La musica bisestile. Giorno 306. Alan Stivell

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4 Febbraio 2019

Asterix ha anche una sua musica ed una sua lingua, ed Alan Stivell è l’Assurancetourix della tradizione musicale di tutti i villaggi gallici della Bretagna moderna

CHEMINS DE TERRE

 

Non solo in America, ma anche in Europa, agli inizi del 1967 esplose la moda della musica etnica, che era collegata ad una delle richieste del movimento studentesco francese, poi ripresa in tutto l’Occidente, di costruire un futuro più vicino al proletariato studiando seriamente la musica popolaresca – ovvero la musica tramandata per tradizione soprattutto orale, riconoscibile regionalmente non solo per le melodie, ma anche e specialmente per gli strumenti particolari. In quegli anni, anche in Italia, un movimento culturale di sinistra, guidato da Diego Carpitella, era riuscito ad ottenere i fondi necessari per ottenere un immenso lavoro di trascrizione e registrazione delle musiche etniche regionali, collegata alla nascita della cattedra di etnomusicologia in tutte le maggiori università italiane.

“Chemins de terre”, 1973

Carpitella ha insegnato, fino alla pensione, a Roma, ed io ho avuto la fortuna di seguire il suo corso e dare uno dei soli due esami che io abbia dato in Italia proprio con lui, personalmente, un esame incentrato su un bellissimo corso sulla musica sarda. Seguendo il suo corso, da altri studenti ho appreso dell’esistenza di tutta questa musica etnica (così ho scoperto l’esistenza del canadese Bruce Cockburn) ed imparai che uno dei principali eroi europei fosse il cantautore bretone Alan Stivell, che avevo già casualmente incontrato lavorando come fonico a Radio Spazio.

Allora, la sua musica mi sembrava noiosa fino alla catalessi, ma negli anni successivi, soprattutto dopo che Peter Gabriel aveva investito tanto nella musica etnica con la sua Rare Earth e mi era capitato di vedere dal vivo Dead Can Dance, ho cambiato opinione. Non è vero che da ragazzi si è musicalmente più aperti, è vero il contrario. La battaglia di Alan Stivell, poi, che era già stata iniziata da suo padre, aveva come scopo il sostegno alla sopravvivenza della lingua e cultura bretone in generale – una cultura ed una lingua ancora più in pericolo oggi di quanto lo fossero allora. L’uso delle cornamuse, delle arpe celtiche, di diversi altri strumenti tipici della musica celtica, che ancora oggi conosce grande successo e diffusione in Irlanda, aveva allora il senso di una battaglia di retroguardia in difesa delle proprie radici, e contemporaneamente di una battaglia di assoluta avanguardia, che affermava (giustamente) che il nuovo debba nascere dallo sviluppo vitale delle tradizioni, e che ogni singolo abitante della futura Europa abbia il diritto di avere un nido dal quale è nato e nel quale possa tornare.

In Italia i musicisti etnici avevano la vita più facile, e gruppi come la Nuova Compagnia di Canto Popolare, oppure la stessa Gabriella Ferri, hanno tenuto viva e vitale la tradizione. Ancora oggi, le majors discografiche investono tantissimi soldi nella pizzica pugliese ed in tantissime tendenze regionali, che col tempo si sono evolute, si sono mischiate, si sono rinnovate ed hanno trovato una grandissima forza culturale, diventando patrimonio delle giovani generazioni, senza che queste nemmeno si accorgessero del valore culturale di questa scelta. Per Alan Stivell le cose erano diverse, era considerato un tipo esotico, e se è riuscito a vivere bene è perché in Canada e negli Stati Uniti ha trovato un mercato che in Nord Europa non esiste e che laggiù confina con il movimento new age. Qui da noi è soprattutto famoso per aver riscoperto la ballata tradizionale irlandese “She moved through the fair”, che poi i Simple Minds hanno usato per costruirci sopra il loro più grande successo, “Belfast Child”. Naturalmente, Alan non ha guadagnato un solo centesimo, venne solo invitato, di tanto in tanto, a salire sul palco con la pop band di Jim Kerr.

 

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CAT: Musica

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