Perché Blu ha deciso di far del male a Bologna (e poteva risparmiarselo)
Blu, l’unico street artist italiano realmente noto a livello internazionale, sta cancellando le proprie opere dai muri della città di Bologna, come rappresaglia nei confronti di una mostra sulla street art (intitolata “Street Art: Banksy and co.”) che inaugurerà tra pochi giorni.
Gli organizzatori della mostra hanno diverse colpe. La più grave: hanno strappato dalla strada alcune opere di Blu, per esporle e “per salvarle dalla scomparsa”. La seconda: la mostra è finanziata da una fondazione bancaria (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna) ed è prodotta da Roversi Monaco, che rappresenta a pieno l’establishment.
Blu stesso sulla propria pagina Facebook dice
a bologna non c’è più blu
e non ci sarà più finchè i magnati magneranno
per ringraziamenti o lamentele sapete a chi rivolgervi
Moltissimi, da più parti, si sentono solidali con Blu.
Le persone per strada, che accorrono a vedere cosa sta succedendo.
I centri sociali che lo aiutano a cancellare, imbiancando di grigio le loro stesse sedi.
I giornalisti, per i quali è ovvio da che parte stare: FrizziFrizzi e Vice per esempio hanno preso posizione a favore di Blu.
Il collettivo Wu Ming, che ci regala uno strato di sovrastruttura ideologica e punta il dito verso la privatizzazione di quell’arte che è nata per essere e restare pubblica:
La mostra Street Art. Banksy & Co. è il simbolo di una concezione della città che va combattuta, basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi.
Certamente, l’operazione di Blu, violenta e autolesionista, serve a far riflettere e a generare dibattito: in tal senso, è già stata un successo assoluto.
In questo dibattito prendere le parti di Blu è facile ed è comodo.
Blu fa dei disegni bellissimi, enormi, che piacciono a tutti: è un po’ il nostro Banksy. Ha un linguaggio chiaro e trasparente che colpisce le masse. Le sue opere hanno sempre un senso politico. Il suo lavoro abbellisce la città, certamente: non è mica come quei brutti writer che scarabocchiano il loro nome ovunque in maniera incomprensibile.
Blu è “palatable”, è masticabile per tutti, per usare un termine con cui Dondi (un writer della New York degli anni 70) aveva apostrofato Keith Haring (un ragazzo bianco che, infiltrandosi nella scena graffiti, aveva scelto un linguaggio comprensibile e pop, riscuotendo un immediato successo commerciale).
A me l’operazione di Blu non convince del tutto e proverò a raccontarvi il mio punto di vista, sicuramente impopolare.
La street art, come i graffiti, è effimera ed è destinata a deteriorarsi, consumarsi, essere pasticciata, rovinata, scrostata e infine cancellata. E anche rubata, decontestualizzata e piazzata in un museo, come è successo in questo caso. Se scegli di dipingere per strada, questa è la conseguenza a cui devi essere pronto.
Se non vuoi che queste cose succedano, devi prendere una decisione a monte: non dipingere per strada.
Dipingere per strada è un atto forte, politico, di appropriazione del territorio.
Indirettamente, mette in dubbio il concetto stesso di proprietà privata e di spazio pubblico: la facciata esterna di un palazzo è spazio pubblico, quindi me ne approprio, la dipingo e la faccio mia, senza chiedere a nessuno.
In fondo, quello che hanno fatto i curatori della mostra Banksy & co. è identico: hanno messo le mani su un’opera d’arte pubblica e hanno deciso di appropriarsene. Senza rispettare nessuna regola.
Hanno decontestualizzato le opere di Blu. È meglio? È peggio? Dipende.
Blu contesta la mercificazione del proprio lavoro (“finchè i magnati magneranno”) e decide di far valere la propria Proprietà, cancellando tutto, riprendendosi quello che aveva donato alla collettività e che la città di Bologna dava per scontato.
L’effetto collaterale è che tutti ne parlano: Blu ne esce vincitore ed è diventato il vero protagonista della mostra. Attira l’attenzione e fa parlare di sé: ha ottenuto l’effetto desiderato.
In più, ha ricordato a tutto il mondo che esiste (quanto tempo era che non sentivamo parlare di Blu? edit: neanche una settimana, in realtà, dal suo ultimo pezzo a Napoli) e otterrà un’esposizione mediatica molto ampia. Hey, di colpo mi è venuta voglia di comprare una sua serigrafia.
