Sul pettegolezzo

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1 Febbraio 2024

Nei paesi dove tutti si conoscono possono essere oggetti di pettegolezzo la sposina procace o il parrucchiere gentile. In questi casi la maggioranza delle volte a fare delle chiacchere sono delle comari. Come ci ricorda Kapferer  “private della vita pubblica,  le comari rendono pubblica la vita privata”. È significativo il romanzo “Gli occhiali d’oro” di Bassani, in cui il protagonista, il dottor Fadigati, si suicida, dopo che la sua reputazione era stata infangata da voci insistenti sulla sua omosessualità. Per Eissler ci sono due costanti nella calunnia: 1) la calunnia per essere creduta deve essere audace. Heidegger in “Essere e tempo” scrive : “La totale infondatezza della chiacchera non è un impedimento ma un fattore determinante” 2) qualcosa resta pur sempre addosso: la calunnia provoca sempre effetti negativi duraturi per l’immagine sociale della persona diffamata.

I pettegolezzi sono delle costanti antropologiche. Primo Levi lo aveva capito quando scriveva: “Il pettegolezzo è una forza della natura umana. Chi ha obbedito alla natura trasmettendo un pettegolezzo, prova il sollievo esplosivo che accompagna il soddisfacimento di un bisogno primario”. L’antropologo Lévi Strauss lo ha dimostrato, analizzando una comunità degli indiani del Brasile. Osservò che anche in una comunità primitiva anziani e bambini commentavano particolari piccanti sulle coppie adolescenti, che di notte si appartavano nella boscaglia circostante. Secondo Allport e Postman la diceria non è altro che una deformazione grossolana dell’informazione iniziale, dovuta a tre processi: 1) appiattimento, ovvero la circolazione della diceria fa perdere i dettagli iniziali per arrivare alla fine a essere breve 2) accentuazione, cioè sugli aspetti più scabrosi c’è enfasi e addirittura esagerazione 3) assimilazione per rendere più accattivante la storia.

Come ci ricorda Mantovani ne “L’elogio del pettegolezzo” le dicerie propongono degli interrogativi morali, dei dilemmi etici. Non solo ma il pettegolezzo è anche una modalità efficace di controllo sociale per imporre delle norme a tutte le persone della comunità. Non tutti i pettegolezzi sono totalmente deleteri. La calunnia a ogni modo si rivela persecutoria: non lascia scampo, non dà tregua e  getta discredito sulla reputazione della vittima per un periodo prolungato. Esistono calunniatori patologici in ogni ambito: in ufficio, in officina, in negozio, al bar, dal barbiere. Talvolta viene usato il venticello della calunnia per affossare una persona antipatica o antagonista, ma possono essere delle vittime anche coloro che dicono verità scomode. Oggi la calunnia e la diffamazione aggravata diventano spesso cyberbullismo e revenge porn. Insomma purtroppo la calunnia/vendetta, nonostante l’inasprimento delle pene, corre su Internet. Ritornando al pettegolezzo è così bello giudicare senza pietà e con faciloneria gli altri. Questo è il motivo scatenante del pettegolezzo. Succede che giudichiamo gli altri in modo impietoso. Succede che siamo giudicati dagli altri senza pietà. Formalmente, ma solo formalmente la pietà viene data ai morti, ai moribondi, ai malati gravi. Capita a tutti. Siamo giudici e imputati. Siamo giudici condannati e imputati giudicanti. Il tribunale è quello della vita, di questa vita. Hai avuto successo? Devi tutto ai tuoi genitori, senza di loro saresti una nullità.  Sei un fallito? La colpa è esclusivamente tua che hai sbagliato su tutti i fronti e non hai saputo cogliere le occasioni. E a poco servono gli alibi, le giustificazioni,  le recriminazioni. No. Non ci sono scuse di fronte al tribunale del condominio, del rione, del paese. Io a volte mi interrogo e mi chiedo talvolta quanto c’è veramente di nostro nelle nostre azioni, nella nostra vita. Il tribunale dell’umanità a ogni modo si contraddistingue per la scarsa umanità (scusate il bisticcio di parole). In fondo fa parte  della natura umana ergersi a giudici. Anche Dio giudica tutti gli uomini e tutte le loro azioni sulla faccia della Terra. È così bello sentirsi giudici. È così bello per qualche istante della giornata sentirsi Dio o almeno fare le sue veci. Giudicare significa anche confrontarsi con il prossimo, ponendosi almeno una spanna sopra. E poi che volete che sia un poco di pettegolezzo all’aria aperta tra quattro vecchi amici? Tutti spettegoliamo e non tutti sono pettegolezzi d’alta portineria.  Succede però che delle chiacchere infondate a forza di essere ripetute diventano verità. Per Festinger il confronto sociale è importante. Il pettegolezzo nasce anche dal confronto sociale, talvolta scaturisce dall’invidia. Ma il confronto sociale non è mai obiettivo; spesso è un confronto sociale verso il basso oppure si tende a sminuire chi sta in alto. Spesso il giudizio è viziato da sentimenti più che basato su delle ragioni razionali.  Una cosa da non fare assolutamente è giudicare la nostra vita in modo freddo e distaccato, come se fosse la vita di un altro, ammesso e non concesso che  della nostra vita davvero qualcosa ci importi. Valutare la nostra vita in modo cinico, come se fosse la vita di un altro, poi è davvero possibile? Forse no, ma solamente cercare di farlo e riuscirci anche in minima parte è molto deprimente e solo coloro che sono già depressi lo  fanno. In realtà le persone  con un minimo di equilibrio interiore giudicano con bonaria indulgenza, con una certa magnanimità la propria vita, segno inequivocabile che si vogliono bene. Le persone sagge si autoassolvono talvolta, cercano di imparare dai loro errori senza farsi troppi problemi. In ogni caso sia quando giudichiamo che quando siamo giudicati regna la parzialità perché non conosciamo cosa alberga nella mente e nell’animo altrui. Non dovremmo giudicare la nostra vita come quella di un altro.  Invece bisognerebbe fare l’esatto contrario. Bisognerebbe fare l’inverso, l’opposto: valutare le vite altrui, come se fossero nostre vite. Questo significherebbe importarsi degli altri, almeno mentalmente. Sarebbe un buon esercizio di empatia. Ma la realtà è che nemmeno i santi, i grandi terapeuti, i grandi umanisti ci riescono. È impossibile o quasi. “Gli altri siamo noi” è solo una vecchia canzone. In pratica le cose vanno diversamente. Il mondo va diversamente.  Molto diversamente.  Spesso non c’è solidarietà perché non c’è sensibilità nei confronti degli altri da parte nostra e nei nostri confronti da parte degli altri.

TAG: Bassani, calunnia, Confronto sociale, Controllo sociale, davide morelli, diffamazione, Pettegolezzo
CAT: costumi sociali, Psicologia

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