Dalla parte delle bambine (magari 365 giorni all’anno)

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12 Ottobre 2015

Ieri, 11 ottobre, è stata la “Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze”. Purtroppo, tranne rare eccezioni, non molti media italiani hanno prestato particolare attenzione alla “ricorrenza”, introdotta alcuni fa dalle Nazioni Unite. A differenza di quelli in lingua inglese, soprattutto americani. Per verificare, provate a digitare nella stringa di Google news le due versioni, in italiano e in inglese (“Giornata delle bambine” e “Day of the child girl”) e avrete la misura.

Nel nostro piccolo abbiamo cercato di sopperire a questa mancanza. Non ci si può indignare quando gli estremisti islamici fanno esplodere cinque bambine in un mercato, usandole come ordigni umani, e fare finta che nei restanti 364 giorni dell’anno la condizione delle bambine nel mondo sia un problema che non ci riguarda.

Per avere una visione complessiva della situazione in cui vivono i bambini del mondo ci viene in aiuto il WeWorld Index 2015, il primo rapporto sulla condizione di bambine, bambini, adolescenti e donne nel mondo realizzato da WeWorld Onlus, organizzazione no profit che opera in Italia e nel Sud del Mondo per la tutela dei diritti di donne e bambini.
34 indicatori, 167 nazioni, 1 indice sintetico per misurare il valore dell’inclusione, partendo da donne e bambini che rappresentano il 70% della popolazione mondiale ma ancora oggi sono le categorie sociali più a rischio di esclusione, WeWorld Index 2015 presta una specifica attenzione al benessere di bambine, bambini, adolescenti e donne, partendo dall’assunto che il progresso di una società dovrebbe essere misurato non solo attraverso indicatori economici, ma anche analizzando le condizioni di vita dei soggetti più deboli o comunque più a rischio di esclusione.

Un aspetto innovativo del lavoro è che Il WeWorld Index, nel 2015 alla sua prima edizione, si concentra sul forte nesso tra diritti dell’infanzia e parità di genere. Il rapporto considera l’interdipendenza tra donne e bambini, valutandone congiuntamente alcune condizioni di vita con specifici indicatori, che riguardano entrambe le categorie.
Il destino di donne e bambini, è l’assunto della ricerca, è innegabilmente correlato: il benessere dei bambini dipende strettamente dal benessere di chi se ne prende cura. Migliorare la condizione delle donne, quindi, rappresenta anche un primo passo per contrastare la povertà di bambini, bambine e adolescenti. Migliorando la condizione dei bambini, in particolare delle bambine, si creano le premesse per una migliore inclusione delle donne.
Abbiamo estrapolato i dati del WeWorld Index 2015 relativamente ad alcuni indicatori.

(Il rapporto completo è scaricabile a questo link)

MORTALITA’ INFANTILE

Di mortalità infantile continuano a morire milioni di bambini. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stima che nel 2013 6,3 milioni di bambine/i sotto i 5 anni abbiano perso la vita, circa 17.000 al giorno. Una delle cause di morte più diffusa è la denutrizione, a sua volta legata alla povertà delle famiglie, alle loro condizioni economiche, abitative, sociali e culturali. Le donne e le mamme hanno un ruolo fondamentale nella salute di bambine/i. Una donna poco istruita, che non ha accesso a servizi sanitari e a cibo di qualità ha meno possibilità di prendersi cura delle/dei figlie/i e di crescerle/i in maniera adeguata..
I Paesi in cui vi sono i più bassi tassi di mortalità infantile sono quelli del Nord Europa, seguiti dal Giappone e Singapore. Estonia e Slovenia hanno fatto notevoli progressi nella riduzione della mortalità infantile, che è passata dal 20‰ del 1990 al 3,40‰ del 2013 in Estonia, e dal 10,4‰ al 2,90‰ in Slovenia.

Nonostante il continente africano stia facendo progressi nella riduzione della mortalità infantile i Paesi che hanno i tassi di mortalità più elevati al mondo fanno tutti parte dell’Africa Sub-Sahariana, dove in media 1 bambino/a su 11 muore prima dei 5 anni. Le cause principali sono: complicanze durante il parto o neonatali, polmonite, dissenteria e malaria, che a loro volta sono collegate alla denutrizione. Molte di queste malattie possono essere prevenute con vaccini, zanzariere e semplici misure igienico-sanitarie e nutrizionali che purtroppo sono spesso ignorate o non possono essere implementate per le scarse risorse economiche, culturali e sociali.

