Massimo
Crispi

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Come si può ricavare dall'avatar, Massimo Crispi è démodé. Un démodé alla moda, forse, o più probabilmente decide lui la sua moda del momento. Com'è démodé, in un mondo dove "oggi anche il cretino è specializzato", come notava Ennio Flaiano qualche anno fa, interessarsi a molteplici cose e provare a metterle insieme in una narrazione con [...] un senso, dimostrando che forse i punti di vista possono essere più di quanti si immaginino. Cosa c'è di più démodé? In questo suo mondo démodé Massimo Crispi si gode una gran pace, il rumore di fondo certamente c'è ma resta fuori. Scrittore, saggista, giornalista, cantante classico e meno classico, fotografo, giardiniere, cuoco e molte altre amenità che non risparmia a sé stesso né a coloro che ama (e che talvolta lo riamano), adora costruire ponti tra gli incontri che la vita gli pone sulla strada. Ed è un suo vezzo lasciare tracce, per chi voglia approfondire, naturalmente. Dalla Sicilia delle origini a Bologna, Venezia, Milano, Parigi, Barcellona, Firenze e ai mille posti dove hanno posato le sue sacre piante le sue narrazioni sono come le briciole di Pollicino. Chi vuol seguirle, le segua.

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Ultimi commenti

Pubblicato il 31/03/2024

in: Per salvare il sapere

Lei crede? Dal momento che io non li ravviso vorrei che mi spiegasse dove sta la volgarità, dove starebbe l'invidia e questo senso d'inferiorità, dove li ha letti, quanto meno. E, soprattutto, perché sarei stato scorretto nei confronti del prossimo. Lei ha scritto un articolo su Carrera evidenziando le sue parole: “Faccio girare qualunque remix [...] riesco a trovare. Ho imparato a tagliare, mischiare, graffiare, campionare e sequenziare. Imposto le frequenze, passo da una playlist all’altra in dissolvenza incrociata e ci faccio sopra qualche rap. Ma sia chiaro che non sto insegnando nulla, e lo so benissimo. Certamente nulla di come è stato insegnato a me. Sto facendo il dj della cultura”. C’è ovviamente un lato ironico. Io credo che questo metodo possa servire solamente a creare qualcosa di personale sicuramente ma che va al di là di trasmissione del sapere. È un mosaico, una ratatouille, si può chiamare come si vuole, può anche diventare un’opera d’arte, se si vuole, e magari anche pregevole, ma l’insegnamento e la trasmissione del sapere sono un’altra cosa. Non ho letto il libro ma dal suo articolo ne ricavo questo. Il sapere, ben distinto dalla cultura, secondo Carrera, secondo me può essere ugualmente cancellato perché, se non viene tramandato in una qualche maniera, che sia o no gerarchica o dogmatica, ma comunque sistematica perché senza un metodo, senza una griglia, non si riesce a mettere in ordine niente e si fa solo confusione, può succedere che si diano dei valori a cose che ne hanno altri in quanto andrebbero interpretati in un contesto anziché in un altro. Ed è esattamente ciò che avviene nell’indiscriminato politicamente corretto anglosassone, buttando via il bambino coll’acqua sporca. Potrà dare fastidio ma i Beatles non sono come Stockhausen così come Bob Dylan non è come Miles Davis né come Giuseppe Verdi né come Gigi D’Alessio. Ogni artista esprime qualcosa di diverso, sempre, ma il suo linguaggio è legato al suo tempo e alle sue esperienze. Che poi lo usi per mostrare altre vie interpretative del mondo, fa la grandezza dell’artista. A me Stockhausen, per esempio, dice ben poco, è una questione di linguaggio, non so a lei o a Carrera, così come non mi dice niente certa musica popolare. Anche quella è cultura, senza dubbio, e io non pretendo di cancellarla ma almeno la scelgo. E scegliere si può solamente se si conosce, quindi, in qualche maniera, questo “sapere” va insegnato e tramandato. Il non pretendere di insegnare niente a nessuno è, secondo me, una falsa modestia. Va bene la socratica consapevolezza di non sapere, ma è un passo successivo ed è anche un atteggiamento, spesso e volentieri. A volte, più che con saggezza, è usato con ipocrisia. Se ai giovani, o anche ai meno giovani che non hanno avuto un imprinting scolastico, per le ragioni più varie, non si danno gli strumenti per poi poter interpretare criticamente la realtà e le culture (una volta che se ne siano conosciuti, almeno, alcuni scampoli) proporre il dj della cultura è un’operazione molto più snob di Alberto Arbasino, che, almeno, poteva permetterselo perché era un pozzo di culture varie. Fare il dj della cultura, sebbene in forma ironica, equivale alle messe in scena di certi registi, in buona parte tedeschi perché hanno iniziato loro nel dopoguerra, che ambientano le opere in contesti totalmente alieni dai libretti originari, pur mantenendo un rigore filologico nell’esecuzione musicale. Io la chiamo schizofrenia perché si crea la frattura tra linguaggio del libretto e dell’opera, che sono comunque arcaici, e il lato visivo che sembra capitato lì per caso. Chi vede l’opera per la prima volta non ne capisce niente. L’ironia è una cosa che viene all’ultimo, altrimenti non si capisce perché qualcosa dovrebbe essere ironico se non si conosce l’originale, e la conoscenza avviene solamente attraverso una trasmissione metodica dei vari saperi. E non c’è niente da fare, uno può anche scendere dalla cattedra e porsi tutte le domande del mondo insieme agli allievi, ma solamente dopo aver dato loro i mezzi critici per poterle affrontare. Rendendosi conto che spiegare la complessità delle realtà richiede ragionamenti complessi e non superficiali. Ciò che è sufficiente “per passare all’azione, per vivere” non basta. E il lato gerarchico, comunque, resta. La straripanza di argomenti implica una visione complessa delle cose, e sono anche pochi gli argomenti che affronto, perché il tema è enormemente vasto. Se vuole le pongo altri argomenti ma credo che, da ciò che ha scritto, questi le siano bastati per stigmatizzarli già come straripanza. A cosa si riferisce con “gonfiume di volgarità”? E la dietrologia, dove l’ha vista? E il senso soffocante d’inferiorità… mah! Non so come e dove abbia percepito la mia invidia, per questo le chiedo. Io non invidio proprio nessuno, è un sentimento che non conosco. Però, dal momento che ha commentato in questo senso, vorrei delle spiegazioni per tutte queste qualità attribuitemi.

