Charliesolidali con Adinolfi? Ma anche no

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13 Gennaio 2015

Sa di unanimismo sospetto tutto l’abbraccio “Charliesco” di questi giorni, il cui spessore equosolidale, se restiamo solo al cotè criminale e terroristico, è indiscutibile e largamente partecipato, ma che non può essere assunto a stella polare delle nostre più segrete e abbiette aspirazioni. Che nel caso del mondo che ci riguarda, il fetente mondo della stampa, si compone di false riverenze esibite in nome di un politicamente corretto – esempio classico: “Non si spegne una voce libera” – che serve unicamente a non essere presi per torbidi mestatori.

Sul web, ad esempio, c’è già un ottimo esempio di ciò che si va illustrando, tra i sostenitori dello spegnimento “a prescindere” di una nuova voce libera appena uscita in edicola, come «La Croce» di Marietto Adinolfi, e chi addita i medesimi a italianiuzzi illiberali e protervi, buoni solo a spargere rancore. Nel caso dell’Adinolfi, il programmino editoriale de «La Croce», certo, indurrebbe a qualche scompenso cardiaco e anche al pensiero azzardato che il suo bel direttore, già pokerista di un certo pregio e deputato del partito democratico (sì, già), farebbe forse meglio a tornare felicemente al vecchio cimento. Ma dal momento che non si interrompe un’emozione, come ebbe a sostenere Fellini quando il Cav. voleva pompare di spot i suoi filmoni, è giusto che anche la nave de «La Croce» prenda il mare. Il programmino, si diceva, è succulento e di gran forgia pre-vaticana e per apprezzarne i contorni è utile sentire proprio lui, Marietto, che a domanda: “Come fai a conciliare certe posizioni con l’essere stato progressista?”, risponde lieto: «Io mi batto per la tutela dei diritti dei soggetti più deboli, a partire dai bambini a cui non può essere negata la madre perché due ricchi gay hanno deciso di affittarle l’utero e poi impedirle qualsiasi contatto con il figlio per giocare a papà e papà. La difesa dei diritti dei soggetti più deboli è una battaglia di sinistra, che considero in continuità con la mia storia politica».

Nell’apprezzare il purissimo impianto di sinistra, non si può non risalire il fiume adinolfiano per ritrovare gli altri punti distintivi del programma.  Che evidentemente una certa sinistra troppo chic aveva messo nel cassetto e che ora, il nostro Marietto, fa tornare orgogliosamente in superficie. «La Croce – racconta – parla a un popolo che si è rotto le scatole di sussurrare e di subire attorno a temi decisivi della convivenza umana. Li chiamo i “Temi essenziali”: la nascita, l’amore, la morte. È in atto un’offensiva antropologica che vuole trasformare le persone in cose, con falsi miti del progresso come l’eutanasia, l’utero in affitto, la neoeugenetica. Tutto a danno dei soggetti più deboli… Questo Occidente post-valoriale e post-religioso ha tratti disumani, non a caso ha facile presa l’ideologia fondamentalista che tanti danni provoca come si è visto anche con i fatti di Parigi».

Insomma, la morale è piuttosto chiara e, nel caso del tenero Adinolfi, riconducibile con nettezza soprattutto a quelle categorie dello spirito che negli ultimi lustri hanno sgomitato per uno strapuntino in società: i froci pieni di soldi, le lesbiche da guerra, entrambe sostenute da quei borghesi politicamente corretti che fanno esercizio liberale fingendo di tollerarli. A questi incroci sospetti, dunque, lascivi sino alla strategica perdita di ogni valore, va ascritta la discesa progressiva e inesorabile agli inferi della convivenza umana, che secondo la calcolatrice un tanto al chilo del nostro neo-direttore porta direttamente alla strage di Parigi.

Andrebbe tutto benissimo, per carità, e dunque ci auguriamo che il #citizenadinolfi (racconta anche che farà i titoli con l’hashtag) abbia il suo quarto d’ora di celebrità, che non si nega neppure alle persone di larghe vedute come lui. Ma poi ci sovviene di quella volta che il buon Mario ravanò nella vita privata dell’allora direttore dell’Avvenire, Dino Boffo, ben prima che lo facesse Feltri (da cui il noto “metodo”) e in nome del giornalismo d’inchiesta, perché quella omosessualità venisse disvelata proprio in risposta alla doppia morale di Boffo, che in pubblico accusava il puttaniere Berlusconi ma poi nel privato si faceva gli affaracci suoi. E no, questo non si fa, raccontò tempo fa quel mastino dell’Adinolfi: «La privacy dei personaggi pubblici non esiste, hanno dei doveri di coerenza che ha reclamato molto duramente per Berlusconi.  E se uno predica moralità e sobrietà dei costumi deve essere sobrio nei costumi. È un’ovvietà».

Già, un’ovvietà. L’ovvietà del dente per dente.

 

TAG: la croce, mario adinolfi
CAT: Editoria

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