In alcuni Paesi asiatici le bambine muoiono più frequentemente dei bambini. Questo non dipende da una supposta maggiore debolezza di salute delle bambine rispetto ai bambini (anzi, in condizioni normali i bambini hanno un tasso di mortalità più alto del 20% rispetto a quello delle bambine), ma da diffusi stereotipi e discriminazioni di genere. Le bambine sono spesso indesiderate dalle famiglie, perché considerate un fardello economico. Vengono quindi deliberatamente trascurate, malnutrite e non sottoposte alle cure necessarie. Nel peggiore dei casi vengono uccise appena nate. Tra i Paesi con il tasso di mortalità femminile più alto di quello maschile troviamo Cina, India, Nepal e Afghanistan. Nella sola Cina il tasso di mortalità delle bambine è più alto del 29% di quello dei bambini, in India del 12%33.
In Italia, se non consideriamo le differenze regionali, l’assistenza sanitaria è abbastanza buona e si posiziona all’11° posto assieme a Cipro e alla Repubblica Ceca. I Paesi che la precedono in classifica sono l’Estonia (9° posto) e la Danimarca (10° posto), quelli che la seguono sono la Corea del Sud, l’Irlanda e il Portogallo.

Mortalità infantile, gli ultimi Paesi in classifica:
Niger
Nigeria
Congo
Mali
Guinea-Bissau
Repubblica Centrafricana
Somalia
Ciad
Sierra Leone
Angola

MALNUTRIZIONE

La malnutrizione non va confusa con la denutrizione. La malnutrizione è uno squilibrio – una carenza o un eccesso – prolungato nel tempo, nell’apporto di nutrienti e altri fattori necessari per una vita sana. La malnutrizione si può manifestare come denutrizione, cioè carenza di sostanze nutritive che portano all’incapacità di soddisfare le normali necessità dell’organismo e quindi al suo deperimento.
Nonostante i miglioramenti registrati dal 1990, nel mondo le bambine ed i bambini sottopeso (underweight) sono circa 99 milioni, di cui un terzo vive in Africa e due terzi in Asia.

Anche in Europa sono presenti problemi di malnutrizione, ma dovuti a un eccesso di peso. Sempre più spesso la popolazione dei Paesi sviluppati soffre di gravi patologie dovute al consumo eccessivo di cibo o a una dieta sbilanciata nei nutrienti. L’OMS afferma che in Europa il 40% dei/delle bambini/e in età scolare è sovrappeso e il 25% è obeso.
In Italia si stima che in media 1 bambino/a su 5 (di età compresa tra gli 8 e i 9 anni) è obeso.

L’ISTRUZIONE PRE-PRIMARIA

Nella maggior parte dei Paesi OCSE le/i bambine/i frequentano almeno per un certo periodo la scuola pre-primaria. In Francia e in Belgio l’istruzione pre-primaria è quasi universale, costituendo un presupposto per il successivo successo scolastico: ricevere un’educazione sin dalla prima infanzia ha un impatto positivo sulla qualità dell’educazione, sulle performances future e sull’intero percorso scolastico.

In molte aree del mondo le famiglie non sono in grado di mandare le/i figlie/i alla scuola pre- primaria, per molteplici motivi, tra cui la mancanza di strutture, la scarsa consapevolezza dell’importanza dell’istruzione, l’assenza di risorse (economiche, culturali, sociali) da parte delle famiglie, gli scarsi investimenti da parte dei governi nell’istruzione pre-primaria. Una parte dell’infanzia si vede negato il diritto all’istruzione, con il rischio di emarginazione economica, di sfruttamento e, per le bambine, di diventare madri troppo precocemente.

L’Italia occupa il 14° posto in classifica (con un tasso di iscrizione alla scuola dell’infanzia del 92,40%), dopo Cuba e Thailandia, seguita da Estonia, Slovenia e Paesi Bassi. Sebbene il tasso di partecipazione alla scuola pre-primaria in Italia sia tra i più alti tra quelli osservati nei Paesi OCSE (dove la media è del 70%), l’offerta di servizi per la prima infanzia è disomogenea sul territorio e l’offerta per la primissima infanzia è scarsa.

Istruzione pre-primaria/ I primi 10 Paesi
Francia
Belgio
Mauritius
Norvegia
Danimarca
Israele
Spagna
Malta
Islanda
Bielorussia

Istruzione pre-primaria/ Gli ultimi 10 Paesi
Burundi
Guinea-Bissau
Repubblica Democratica del Congo
Costa d’Avorio
Sud Sudan
Gibuti
Burkina Faso
Ciad
Yemen

L’ISTRUZIONE PRIMARIA

I progressi fatti nell’istruzione primaria sono rilevanti: dal 1999, nel mondo, il numero degli esclusi dal sistema educativo si è ridotto del 44%. Nonostante questo, l’opportunità di accedere al mondo della scuola è ancora preclusa ad un numero elevatissimo di bambini e bambine: 58 milioni e di questi 31 milioni sono bambine che vivono nelle regioni più povere del mondo.

