Una modesta proposta

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11 Luglio 2019

Perché sento il bisogno di difendere dei valori che a molti potranno sembrare ovvii? Credo che la mia prima spinta venga da una mia ipersensibilità o allergia: mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile. (pag. 57 di Italo Calvino, 1988, Esattezza, in Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano Garzanti).

 

Vorrei fondare un nuovo movimento. Il Proto Antiquismo. Oltre l’antico, non proprio l’età della pietra ma almeno quella del bronzo. Le facce di bronzo che oggi appaiono anche quando non vuoi, si confonderebbero col metallo e sarebbero forse meno evidenti. Basta colla modernità, anzi colla postmodernità. Forse postpostmodernità perché il postmoderno ormai è già démodé. Torniamo all’Età dell’Oro. Che forse coll’età del bronzo può entrare in conflitto, ma tant’è. Non ho più voglia di vedere gli utensili della modernità usati in questa maniera vile e sciatta, meglio niente, meglio quasi la scrittura cuneiforme. Anzi, mi iscriverò a un corso di cuneiforme alla Scuola Radio Elettra. Magari poi mi specializzerò in qualche università che ne preveda i corsi e vi sorprenderò tutti. Non ne posso più di tweet e di hashtag (che per un musicista come me continua a essere un diesis, e non capisco cosa cazzo alteri se lo fai seguire da qualsiasi parola, anche composta), di chiocciole e di emoticon che non esprimono nulla se non caricaturali facce in lacrime o sbellicantesi, o strizzanti occhiolini maliziosamente colla lingua di fuori, o tre gocce (d’acqua, sudore, di un drink, di… (censura) ). Una lingua postpostmodernissima e fatta di segnacci con parole incompiute (volutamente) e rimescolate ha sostituito l’eleganza delle lingue canoniche che, da Babele in poi, tanto tempo hanno richiesto per svilupparsi e poi essere bene imparate a scuola, perché ci insegnavano che se non si sapeva scrivere e leggere bene non si sarebbe potuto comunicare nella vita.

Balle. Oggi tutti comunicano (certo, è da verificare il contenuto delle comunicazioni) come vogliono, nella massima libertà espressiva, cosa sono le regole grammaticali (meglio dire drammaticali…), archeologia, roba da matusa. E tra un hashtag e l’altro si mettono generosamente a disposizione del pubblico frasi sgrammaticate ma, peggio, comunicanti rabbie, rancori, odi. E qui il correttore automatico di Word mi rileva in rosso odii, perché non contempla il plurale di òdio come dovrebbe essere, figurarsi se lo scrivessi òdij! Anatema! Odi il chiasso della Crusca che si volge in segatura? Aspetta che provo con odî. Odî me lo prende, che strana cosa. Insomma un segnetto, il circonflesso, che qualcuno userebbe unicamente, rivoltato, da mettere sulle spalline di un allievo ufficiale o forse per indicare chissà che nella neolingua. Allora correggeremo “rabbie, rancori, odî”. Il circonflesso… forse un’indicazione per il ritorno al cuneiforme…

Ciò non cambia di una virgola i contenuti assenti dei messaggi taggati o hashtaggati o semplicemente spiaggiati su un’infinita spiaggia telematica, dove si confrontano i propri odî con quelli degli altri, come le rificolone, e l’è più bella la mia di quella della zia. Oggi supero il tuo odio con un mio odio che si è espanso maggiormente attraverso un hashtag più appropriato. E mi sento appagato. Anche se poi il mio odio ha fatto rider mezzo mondo per com’è scorretto.

Pensare, dormire, forse sognare? Sognare in cuneiforme. Voglio i sottotitoli in cuneiforme, non riesco più a sopportare dei sottotitoli con traduzioni malfatte o totalmente aliene, almeno il cuneiforme è enigmatico ai più, resterebbe il dubbio. Anziché la certezza del massacro di una lingua.