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Pubblicato il 30/03/2024

in: I SEGNI E GLI STRUMENTI DELLA PASSIONE

In tutto questo c’è, ovviamente, da tener presente la grafomania e la vena narrativa degli evangelisti, quelli accettati e quelli rifiutati a Nicea, che, tutti quanti, abbondano di invenzioni notevoli. Da non credente ma da studioso delle dottrine orientali, cosciente del frullato culturale che sono tutte quante e di quanto una abbia attinto dall’altra, dico che [...] questo messaggio di un presunto Gesù è un po’ fine a sé stesso, perché alla fine il risultato è “beati quelli che soffrono”. Francamente, se c’è il diclofenac che mi fa passare i dolori, preferisco prendere il diclofenac. Devo anche dire che le processioni che tanti turisti (molto più numerosi dei devoti) richiamano, da Siviglia a Trapani a Grassina, offrono delle rappresentazioni sadomasochistiche abbastanza inquietanti. Non so, spenderei meglio quei soldi e farei, forse, corone di spine di marzapane che lasciano un dolce ricordo in bocca.

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Pubblicato il 30/03/2024

in: Per salvare il sapere

Io credo che fare il dj della cultura sia un’operazione essenzialmente estetica, perché è come comporre un mosaico con pezzi raccattati qua e là, fuori dal contesto che ha generato l’opera intera. Provo a fare qualche esempio. Prendiamo il ritratto più famoso del mondo, la Gioconda di Leonardo, e applichiamo un tailleur di Coco Chanel, [...] dei colori fluo, uno sfondo delle Maldive o di grattacieli di Dubai da agenzia di viaggio. Oppure facciamo un mix della Traviata con West Side Story, Il gobbo di Notre Dame, la Vedova Allegra, il Paese dei Campanelli, La La Land, Dimmi che non vuoi morire, Ma mi ma mi ma mi, Core ’ngrato, Ciuri Ciuri, Sakura sakura, Quarantaquattro gatti, Mamma mia e così via. Oppure mettiamo insieme tutti i primi capitoli dei romanzi e delle novelle dal Settecento a oggi e facciamo il superromanzo, dove Lucia Mondella convive con Madame Bovary, Moll Flanders, la signora Ponza e la signora Frola, e così via, scambiandosi ruolo e formando il mix del futuro per “comunicare”. Rita Cirio aveva scritto “Dodici Cenerentole”, in un’esilarante carrellata di interpretazioni della favola secondo i drammaturghi da Eschilo a Beckett. Oppure mescoliamo le vicende storiche e facciamo incontrare, in questo mix, Giulio Cesare con Che Guevara o con Mao Tse Tung e facciamo finta che giochino a RisiKo, è un bel mix, non c’è che dire. Sono indubbiamente operazioni di remix estetico, un frullato di culture diverse che magari possono essere, a volte, tangenziali, ma cui prodest? Non comprendo bene dove vorrebbe andare a parare Carrera con questa sua dichiarazione. Se Umberto Eco e molti altri, prima e dopo di lui, hanno già fatto un “mix” di culture, ma con un criterio ben preciso che era quello postmoderno, il dj di Carrera arriva in ritardo, mi pare. Ma cosa potrebbero capire le persone che non conoscono gli originali dai cui i frammenti ricomposti sono tratti, nel mix del dj della cultura? Credo sia un’operazione sleale o quanto meno onanistica, che di comunicativo non possiede che l’esercizio estetico. Scendere dalla cattedra potrebbe essere un metodo, sicuramente, ma uno studente che non ha padronanza della materia, una qualsiasi, guarda al maestro come a una guida che possa fornirgli un alfabeto per poi interpretare. Se un ragazzo va a lezione di violino da un maestro, il maestro deve necessariamente insegnargli a fare le scale, gli arpeggi, le agilità, e così via; poi, l’allievo, una volta padrone della tecnica e degli stili, potrà scegliere se eseguire i capricci di Paganini o la musica country o spaccare il violino contro la statua di Fritz Kreisler in un corteo di protesta contro l’Accademia. Uno dei rischi di questa deriva a 360° è che poi i musei non servano più a nessuno, alimentando l’iconoclastia e quindi la scomparsa del sapere, io credo.

