Il referendum in mano agli indecisi

6 Settembre 2020

Il risultato del referendum sembra ormai acquisito, sulla base dei più recenti sondaggi pubblicati, con la vittoria del Sì, con l’approvazione quindi della riforma che riduce la rappresentanza parlamentare a 400 deputati e 200 senatori. Il vantaggio di coloro che sono favorevoli a questa legge costituzionale si aggira sui 30-40 punti percentuali, computando unicamente chi già esprime un’opinione in materia.
Le speranze per i fautori del No risiedono in due fattori. Il primo è ovviamente quello di riuscire a far cambiare idea a chi è favorevole al taglio; un’impresa sicuramente ardua poiché si tratta di convincere coloro che già hanno scelto di mutare drasticamente la propria opinione, in favore di quella contraria. Il secondo, certo molto più semplice, è quello di portare dalla loro parte gli attuali incerti, convincendoli della bontà e delle ragioni per cui sia meglio restare con l’attuale numerosità parlamentare evitando, così viene argomentato, una eccessiva sotto-rappresentanza sia delle forze politiche minoritarie che dei territori meno popolosi.
Come ben si comprende, la prima azione “vale doppio”, perché fa diminuire la quota di Sì ed aumentare contemporaneamente quella dei No: basterebbe quindi convincere poco più del 15% dei favorevoli per ristabilire un potenziale pareggio. Più produttiva per il risultato finale ma, come si diceva, anche più difficoltosa da effettuare.
La seconda è al contrario più semplice ma meno efficiente, dato che fa incrementare i No senza intaccare il tesoretto dei Sì. Sulla base delle ultime rilevazioni demoscopiche, la quota dei “non so” sul voto referendario si situa intorno al 20% della popolazione elettorale, una percentuale attualmente non sufficiente – da sola – per ribaltare il risultato finale. Per ribaltarlo realmente, occorre che tutti gli incerti vadano verso il No e che almeno il 5% degli attuali convinti per il Sì passino al partito del No, o quanto meno si astengano.
Ma chi sono coloro che ancora non hanno preso posizione sul referendum? Qui iniziano le prime difficoltà per i “conservatori” dell’odierno parlamento, perché la quota di elettorato che si dichiara incerto ha molte caratteristiche più simili ai favorevoli al taglio che a quelli contrari. Sono principalmente soggetti con un livello di scolarizzazione medio-basso, facenti parte di quell’area “grigia” del non-voto, che non sanno dove collocarsi politicamente, nella classica dimensione destra-sinistra, con un tiepido afflato religioso, residenti nelle aree meridionali del paese, operai non qualificati e casalinghe.
Gli unici elementi positivi per il partito del No sono quelli generazionali e abitativi: molti degli incerti sono infatti giovani e vivono nelle città più popolose, sono quindi maggiormente esposti a livelli di informazione e di interazione sociale più elevati, rispetto agli altri. Per poter vincere, i fautori del No dovrebbero quindi allertarsi per una decisa campagna comunicativa mirata a convincere questi soggetti.
Non facile, ma nemmeno impossibile.

Università degli Studi di Milano

TAG: incerti, Referendum costituzionale
CAT: Partiti e politici

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