Il Proto Antiquismo potrebbe essere una reazione futurista, o pseudo tale, a quest’uso improprio della postpostmodernità che i personaggi più in vista compiono oggi disinvoltamente, più o meno consapevolmente. Non necessariamente proiettato nel futuro, perché abbiamo visto che per fare funzionare il futuro ci vogliono delle palle che gli attuali gestori del medesimo si sognano, ma comunque un progetto per il futuro. I più evidenti esponenti (pure indisponenti) della disfatta odierna, anche perché i più invadenti nei social, sono oggi i politici, chi l’avrebbe mai detto. Un tempo i politici si tenevano per sé le opinioni e mai si sarebbero sognati di rendere pubblico il loro primo pensiero mattutino, soprattutto se mal costruito e, peggio mi sento, mal espresso. O addentare una fetta di pane e nutella e renderlo un atto politico fondamentale. Sarebbe stato un harakiri. Immaginate un Andreotti che pubblica online il suo pranzo frugale della domenica come esempio da seguire. Aveva il pudore di tenerselo per sé, anche perché non interessava a nessuno. E non c’era la legge sulla privacy! Oggi invece che la legge c’è tutti la vogliono infrangere e chi le dice e scrive più grosse viene premiato, facebook e twitter sono i muri su cui ognuno può scrivere le proprie cazzate ed essere pure visto e preso in considerazione, dando quindi un corpo e una dignità alla cazzata che muta valore di lì a poco, divenendo verità. Oddio, per me resta sempre cazzata, ma non è facile competere con masse osannanti le sempre più invadenti e articolate olimpiadi delle cazzate. Difficile dire chi sia oggi il maggior indiziato perché tra gli esotici Trump e Macron e i nostrani S. (quello che cambia felpa e divisa appena percepisce forse un vago sentore del suo proprio acre e, immaginiamo, sgradevole sudore), D.M. (quello che non è di destra né di sinistra né di centro né di su né di giù, quello che “non è”), R. (il pinocchio del Valdarno in perpetua vena bugiardevole), M. (la star più pettinata della politica italiana: sotto i capelli niente), e chi più ne ha più ne metta, l’invasione dell’etere e il tempo sprecato per scrivere e leggere queste minchiate è veramente enorme. Se si mettessero in fila in corpo 11 tutte le espressioni (fatico a definirle tali), spesso anche sgrammaticate o con errori d’ortografia agghiaccianti, scritte dai politici, dagli attori, dalle olgettine, dai cuochi televisivi, dai loro ammiratori e sostenitori, di tutte le età e provenienze sociali, si potrebbe arrivare a Giove e oltre l’infinito. Col 5G si rischia grosso, tutto ciò potrebbe essere, se possibile, amplificato.

L’abisso idiomatico comunque presente nella vita quotidiana è pallida metafora dell’abisso reale in cui le nostre società si trovano senza rendersene conto. Perché c’è una corrispondenza del nulla, espresso con tante inutili parole straziate in quei messaggi, col nulla di fatto che i nostri politici credono di trasformare in qualcosa con quei versi disordinati e osceni. Nulla. Il NULLA. Il nulla mescolato col niente.

A conti fatti l’odio, espresso in quei dispacci telematici, che ha un notevole seguito e che viene nutrito da tanti piccoli e grandi odî, finora tenuti in una cassapanca in un angolo buio della casa e che hanno trovato il mezzo telematico per manifestarsi nuovamente e in grande stile, serve per cercare di riempire quel nulla. Invano, perché il nulla non si può riempire, in quanto non è. Non è il vuoto, che presuppone un recipiente e che quindi aspetta solamente di essere colmato, in tutto o in parte, a scelta del riempitore.

Il cuneiforme, si diceva. Intanto il cuneiforme necessita di una manualità che ormai è obsoleta, perfettamente in riga col Proto Antiquismo. Una lapide, uno scalpello e via, cunei a gogò. Oppure una lastra d’argilla ancora fresca e giù di punteruolo. Basta con hashtag e google translator. Cuneiforme per tutti. Si tradurranno tutte le grandi e meno grandi opere letterarie in cuneiforme. Persino una prefazione di Paola e Chiara ai sonetti di Shakespeare. Ciò necessiterà dell’opera di milioni di traduttori e di locali adibiti all’alloggiamento delle tavole. Anche questo sarà un beneficio collaterale del Proto Antiquismo, lavoro per tutti, dagli intellettuali ai manovali, dal catering – immaginiamo il menù in cuneiforme, fa così chic – per supportare gli esecutori di questa nuova smania edilizia al personale per la consultazione. Più tutto l’indotto, le visite dei parenti ai manovali, i negozi per gli operai, eccetera. Il consumo non mancherà.

