La “nuova” destra? Ti togliamo libertà, ti garantiamo protezione

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4 Novembre 2014

I dati diffusi dal “Corriere della Sera” nei giorni scorsi a proposito delle occupazioni di case a Milano indicano tre aspetti: 1) un fenomeno in crescita; 2) l’assenza o dell’amministrazione pubblica; 3) l’estendersi di una nuova insofferenza. Vorrei riflettere brevemente su questo terzo aspetto. L’occupazione delle case è un terreno di coltura di facile reclutamento dove consolidare consenso politico. E’ uno dei terreni su cui sta crescendo Lega Nord, senza trascurare i processi di ricollocazione politica che attraverso l’area dei pentastellati, ma anche attori politici finora marginali di estrema destra. E’ uno dei possibili terreni su cui può prendere forma il lepenismo in Italia: l’insofferenza per l’assenza dello Stato (il contrario di tutti i movimenti di protesta, Lega Nord in testa, che hanno sempre lamentato l’eccessiva presenza dello Stato) è oggi un tema su cui costruire un’agenda politica per candidarsi al governo del paese.

Sta avvenendo una trasformazione politica dell’area della protesta in Italia. Risponde a un’inquietudine reale ed è in rapporto a una maggiore sensibilità di fronte a ciò che è percepito come ingiustizia. Ma anche alla sensazione che sia un deficit di protezione da parte del potere pubblico. Il tema è l’assenza dello stato o la percezione di un disinteresse dello Stato. Forse si può dire che è la tipica dinamica del presentarsi come vittima, una condizione che a molti sembra essere il viatico per ricevere attenzione, comunque ad essere premiata. Condizione in cui torna a veicolare il vecchio sentimento del cittadino che subisce. Immagine profondamente radicata e consolidata nella cultura diffusa dell’Italia moderna. Dietro tutto questo fa la sua comparsa la richiesta, ancora non formulata, ma comunque nemmeno taciuta, di qualcuno che si sostituisca allo Stato per far rispettare la legge.

E’ la vecchia questione della solitudine del cittadino e della sensazione dell’abbandono, che spesso si traduce nel cercare in qualcuno o in qualcosa la protezione di cui si avverte l’assenza. E’ anche quel terreno che fa sì che le organizzazioni di carattere mafioso abbiano consenso sul territorio o riscuotano approvazione. Quell’immagine e quella convinzione non hanno prodotto nella storia italiana fenomeni e movimenti volti all’emancipazione. Al contrario, spesso sono stati il terreno di coltura di movimenti e di opinioni in cui l’ambito delle libertà democratiche si restringeva. Sarebbe bene pensarci, senza ritenere che il tempo risolverà il problema o metterà a poste le cose. Al contrario. Il tempo è destinato ad esasperarle e comunque il tempo non è infinito. Tanto per stare a Milano il tempo è diciotto mesi. Giusto la chiusura di Expo 2015 e poi saranno elezioni. Per Giuliano Pisapia è già tempo di bilanci, soprattutto nelle periferie.

TAG: giuliano pisapia, immigrazione, marine le pen, matteo salvini
CAT: Enti locali, Milano, Partiti e politici

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