L’infausto destino del Pd

15 Aprile 2018

Qualsiasi cosa faccia, sbaglia, in un senso o nell’altro: questo è l’infelice destino del Partito Democratico, alle prese da una parte con i problemi del paese e, dall’altra, con i propri problemi interni. Ecco perché. Le difficoltà, che paiono a volte insormontabili, nella costruzione di un governo che abbia un senso prospettico, non limitato cioè ad una mera breve sopravvivenza, passano attraverso un arduo percorso di accordo tra i due vincitori delle elezioni: M5s e Lega.

Un accordo che, sebbene a volte sembri possibile, non converrebbe a nessuna delle due parti. Entrambe le forze politiche avrebbero infatti maggior interesse a replicare, nel giro di qualche mese, una competizione elettorale che, se cambiasse la legge con l’introduzione di un premio di maggioranza, li vedrebbe in pole-position per vincere le elezioni ed essere in grado di governare senza aiuti esterni. Un governo M5s-Lega, oltre a risultare incerto sul programma comune che dovrebbero adottare, salvo poche riforme su cui si trovano d’accordo, avrebbe un effetto negativo quasi sicuro su una fetta considerevole del loro elettorato.

Quello pentastellato perché dovrebbe sopportare, dopo tanti proclami di autonomia, la coabitazione con un partito non molto gradito da alcune delle sue anime originarie; quello leghista perché, dopo aver primeggiato nell’area di centro-destra sradicando l’egemonia di Berlusconi, si vedrebbe relegato in una posizione di supporto, di sparring-partner, subalterna ai più numerosi parlamentari del Movimento 5 stelle.

Se un governo di questo tipo è dunque di difficile realizzazione, l’unica alternativa che rimane al Presidente Mattarella potrebbe essere quella di chiedere aiuto al Pd, nella formazione di un esecutivo credibile per il paese. Pur con il valore aggiunto di dimostrare un alto senso di responsabilità, nei confronti dell’Italia, la richiesta comporterebbe alla fine un destino esiziale per lo stesso Partito Democratico.

Se accettasse, si troverebbe nella medesima posizione della Lega, in una situazione cioè di chiara subalternità rispetto ai 5 stelle, che avrebbero buon gioco nell’indicare nel Pd, qualora non fosse d’accordo con determinate scelte legislative, il partito che non permette il rinnovamento tanto promesso e auspicato. Diventerebbe una sorta di capro espiatorio di tutto ciò che non funziona, senza avere molte possibilità di azioni di governo autonome.

Se non accettasse, verrebbe additato dagli stessi pentastellati e da buona parte dell’opinione pubblica come quella forza politica che non ha a cuore i destini del paese, in un momento in cui la formazione di un esecutivo appare cruciale per molti aspetti economici e occupazionali, oltre che nei rapporti con l’Europa. E se infine si andasse incontro a nuove elezioni entro qualche mese, vista l’impossibilità di formare un governo stabile, i consensi per il Pd molto probabilmente diminuirebbero ancora, non avendo avuto il tempo necessario per una sua rifondazione, dopo la delusione provocata nell’elettorato italiano dalla gestione Renzi.

Un destino amaro, per l’ultimo partito. Senza via d’uscita.

TAG: lega, m5s, Pd
CAT: Partiti e politici

2 Commenti

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  1. beniamino-tiburzio 6 anni fa

    Vistosa miopia storica di Paolo Natale. Cos’è l’attuale PD ? Cos’è stata la Bolognina per il P.C.I. ? L’ignavia degli elettori italiani e della cosiddetta intellighenzia ha permesso che per circa trent’anni si perpetuasse in Italia una sciagura immane, che nessun’altro Paese ha mai sopportato. Dopo la caduta del muro di Berlino e lo sfaldamento della Unione Sovietica solo in Italia è sopravvissuta l’ideologia comunista, pur criptata con il P.D.S. e il P.D. alleatisi con i profughi democristiani di Margherita e Ulivo. Questi ultimi necessari al punto di dover prestare un uomo di paglia ai sopravvissuti. Ingrao, Cossutta, Bersani, D’ Alema, Veltroni, persino Napolitano ( che addiruttura perdura ), erano usciti dalla scuola politica di Gedda, della Coldiretti, o da quella fucina di grandi menti della scuola politica delle Frattocchie. Il P.C.I. ha fornito alla Repubblica persino il Capo dello Stato, individualdolo nel ” migliorista ” membro del Comitato Centrale del Partito, che nel 1956 e nel 1968 approvò il ritorno dei carri armati sovietici a Budapest e Praga. Gli attuali nemici giurati del Boy Scout di Firenze, invece, al quale tutto si rimprovera, a torto o a ragione ( del quale nulla a me cale ), dovrebbe essere destinatario della massima riconoscenza da parte degli italiani. Questi non hanno capito che la rottamazione ha liberato il Paese dai sopravvissuti usurpatori, e dai profughi. I nodi vengono sempre al pettine e ciò che si sarebbe dovuto fare trent’anni fa con parto eutocico, dovrà essere fatto oggi con parto cesareo. Antonio Natale, altro che ” destino amaro, per l’ultimo partito. ” La seconda Repubblica deve ancora nascere.

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  2. dionysos41 6 anni fa

    Mi dispiace, Beniamino, ma visione miope, se mai, mi sembra la sua. La sinistra italiana ha commesso, come le altre europee, moltissimi errori. Ma ancora maggiori sono stati quelli del blocco conservatore, compresa la inossidabile resistenza a riforme profonde, che non intaccassero privilegi raggiunti, e non solo dagli imprenditori. Il panorama italiano non è poi tanto diverso da quello europeo. E in ogni caso se qualcosa si può rimproverare agli eredi del PCI è proprio avere abbandonato una scuola di formazione sindacale e politica. E quindi il contatto con la base elettorale. Accusare invece quella scuola, come lei fa, dei disastri di oggi è solo sintomi di un persistente e sterile anticomunismo e, forse, più profondamente, una repulsione, in Italia endemica, per qualunque posizione di sinistra. Uno dei motivi di successo del M5S è proprio sbandierare un’illusoria fine della diversità tra una destra e una sinistra. La differenza c’è, ma non ideologica: reale, economica, politica. Vedo arrivare tempi molto bui.

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