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Pubblicato il 28/03/2024

in: L’infinita crisi della sinistra europea

Io credo che il disastro dei partiti progressisti attuali abbia diverse origini, più o meno coeve e più o meno interconnesse, con variabili specifiche nelle situazioni culturali peculiari dei singoli stati. Per quanto riguarda l’Italia un grosso ostacolo per tutti è la presenza assai ingombrante della Chiesa e una legislazione che la protegge oltre ogni decenza, [...] con un concordato che sarebbe da annullare domani stesso una volta per tutte. Questa palla al piede colossale, che fa parte della storia profonda di questo paese, ha causato peraltro, ed è la cosa più grave, un’arretratezza culturale formidabile che oggi si ritrova solamente in alcuni paesi delle Americhe (USA inclusi), anche quelli spesso profondamente religiosi e ben più intolleranti. L’italiano medio, sebbene sia sempre più cinico e sempre meno credente, non si è ancora staccato da schemi cattolici di bene e male, di peccato, di perdono se c’è pentimento, e da tutto questo bagaglio immane di arretratezza magica, dove la superstizione la fa da padrona. E questo atteggiamento lassista, tanto poi c’è una Provvidenza e i cattivi finiranno all’inferno, costituisce un aspetto caratteriale e culturale fondamentale dell’italiano medio, secondo me. Anche per chi non crede, spesso. La contraddizione più evidente è nell’ipocrisia delle destre che agitano rosari o triadi stile diopatriaefamiglia mentre le politiche che perseguono sono assolutamente contrastanti, convergenti piuttosto a un nuovo comandamento “Odia il prossimo tuo come te stesso”. Perché tutti codesti italiani di destra, soprattutto gli elettori, odiano sé stessi (e gli altri), non capendo che il bene comune appartiene anche a loro e peggiorano il paese irresponsabilmente, distruggendo lo stato sociale o altre cose che funzionano per non costruire niente al suo posto. O forse costruire chimerici ponti succhiasoldi a vita, demolendo la giustizia, la sanità e la cosa più importante, che crea la società del futuro: l’istruzione. Questo delirio di onnipotenza delle destre è meno evidente nelle sinistre, quelle vere però, perché un altro che delirava di onnipotenza era Matteo Renzi, che nella sua piccolezza inversamente proporzionale alla sua presunzione ed arroganza, è stato poi punito dagli elettori. Ma, appunto, considerare Renzi uno di sinistra è ridicolo. L’assenza di intellettuali, veri, di “sinistra” (potremmo anche, se volessimo, archiviare questo vocabolo e scegliere “progressista” sebbene questo termine porti con sé il pericolo di quelle deviazioni che un certo “progresso” può portare), capaci di elaborare un pensiero che fosse sopra gli schemi, che lasciasse le religioni da parte una volta per tutte, capendo l’estrema complessità della società contemporanea, che, almeno per noi, si muove in un’Europa unificata burocraticamente ma non ancora cresciuta, che prima non c’era, è uno dei problemi più grossi. Anche un’apertura eccessiva verso religioni ancora più oscurantiste come l’islam è pericolosissimo. Ci stiamo lentamente allontanando dal cristianesimo e accogliamo l’Islam? È da pazzi. Lì la legge coincide colla religione e abbiamo visto come viene amministrata la legge nei paesi islamici. Non c’è nessun politico con un vero spessore, proprio nessuno. Possono forse essere un po’ più attrezzati di meningi nelle sinistre nostrane ma non è che ci sia qualcuno che spicchi come un gigante sui nani. I politici delle sinistre non sono in grado di coinvolgere le masse (che poi sono quelle che ormai non votano più) per opporsi con tutte le loro forze all’attuale sistema elettorale che non consente di portare in parlamento le persone che forse lo meriterebbero e che loro votano, sperando in un