppure a me sembra che le energie ci sarebbero, nel paese; così come ci sarebbe una potenziale cassa di risonanza per lo sviluppo di un’opposizione più efficace alle politica del governo. E questo, caro Direttore, lo dico non perché intenda prendere una posizione, ma perché mi sembra ovvio che una democrazia vitale abbia senso solo se è possibile il dibattito, e la scelta. Ma la Grecia, ricordiamo, ha anche votato metaforicamente contro la legge elettorale proporzionale che SYRIZA aveva voluto, senza però saper costruire davvero un fronte di alleanze a sinistra di Nea Dimokratia.

Il punto è che il paese si è reso conto di essere, per ora, senza una vera alternativa politica al governo di Nea Dimokratía. Questo intendo con ‘vuoto politico’. Manca ora insomma un contraddittorio (che abbia rilevanza politica) a quello che con ogni probabilità sarà il prossimo governo. Il che certo non si crea nel mese che manca alle prossime elezioni. La sensazione di vuoto politico deriva anche dal fatto che i greci hanno anche detto no, in qualche modo, alla legge elettorale, completamente proporzionale, che il governo a guida SYRIZA aveva voluto e votato.

In questo senso tanti, non da ultimo Varoufakis (molto sconfitto alle ultime elezioni al momento senza seggi in parlamento) hanno parlato di Erdoganizzazione della Grecia. Ci sarebbe molto da discutere sul paragone, perché le situazioni dei due paesi sono molto diverse. Anche qui non voglio esprimere alcun giudizio, ma noto semplicemente che Varoufakis è stato l’unico, nel comizio conclusivo a toccare due temi altrimenti completamente assenti in campagna elettorale. La politica estera, e quella ambientale. La campagna elettorale dei partiti maggiori è stata tutta concentrata su temi di politica interna, principalmente sulla redistribuzione della nuova ricchezza che ha cominciato a crearsi in Grecia, controllo dell’inflazione, etc. Guerre, rapporti con l’estero e ambiente non sembrano far parte dell’immaginario politico, ora? Direi forse piuttosto che non fanno parte dell’immaginario mediatico, e che quello politico trova poco spazio nelle immagini che vediamo attraverso i media.

Una cosa che mi ha fatto impressione è stata confrontare la piazza dell’ultimo comizio preelettorale di SYRIZA ad Atene, con quella, in giorno dopo, di Varoufakis. Nella prima, pur abbastanza affollata, l’età media si era molto alzata rispetto alle piazze che Tsipras riempiva per tutta la scorsa decade. Nella seconda, Varoufakis parlava di fronte ad un po’ meno di 200 persone, che erano però tutte non più che trentenni. ND, invece ha saputo far passare nella società un messaggio trasversale di crescita economica che lentamente arriverebbe anche a fasce strutturalmente più deboli della popolazione.

Dopo gli anni della crisi e dell’austerità, Atene si è ritrovata in mezzo a privatizzazioni e investimenti esteri, in parte condizione degli aiuti economici dell’ESM. Questo interesse si è concentrato su acquisizioni di imprese, immobili e infrastrutture. Dalla compagnia energetica nazionale DEÍ, al porto del Pireo, venduto alla compagnia cinese COSCO, ai treni, ora in mano al gruppo FS, alle acquisizioni di grandi porzioni degli immobili esistenti nelle città, e costruzione di nuovi nelle isole. Una seconda riflessione  è, dunque, una domanda: se cioè la crisi abbia portato a un cambiamento della mentalità del paese (che secondo molti economisti, come E.Phelps, era il vero ostacolo alla creazione di un modello di crescita sostenibile, e se sia possibile una rappresentanza politica per quel cambiamento. E se quel cambiamento sia possibile senza che si perdano tanti aspetti del valore del paese, dal suo particolarissimo ambiente naturale, alla sua cultura, alla sua vivacità, che ho sempre visto più forte negli aspetti più frugali della sua mentalità. L’attuale sistema politico non è in equilibro. Quando anche ci fosse un governo autosufficiente come quello appena sciolto di Mitsotákis, mancherebbe un’opposizione alle idee di governo, giuste o sbagliate che esse siano, che possa ambire anche a governare. La vita ad Atene non è in equilibrio, con il costo della vita sensibilmente aumentato, come non è in equilibrio il rapporto tra l’industria turistica e le altre attività economiche. Così si vive al momento la vita in Grecia.

Ecco, caro Direttore, le mie riflessioni sul momento che vive la Grecia, ora. Forse mi sono lasciato andare, e ho collegato fili che non andavano collegati. Ma sentivo il bisogno di riflettere sul semplice dato politico delle scorse elezioni. La riflessione migliore, ho imparato con gli anni, è una riflessione che non finisce, e che cerca di contraddire i suoi presupposti. Chissà che non possa avermi insegnato anche questo proprio la Grecia.

 

TAG: democrazia, Elezioni grecia, grecia, Mitsotakis, tsipras
CAT: Geopolitica, Media

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