La musica bisestile. Giorno 63. The Housemartins

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6 Ottobre 2018

NOW THAT’S WHAT I CALL QUITE GOOD

 

In realtà si erano già sciolti. Paul Heaton aveva aperto un pub a Salford e con Dave Hemingway aveva una nuova band, i Beautiful South. Norman Cook era divenuto Fatboy Slim, Stan Cullimore aveva appena pubblicato i primi cinque dei suoi oltre 100 libretti per bambini, ed insieme alla moglie aveva aperto un supermercato a Hull. Se mai è esistita una band di nerds, quella erano gli Housemartins, figli di una cittadina (Hull) con enorme rilevanza storica e commerciale, una sorta di museo abitato, in cui la sera avveniva poco o nulla.

“Now that’s what I call quite good”, 1988

Il messaggio era strampalato: testi apertamente marxisti, accompagnati da un’enorme fede cristiana (che solo dopo un po’ ti accorgi che sono una presa per i fondelli) ed un atteggiamento che ricorda molto la truppa di ragazzi che saranno protagonisti di “American Graffiti”. Nessuna voglia di popstar status, tanta voglia di adolescenzialismo ilare e sbertuccione, riassunti dalla famosa frase di Paul Heaton “solo i bambini sono veri comunisti, non appena crescono vengono corrotti, a meno che non abbiano abbastanza birra in corpo per restare per sempre bambini. E marxisti”.

Sinceramente, dopo “Caravan of Love”, non avevo nessuna voglia di prenderli sul serio, ma poi mi capitò di vederli dal vivo, e ne fui estasiato: la hit mondiale venne annichilita in una versione demenziale, ed in primo piano c’erano altre canzoni, molte delle quali finite in questo doppio album celebrativo, realizzato dopo che per anni la band aveva pubblicato quasi solo EPs. Nel Regno Unito degli ultimi anni del dominio di Margaret Thatcher, la cultura di sinistra inglese era divenuta follia, rifiuto non violento, radicalizzazione del sarcasmo, fuga dalla realtà. Per questo amo costoro ed altre band analoghe di quegli anni, anche se gli Housemartins, con questo disco testamentario, produssero un’insuperata pietra miliare.

Margaret Thatcher restò al potere solo due anni, dopo che loro avevano smesso, e Sven aveva detto: “vivere in Inghilterra è divenuto penoso, triste, sconfortante. Gli esempi di donna forte che abbiamo di fronte ci fanno sperare di trovare giovani scapestrate, folli e senza nessuna speranza, esattamente come noi”. Ma amo il loro stupidismo fondamentalista, che mi ricorda i Monty Phyton, ed i pomeriggi di sole e pioggia (così è Zurigo) in cui ballavo da solo per strada e mi sentivo incommensurabilmente, infelice, prigioniero e follemente allegro.

 

 

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CAT: Musica

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