Sì, perché Blu, seppure in modo ben controllato, si posiziona all’interno dello stesso mercato che vuole combattere. Vende serigrafie. Fa lavori su commissione. Partecipa ad alcune mostre. Qualcuno si ricorda la mostra al PAC di Milano (era il 2004), in cui Blu ha dipinto sulla parete esterna, raffigurando il mondo dell’arte come un gruppo di animali che pippano cocaina? So sweet. È come quando Madonna ha ringraziato così lo sponsor del suo concerto “Grazie produttore di birra, la tua birra è ottima, io la uso per fare il bidet!”.
Anche in questo caso, le decisioni andrebbero prese a monte. Si può scegliere di stare fuori dal mercato dell’arte e dal sistema economico. Una volta che si è dentro, non c’è vera differenza tra i soldi dei collezionisti che comprano delle serigrafie home-made e i soldi di una Grande Fondazione Bancaria.
D’altra parte, anche l’organizzazione della mostra ne esce vincitrice. Tutti stanno parlando dell’evento. Quella che, fino a pochi giorni fa, sarebbe stata l’ennesima mostra su un fenomeno di cui più nessuno vuole parlare è diventata un evento polarizzante, che genera dibattito e discussione.
I sostenitori di Blu non ci andranno (ma, comunque, forse non sarebbero andati a vedere per 13 euro quello che possono vedere gratis in strada). Gli adulti, gli anziani, i collezionisti, i critici d’arte ci andranno e ricorderanno l’evento come “la mostra che ha fatto cancellare a Blu tutte le sue opere”.
Si aggiunga il fatto che tutte le mostre sull’argomento, da sempre, sono nonsense. O chiedono agli artisti di dipingere “in vitro”, all’interno della sede espositiva, creando un pasticcio che non ha nulla a che fare con la street art, oppure espongono disegni e tele fatte dagli stessi artisti (anche qui, non la soluzione migliore).
La mostra bolognese tenta per la prima volta una terza soluzione (certo, strappa l’opera dal contesto, ma abbiamo visto di peggio).
I curatori vincono. Curare una mostra che si prefigge di storicizzare la street art (un apostrofo a piè di pagina nella storia dell’arte), già di per sè è un’attività un po’ sfigata. Dopo che l’ha già fatto Sgarbi, sfigatissima. Questo trucchetto dello strappo e la reazione scomposta di Blu elevano il loro lavoro a qualcosa di inedito e memorabile. Fossi in loro, cercherei di offrire una birra a Blu, per ringraziarlo.
I centri sociali si sono resi strumento di un paradosso. Sono andati in giro a cancellare dei disegni, rendendo la città più grigia per protesta e addirittura ricevendo delle denunce mentre lo stavano facendo. Un gesto idealmente bellissimo ma, in pratica, li rende identici ai cittadini dell’associazione anti-graffiti, che si organizzano per andare a cancellare i graffiti tutti insieme. LOL.
Da questa faccenda chi perde veramente è la città di Bologna. Che si sveglia senza opere di Blu, ed è una giornata triste.
Forse non abbastanza triste da organizzare una protesta vera (la street art non è essenziale. Se c’è, bene, altrimenti vivremo senza) – ma nulla è escluso. Aspettiamo il giorno dell’inaugurazione della mostra per dirlo.
Certamente, vedere un artista, un idolo per molti, che esercita un controllo sulla città in questo modo è a mio avviso preoccupante e spiacevole.
Mi spiace Blu: avrei preferito di no.
13 Commenti
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Non so, mi sembra un discorso un po’ forzato.
Blu e Roversi Monaco che ci vincono in visibilità? Non credo servisse a nessuno dei due.
La città di Bologna che ci perde? Come se tutti i bolognesi fossero davvero in grado di capire il patrimonio che avevano sui muri delle proprie strade. La loro vita di certo non cambierà, o quanto meno quella della stragrande maggioranza della popolazione.
Il paragone con gli anti-graffittari l’ho trovato infantile, o quanto meno una provocazione uscita male: non si può non tener conto delle motivazioni alla base di un gesto.
Il gesto di Blu è certamente politico e ogni tanto i gesti politici vanno fatti. Estremo, certo, così come estrema è sempre stata la street art.
L’idea che l’arte sia patrimonio di tutti rappresenta la street art stessa, e se questa diventa privata, se viene imposto un prezzo da pagare allora tanto vale che non esista.
