La musica bisestile. Giorno 356. A-ha

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1 Marzo 2019

Dalle tenebre degli anni 80 emergono pochissime grandi luci, come questa band norvegese, che ancora oggi è tra le migliori indie rock band del mondo

HUNTING HIGH AND LOW

 

Credo che la maggior parte di voi consideri questa band come un esempio del pop più retrivo, una band che ebbe successo per un paio di motivetti azzeccati ed i bei visini dei suoi componenti. Tutto vero. Ma ancora oggi, a 40 anni da quando hanno iniziato, Paul Waktaar e compagni hanno percorso un lungo viaggio dal synthpop all’indie rock più complesso ed avanzato, registrando, negli anni, dischi simili (perché gli A-ha hanno un sound loro, proprio, estremamente riconoscibile) ma nei quali si segue benissimo lo sviluppo, la ricerca, il cambiamento, la maturità. Quando hanno iniziato, la loro seconda tastiera (come nei Depeche Mode) serviva a sostituire basso e batteria.

“Hunting high and low”, 1985

Negli anni, i tre chitarristi, che hanno progressivamente imparato ad usare diverse tastiere, ma anche diverse chitarre, hanno imparato ad usare suoni nuovi, a volte sorprendenti, ed arrivare al punto di avere vere e proprie orchestrazioni. Tre chitarre che suonano all’unisono, infatti, si annullano a vicenda (è una legge scientifica), ma tre chitarre che sono collegate a dei sistemi di sviluppo del suono, aggiunti a due tastiere (una per gli archi e i fiati, l’altra per i keyboards), una volta scelti due turnisti che suonino basso e batteria, creano i presupposti per la possibilità di creare, non solo in studio, ma anche dal vivo, un oceano di suoni, di armonie, di essere una vera e propria orchestra.

Un’orchestra sulla quale Morten Harket canta con un’estensione vocale di tre ottave, una voce davvero notevole. I tre ragazzi non hanno mai perso la testa, nonostante il fatto che siano una band che detiene diversi record – per esempio quello del concerto a pagamento con il maggior numero di spettatori, 198mila a Rio de Janeiro 1991. Sono impegnati politicamente, a favore di un’entrata della Norvegia nell’Unione Europea e per una serie di temi di ecologia, dalla pulizia del mare, ai gradi di temperatura globale, alla vita degli animali in estinzione, alla salvaguardia delle coste norvegesi minacciate dallo sfruttamento petrolifero, allo sterminio dei pesci, all’inquinamento delle falde acquifere.

Come molti degli artisti norvegesi che ho conosciuto, hanno matrimoni saldi, bellissime famiglie, nella vita quotidiana sono persone estremamente quiete, la cui occupazione preferita è aspettare il tramonto insieme a dei buoni amici, un bicchiere di vino, qualcosa da mangiare e tanti argomenti di cui chiacchierare. Dopo la pubblicazione di “Minor Earth Major Sky”, nel 2000, sette anni dopo l’album precedente, Morten disse in un’intervista: “Eravamo stanchi di questa vita parallela, ed avevamo anche bisogno di fare cose da soli, non sempre in tre. Avevamo bisogno di capire se fossimo noi a guidare la band, o la band a guidare noi”.

“Personalmente, mi sono accorto di una cosa: sono felice quando proviamo e, improvvisamente, scopriamo una nuova armonia. Sono felice quando ne parliamo. Nei primi anni, arrivati a quel punto la cosa ci veniva tolta di mano, ed era solo un lavoro. Non che non mi piaccia avere tanta gente ai concerti… e benedico i soldi che ho guadagnato. Ma oggi noi facciamo tutto fino in fondo, e quando abbiamo il disco in mano, quello è il NOSTRO disco, lo abbiamo fatto noi, ogni singola nota. Ci riuniamo con le nostre famiglie e discutiamo insieme sulla masterizzazione, se sia giusto cambiare qualcosa. È un lavoro fatto in allegria, senza pressioni, e la vita a 50 anni è diversa dalla vita a 20 anni, ora che i nostri bambini diventano grandi e scopriamo di essere fortunati perché siamo lenti, possiamo essere lenti, possiamo restare per sempre lenti”.

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CAT: Musica

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