Quanti governi tecnici può ancora permettersi l’Italia?

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1 Ottobre 2023

“Una smentita è una notizia data due volte” diceva Giulio Andreotti (o Mario Missiroli) e la recente intemerata della Presidente del Consiglio a escludere ogni soluzione tecnica ha messo la pulce nell’orecchio anche a chi, come il sottoscritto, la considerava certo un’ipotesi sul tavolo, ma quantomeno prematura a meno di un anno dall’ insediamento di un governo fresco di elezioni e con una base parlamentare apparentemente adamantina. Cosa che, con tutta evidenza ormai non basta più, perché la soluzione tecnica ha da lungi smesso di essere l’estrema ratio per superare un ingorgo per diventare in qualche modo la scelta preferibile (forse anche perché gli ingorghi sono diventati loro sì strutturali).

Non ho un particolare giudizio positivo verso la maggioranza di centrodestra e non l’ho votata. Penso abbia un personale politico ampiamente al di sotto delle sfide e continui a pagare pegni ideologici a una base culturalmente minoritaria nel paese e a vellicare istituti conservatori un po’ disperati, senza un’idea di futuro. Idea che invece sarebbe stata interessante sentire: un rideclinazione veramente moderna dell’interesse nazionale senza velleità globalista da cui usciamo con le ossa rotte, né stupidisti adolescenziali a negare fenomeni, il cambiamento climatico, le migrazioni, che devono essere governati, magari con un contro narrazione conservatrice (che rafforzerebbe anche quella progressista, oggi ai minimi storici di senso e interesse). Non l’ho votata ma ero curioso e aperto.

Meloni non ha governato bene, ma non ha nemmeno fatto il disastro che le si attribuisce. Ha ereditato partite avvelenate come il PNRR (scritto malissimo dai predecessori), non ha (lei) fatto passi particolarmente falsi sul piano internazionale, soprattutto si trova a gestire la chiusura dei rubinetti dopo una stagione in cui il bonus state è scorso copioso, non è mai semplice per nessuno. Soprattutto, dopo molti, troppi anni, ha riportato in auge la grammatica della politica, con tutto il suo bagaglio di elezioni, maggioranza, opposizione, visioni contrapposte del Paese e così via.

Non è per nulla cosa da poco e trascende i destini dei leader e delle parti, di cui me ne cale il giusto, perché l’Italia ha tremendamente bisogno di Politica. Ce lo dicono il debito pubblico, una demografia che fa spavento, segnali sempre più evidenti di perdita di energia e di senso, mentre la generazioni di mezzo sono sempre più depresse e spaventate per il futuro (garantito agli attuali anziani e che sarà altrove per i sempre meno giovani). Non sono cose che risolverà da solo lo Stato (che ora non ha nemmeno le lacrime per piangere), ma che per essere affrontate hanno bisogno di confronto, scontro, discorso pubblico e collettivo, ossia di Politica nella sua forma più pura. Perché non c’è una soluzione, o meglio non ci può essere una soluzione se oggi la soluzione non passa per il lavoro umile, sporco, faticoso ma necessario di connettersi con il Paese, con le paure degli artigiani, i giovani a cui non frega niente, i vecchi che stavano meglio prima.

Puoi farlo dando ragione e titillando ogni sentimento peggiore, come fa qualcuno, oppure puoi provare a salvare capra e cavoli, come dovrebbe fare ogni statista o aspirante tale, tertium non datur. Anzi datur, che sono i tecnici, segaossa robotici come Monti e Fornero o statisti come Draghi, accomunati dal ruolo: tenere buoni i ragazzi dei desk Italia delle agenzie di rating e delle banche d’affari quando sembra che la maionese impazzisca. Un lavoro durissimo e meritorio, ma che non si può sostituire alla politica, causa di infiammazione del corpo del Paese e anche sua unica cura. Nemmeno l’ottimo Draghi, infatti, non è riuscito tra le mille cose ottime che ha fatto a sfiammare il corpo di una società incazzata, anzi.

Non è colpa sua, non è un tecnico, non può esserlo, il titolare dei patimenti del Paese: può solo arrivare come Mr Wolf e far sparire i danni e andarsene prima che arrivi Bonnie. Nel frattempo, anche senza la macelleria sociale della Fornero, anche facendo le cose per bene, i malesseri variegati del Paese continuano a proliferare e alla prima occasione si esprimono con scelte sempre più arrabbiate, sempre più estreme, sempre più inutili. Per questo, non solo ogni pre governo tecnico è stato un disastro, ma lo è stato persino di più ogni post. Sono montagne russe che non possiamo permetterci, non da ultimo perché la carta tecnica, il giudizio di Alessandro Borghese che sovverte ogni risultato, ha prodotto maggioranze rissose e un’opposizione che non sta studiando da alternativa, ma si finge morta sino al momento opportuno. È il contrario di quello che serve.

Per questa ragione tocca augurare a Giorgia Meloni lunga vita a Palazzo Chigi fino al giudizio democratico degli elettori sui risultati del suo lavoro, confermandola nel ruolo o sostituendola con altre opzioni altrettanto democraticamente elette dagli italiani. Dovessero farlo anzitempo finanzieri ed editori di giornali, magari con sede e tasse altrove, non sarebbe una bella cosa.

TAG: crisi, governotecnico, Meloni
CAT: Governo, Partiti e politici

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