cambiamento. Se non c’è più questo non bisogna stupirsi della disaffezione al voto da parte di cittadini pensanti, per esempio. Ma non esiste solo questo. Dovrebbe succedere un macello in Parlamento a ogni cosa che dicono codesti guitti della destra che ci rappresentano e che stanno distruggendo tutto, anche quello che funziona. Invece c’è solo un borbottio di fondo che non porta a nulla, se non che sì, certo, siamo all’opposizione, ma alla fine che ce frega, siamo pagati e chi vuol opporsi lo faccia pure. Ma, tutto ciò, senza una vera programmazione, senza una vera convinzione, come se opporsi facesse parte di un gioco di ruolo e bona l’è. La percezione che il cittadino, sia quello che vota che quello che non vota, ha è questa ed è scoraggiante. I partiti non sono più capaci di comunicare colla gente perché non la conoscono, perché si rifiutano di confrontarsi colle realtà. Certamente la società è molto cambiata rispetto agli anni d’oro della sinistra in Italia. Oggi, i giovani, soprattutto, in maggioranza sono rimbambiti dalla tecnologia fine a sé stessa, senza contenuti, mentre una scuola sempre più blanda produce asini al quadrato, tranne poche isole felici, a macchia di leopardo e senza una vera strategia. Gli anziani sono ancora più disorientati dei giovani perché non riescono più ad avere fiducia nella politica, di destra e di sinistra, che li ha traditi mille e una volta. Di tanto in tanto, quando ci sono pagliacci più bravi di altri, come Berlusconi, per esempio, si divertono e lo seguono, senza rendersi conto che la realtà non è uno dei suoi varietà. I partiti di sinistra dovrebbero fare fuoco e fiamme per come è stata trattata la scuola in questi ultimi decenni, soprattutto dalle riforme Moratti e Gelmini. Ma se poi il ministro scelto doveva essere espresso nella Fedeli, o, peggio mi sento, in quell’altra delle cento stelle per cui la priorità erano li banchi colle rotelle si salvi chi può. Manca questo e molto altro. Come fare? Forse andando a ritroso e capire gli errori di percorso, sempre tenendo presente la velocità attuale che divora tutte le tappe, e quindi con una coscienza multiculturale e temporale assai impegnativa e cercare di elaborare dei pensieri che possano in qualche modo porre un argine all’ignoranza e alla visione magica della realtà. Ma questo salto evolutivo va fatto non solamente da una persona bensì da migliaia, centinaia di migliaia di cervelli, che vanno individuati con cura e fertilizzati, coccolati, mentre tutti gli orpelli consumistici vanno veramente messi in cantina come ciarpame da consegnare agli archeologi. Così come sono da buttar via la maggior parte dei libri pubblicati oggi, inutili masturbazioni di persone che non hanno nemmeno rispetto per ciò che significhi letteratura e saggistica. La banalizzazione di tutto è il nemico principale da combattere se si vuol realmente progredire. Le sinistre sono avvisate. È facile battere Giorgia, basta portarla sui campi che non conosce, ossia nulla. Magari anche in romanesco, rendendola ridicola agli occhi del mondo. Ci vorrebbe un Trilussa ancora più perfido.

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Pubblicato il 19/02/2024

in: L'incoerenza dei politici e quella dei loro elettori

È esattamente come lei scrive, perché l’elettore medio italiano è una pecora. Non ha un’opinione, vota secondo gli umori, segue la corrente principale e si lascia incantare dalle promesse, soprattutto economiche. Senza pensarci su tanto. Piove, governo ladro. Infatti è più interessante prendere in considerazione l’elettore che si rifiuta di votare, cosa che difficilmente i [...] politici fanno anche perché, proprio i nostri attuali politici, un po’ tutti, non sanno come sedurre quest’elettorato fantasma.

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