Inoltre il cuneiforme non necessiterà di una lettura ad alta voce. Per cui pensate ai beneficii (anche questo me lo sottolinea in rosso, dannazione!) del silenzio, anziché questa cacofonia costante di voci sgraziate su immigrati, odio, stupratori, delinquenti, Carole, siuòcc, eccetera. Non se ne pole più.

Scrivetemi, stiliamo insieme il Manifesto del Proto Antiquismo. Riempiamo questo vuoto pneumatico e telematico e postpolitico. Al momento opportuno, e dopo opportuni studi, lo tradurremo opportunamente in cuneiforme.

 

© 2019 Massimo Crispi

 

TAG: cuneiforme, futuro, Hashtag, neolingua, passato, politica, postmoderno, presente, social network, twitter
CAT: Beni culturali, società

2 Commenti

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  1. dionysos41 5 anni fa

    Come provocazione è divertente. Come proposta lascia il tempo che trova. Da decenni sono in perenne sintonia, per non dire simbiosi, con l’insofferenza di Calvino per la diffusa sciatteria del linguaggio. Ma opporvisi è come vuotare il mare con una conchiglia. Allora? arrendersi? allargare le braccia? voltarsi dall’altra parte? Non lo so. Ma non penso che guardarsi indietro e costruirvi dentro ciò che vi si vede una nicchia, sia una difesa o un baluardo. Penso, piuttosto, che il passato dovrebbe stimolarci a programmare con più intelligenza il presente, prima di tutto, e poi il futuro. La natura non fa salti come una cattiva tragedia, scrive Aristotele. E nemmeno la storia. C’è una continuità anche dove ci appare uno strappo. Pensavamo estinti i dinosauri e invece ce li rivediamo continuare negli uccelli. Pensavamo affossata dalle nuove scienze e dalla tecnologia la filologia classica e a Harvard, negli ulttramoderni USA, la tesi di dottorato in lingue classiche si discute non in inglese ma in latino. Ecco, sono bastati alcuni monasteri a salvarci il mondo classico (che in realtà non era mai scomparso, eravamo solo noi supponenti e narcisistici figli dell’Occidente a pensarlo, ma dimentichiamo sempre che l’Impero Romano non è finito nel 475, a Roma, ma è durato fino al 1453, a Costantinopoli, e che l’Impero Ottomano non ne ha cancellato l’eredità. ma l’ha continuata, si pensi solo all’uso dei bagni pubblici, che nel “civile” Occidente non c’erano più e sono ritornati proprio per imitazione di quelli turchi, che poi non erano altro che la prosecuzione di quelli romani. Restasse pure uno solo, nel mondo, a leggere Omero in greco, Omero continuerà a ravvivare la nostra fantasia e la nostra intelligenza. Ma per fortuna non ce n’è uno solo, ce ne sono tanti. E anzi, nella terra in cui mi trovo adesso, la Grecia, c’è tutto un popolo che, da quasi tremila anni, lo legge ancora più o meno nella lingua in cui l’immenso poeta ha scritto i due poemi!. Εὔρεκα τὸν Χρόνον, ἤ μείζων τὸν Καιρόν.

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  2. massimo-crispi 5 anni fa

    Chi ha mai detto che i dinosauri sono scomparsi? Siamo circondati dai dinosauri: il papa, la regina d’Inghilterra e le monarchie europee, i (neo)fascisti, i creazionisti… gente che non ha idea di cosa sia un progetto di futuro. Forse non ha colto il paradosso o, probabilmente, era nascosto troppo bene.

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