Le bambine sono escluse dall’accesso all’istruzione per molteplici motivi: norme sociali e culturali che confinano il ruolo delle donne a quello di madri e mogli, e considerano la loro educazione inutile; discriminazioni di genere che avvengono anche nelle scuole, percepite come luoghi insicuri e pericolosi per le bambine, scarse risorse economiche e culturali da parte delle famiglie, che non possono permettersi di mandarle a scuola. Negare il diritto all’istruzione alle bambine ha conseguenze enormi nel breve e nel lungo periodo: bambine escluse da scuola rischiano di sposarsi presto e di diventare madri precocemente, sono meno protette dalla violenza e dalle malattie, dal rischio di sfruttamento lavorativo e sessuale. Le ripercussioni negative sulla salute, l’educazione e il benessere delle loro figlie alimentano un circolo vizioso con ripercussioni sulle future donne e lo sviluppo dei loro Paesi.

L’Italia si trova al 38° posto (con un tasso del 97,22%), preceduta da Mongolia e Algeria, seguita da Cambogia e Giordania. In Italia il fenomeno dell’abbandono scolastico è stato studiato nell’indagine di WeWorld Lost (2014). Benché nella scuola primaria l’abbandono sia limitato, ma con alcuni valori preoccupanti in alcune province meridionali, già nella scuola media (secondaria di primo grado) si manifestano fenomeni di abbandono che si accentuano nelle scuole superiori, posizionando l’Italia tra i Paesi europei in cui la dispersione scolastica è più grave.

Istruzione primaria/ I primi 10 Paesi
Giappone
Iran
Regno Unito
Spagna
Uruguay
Grecia
Svezia
Norvegia
Corea del Sud
Argentina

Istruzione primaria/ Gli ultimi 10 Paesi
Burkina Faso
Nigeria
Ciad
Niger
Costa d’Avorio
Guinea Eq.
Gibuti
Sud Sudan
Liberia
Eritrea

IL LAVORO MINORILE

Nel mondo 168 milioni di bambini e bambine lavorano. Sono l’11% dei bambini di tutto il mondo. Di questi, circa 85 milioni sono esposti a forme di lavoro rischiose (l’hazardous work, il lavoro che mette in pericolo il loro benessere fisico, mentale e morale), se non addirittura a forme di sfruttamento particolarmente gravi, come la schiavitù, lo sfruttamento sessuale, l’arruolamento come bambini soldato. Il Paese dove il lavoro minorile è più diffuso è la Somalia.

Lavoro minorile – I Paesi ultimi in classifica
Ciad 26,10
Burundi
Bolivia
Costa d’Avorio
Etiopia
Paraguay
Guinea Equatoriale
Guinea
Togo
Repubblica Centrafricana
Ruanda
Niger
Perù
Ghana
Nepal
Guinea Bissau
Burkina Faso
Zambia
Camerun
Somalia

LE MAMME BAMBINE

L’ OMS stima che nel mondo l’11% delle nascite avviene da adolescenti tra i 15 e i 19 anni d’età. La stragrande maggioranza di queste nascite avviene nei Paesi poveri, specie nelle comunità rurali, e in contesti famigliari poco istruiti, dove le gravidanze sono non volute e inaspettate. Ma ci sono anche casi in cui le giovani sono costrette a sposarsi presto e ad avere dei figli da adolescenti, come avviene in diverse zone dell’Asia Meridionale e dell’Africa Sub-Sahariana (Niger, Mali, Ciad).

Le gravidanze precoci sono strettamente collegate all’educazione: le giovani non istruite spesso non sanno come evitare di rimanere incinte, non conoscono i contraccettivi o sono restie ad usarli per ignoranza. La povertà a sua volta incide sulla possibilità di comprare contraccettivi e sull’accesso all’educazione sessuale. La mancata istruzione è anche una conseguenza delle gravidanze: le giovani che rimangono incinte spesso interrompono gli studi e non tornano più a scuola, con la conseguenza di non avere sufficienti risorse per trovare in futuro un lavoro. Anche i rischi per la salute non sono da sottovalutare: le madri adolescenti hanno una probabilità più elevata delle madri adulte di sperimentare complicanze durante la gravidanza, morire durante il parto, dare alla luce bambini prematuri o sottopeso, che a loro volta rischiano di morire nelle prime settimane di vita.

In Italia il fenomeno delle gravidanze precoci è poco diffuso: l’Italia è 7° in classifica e si posiziona molto meglio di altri Paesi europei (come la Gran Bretagna con un tasso del 26‰) e non europei (come gli Stati Uniti, dove il tasso è del 31‰).
Tuttavia, se si guarda ai contesti locali, emergono dati preoccupanti anche in Italia, segno di contesti socio culturali in cui le ragazze sono influenzate da modelli culturali che approvano le relazioni sentimentali precoci (già a 14 anni) e svalutano l’autodeterminazione della donna. Prendendo in considerazione il quartiere di Scampia a Napoli, nel 2008, il 91‰ del totale delle nascite era da madri sotto i 20 anni.

TAG: adolescenti, bambine, Bambini, WeWorld Index 2015
CAT: Questioni di genere

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