Perché alle primarie voterò Majorino

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5 Febbraio 2016

Non sono iscritto a Sel, non sono iscritto al Pd. Ho sempre votato con un’ottica realistica, andando poi a rompere le palle a tutti quelli che per questioni ideologiche frantumavano l’unione necessaria a battere l’avversario.

All’inizio di questa campagna elettorale per le primarie di Milano non avevo la più pallida idea di chi votare. Sapevo solo una cosa: non avrei mai votato Giuseppe Sala, un manager con credenziali di sinistra pari a zero e una visione della città assolutamente ignota. In più: perché mai ribaltare il tavolo quando la giunta Pisapia ha fatto così bene?

La rabbia ha iniziato a montare quando la sinistra non è stata in grado di presentare una candidatura unitaria, spaccando il campo in due e facilitando enormemente la vita a Giuseppe Sala. Ma per quale ragione mai fare una cosa del genere?

I discorsi che ho sentito in giro erano tutti dello stesso tenore: “Guarda che Balzani è un candidato forte, Majorino non è abbastanza ‘spesso’ per fare il sindaco e tanto meno per battere Sala”. E così, ecco spiegato perché una candidata della sinistra Pd (attuale vicesindaco) è stata precipitata – con la benedizione di Pisapia in persona – a correre per le primarie contro un candidato della sinistra Pd, mandando all’aria il lavoro che Majorino aveva svolto fin dal giorno in cui, assieme a Emanuele Fiano, aveva in qualche modo costretto il Pd nazionale ad accettare le primarie.

Ora, in genere mi fido delle considerazioni pratiche, quelle che hanno l’obiettivo di conquistare la vittoria finale. Non mi piacciono le candidature di bandiera, di quelli bravi ma destinati a perdere. Non mi piacciono perché vengono meno allo scopo primo della politica: la conquista (e il mantenimento) del consenso. In poche parole: non servono a niente. E siccome non conoscevo nulla della “persona” Majorino, se non il suo lavoro come assessore al Welfare, mi ero convinto che ci fosse una ragione valida se di colpo si fosse deciso di voltargli le spalle e appoggiare Balzani.

A questo punto è iniziato il lavoro di auto-convincimento. Quell’inevitabile processo in cui inizi ad accettare con la pancia quello che la testa ha già deciso, per ragioni, diciamo così, di realpolitik.

Il primo passo è stato guardare Otto e Mezzo. Ho visto Francesca Balzani ospite di Lilli Gruber parlare da “quasi candidata” alle primarie, ma invece che le prime certezze, hanno iniziato a venirmi i primi dubbi.

Va bene che la politica è una cosa seria, ma un po’ di simpatia? Un briciolo di spontaneità? Un po’ di quella caratura che fa sì che non sembra che tu stia recitando un copione scritto da altri?

Non ho visto nulla di tutto ciò. Però, convinto della bontà delle decisioni prese ai piani alti, mi sono detto: “Vabbè, è la sua prima uscita in televisione. Sarà stata emozionata”.

Poi sono andato alla presentazione della sua raccolta firme, non perché volessi diventare un suo sostenitore di ferro, ma perché stavo lavorando a questo pezzo. L’impressione non è migliorata un granché: poca spontaneità, zero simpatia, un programma di sinistra classico, niente di rivoluzionario.

L’unico sussulto mi è venuto quando è uscita l’idea del “sindaco della notte”, che mi ha fatto coltivare la speranza che un’iniziativa di questo tipo potesse mettere a tacere i frustrati dei comitati di quartiere (salvo poi non presentarsi al dibattito organizzato al Macao adducendo motivazioni poco comprensibili, tanto più che Pisapia, con quelli di Macao, ci ha dialogato eccome).

E però, poi, sono iniziati i dibattiti.

Ed è stata una cosa strana, perché quel Majorino che mi avevano descritto come “inconsistente” ne è uscito sempre, ogni singola volta, benone. Battuta pronta, preparato, convincente, dotato di una dialettica precisa e chiara, che si fa ascoltare volentieri nonostante la erre moscia e che rimane credibile nonostante quella parte di baffo bianco che non ho proprio capito da dove salti fuori.

Simpatia. Una sensazione a pelle che in politica conta tantissimo e che conta ancora di più se vuoi fare il sindaco, figura politica che, per definizione, sta tra la gente.

E in effetti Majorino è riuscito a diventare un personaggio. Come dimostra il pezzo di I Hate Milano pubblicato proprio qui e come dimostra quel video giovanile in cui sembra il sosia di Brad Pitt. E forse anche questo spiega perché, nonostante tutto, nei sondaggi (per quel che valgono) la Balzani non sia riuscito a staccarlo.

Un candidato con le spalle larghe, tanto da reggere la pressione in tutte queste settimane e ribattere sempre a muso duro a Francesca Balzani che gli chiedeva di ritirarsi.

Anche perché, va ricordato, lui si è candidato prima. Quindi perché mai dovrebbe ritirarsi, visto che nemmeno c’è questa distanza nei (presunti) voti?

Il punto, la grande domanda a cui proprio non riesco rispondere, è questa: ma se la sinistra del Pd e Sel avevano un candidato già pronto, già in corsa, già conosciuto più della Balzani; perché hanno invece deciso di ribaltare tutto e spaccare il campo?

Il candidato giusto era già lì. All’inizio si poteva avere qualche dubbio, ma a furia di vedere Francesca Balzani tentennare in tv, non ci si può che chiedere: “Ma che diamine avete combinato? Perché?!”.

Da come era stata presentata, sembrava che Balzani fosse un nuovo Pisapia. Ma che dico: un nuovo Kennedy. In alcuni momenti ho avuto invece l’impressione di trovarmi davanti la zia acida che a Natale ti fa il regalo più brutto di tutti. Ora, è sicuramente vero che la Balzani ha fatto un ottimo lavoro con il bilancio, ma per questo, appunto, basta avere un ottimo assessore al Bilancio. Per fare il sindaco serve di più, serve una caratura politica.

Che cavolo avete combinato? Ho sempre votato seguendo il principio di opportunità, seguendo il meno peggio pur di puntare alla vittoria. Ma questa volta farò un’eccezione. E che succeda quel che deve succedere.

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CAT: Milano

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