Rimuovere le opere per preservarle? Per far sì che non vengano imbrattate o che si deteriorino col tempo? Credo che uno street artist tenga conto anche di questo e sappia da subito che prima o poi la sua opera non esisterà più. Si tratta di un’arte fatta per non durare, cambiare nel tempo, scomparire se necessario.
L’artista ha deciso che fosse necessario far scomparire le proprie opere e l’ha fatto. Chi siamo noi per giudicarlo?
ciao stefano, quella di blu è una provocazione (riuscita) e un atto ideologico. però, come effetto collaterale, danneggia tutti. il mio punto è questo.
Tu lavori nella comunicazione. Credi che prendere soldi da un piccola bottega artigiana o dal suo competitor produttore seriale che lo fa esclusivamente per il guadagno sia la stessa cosa mi chiedo con quale coerenza ti presenti davanti ai tuoi piccoli clienti sul territorio.
LOL
il tuo articolo è pessimo e poco onesto
Quello che non hai capito è che Blu non ha cancellato le sue opere, le ha finite.
Non ha fatto saltare il muro, non ha scrostato l’intonaco, lo ha dipinto.
Hai detto tu stesso che la natura di quest’arte è quella di essere soggetta ad agenti esterni che la rovinano, in ques
L’artista si riappropria della città. Facile
Che il curatore della mostra sia un idiota è evidente dal fatto che non sia andato subito a “preservare” (leggi arrubbarsi) proprio questi ultimi lavori, dimostrando di aver capito ben poco dietro il concetto che sta dietro alle opere che sta presentando.
Se per te che (da quanto lasci intendere) odi la street art coprire queste opere è stato tanto mostruoso da scriverci un articolo, pensa quanto l’artista ha sofferto dando il bianco su ore di lavoro, ore di preparazione, quello che lo ha reso famoso. E solo per dimostrare quanto coraggio nascondessero. Per me quei muri ora ritraggono coraggio abnegazione
Quello che non ho capito io è se poco preparato pagato emergere share e commenti o funghetti
LOL
Ovviamente ci si trova davanti ad un atto contrastante il cui valore è appannaggio di chi lo giudica nel bene o nel male, chi si sofferma sul male e chi sul bene.
Personalmente ritengo il gesto di Blu una sofferta, dolorosa, nobile opera d’arte.
Ritengo più valente il messaggio planetario che ha attuato piuttosto che il dispiacere personale di ritrovarmi tra grige mura.
Un saluto.
Josta.
Secondo me se c’é qualcuno che poteva risparmiarsi qualcosa é proprio chi ha scritto questo articolo, il suo tono altezzoso di chi ha già capito tutto e si permette quindi di giudicare (tra l’altro in modo contraddittorio e poco lineare) un messaggio artistico che manco ha capito. Secondo me il cancellare la propria arte é un messaggio forte, onesto e per nulla vanaglorioso come invece l’articolo suggerisce. Poi tutti quei paragoni blu-banche-mercificazione-mossa mediatica sono veramente fuori luogo, anche perché se c’é qualcuno che sfrutta la situazione per fare la voce fuori dal coro e sperare di passare per fine pensatore é lo scrittore dell’articolo. Art is Hard mica roba da fighetti hipster che piangono perché il muro é tornato grigio.
Creazione e distruzione sono atti estremi senza compromessi.
Concordo in pieno, soprattutto la sottileneatura del tono altezzoso di chi scrive, e le piccole provocazioni alla “libero” che rendono tutto l’articolo irritante.
Blu ha scelto un gesto violento, non sono mai stato contro la violenza per partito preso, ma solo a seconda dei casi. Poteva darsi per esempio al pacifismo e ridipingere gli stessi lavori negli stessi posti dai quali l’hanno strappati; avrebbe dato un messaggio forte su una parte della street art (l’arte deve rimanere in strada) e avrebbe svalutato quelle opere messe in vetrina.
Ha voluto dare fuoco a tutto, è comprensibile e degno di rispetto.
Scusi, dov’è finito il mio pensiero?
Trovato, non capisco perché non vedo il mio nome ma una ‘T’.
Ti leggo solo dopo 2 anni, ma voglio dirti, anche se non te ne fregherà nulla, che sei l’unico, o quasi, che ha trattato questo argomento secondo un punto di vista non convenzionale e pateticamente ideologico; c’è sempre speranza…