L’IS non è terrorismo ma approccio statuale all’Islam

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17 Febbraio 2015

Sui nostri confini meridionali c’è un mondo che sta cambiando e che facciamo fatica a comprendere. Con le tribù libiche, le città stato della costa, i clan abbiamo dimostrato negli anni di sapere trattare e fare affari tra reciproci tradimenti e costose riconciliazioni, fossero essi animati e resi coesi da sentimenti religiosi o da interessi economici piuttosto spicci. La escalation geopolitica con l’entrata in scena di altri paesi oltre alle ex potenze coloniali africane già ci crea qualche problema in più, perché significa scegliere tra interessi più complessi: l’Egitto per primo pone un problema di rapporti piuttosto intricato anche nel campo occidentale, l’interesse degli Emirati Arabi un altro e allarga lo spettro al Medio Oriente. La Turchia dei Fratelli Musulmani sconfitti in Egitto ma ansiosi di rivincita e ben radicati a Misrata ancor un altro: tutti quanti richiedono chiarezza sul principio di interesse nazionale, disponibilità ad usare ogni strumento senza preclusioni ideologiche per non dare alcun vantaggio e una certa capacità di dissimulazione e di riservatezza che proprio poco si confà alla politica italiana.

Ma il vero cuore del problema, che si somma e non sostituisce quelli sopra rendendo la questione libica una vera sfida culturale ancor prima che politica, è la comparsa dell’IS, perché la secolarizzata Europa e la geopoliticamente acerba Italia non sono attrezzate per comprendere una verità per loro agghiacciante: questi ci credono, ci credono sul serio. E se la prima regola di un confronto è “conosci il tuo avversario”, noi facciamo veramente fatica perché l’appeasement e la disponibilità ad ogni trattativa che caratterizza culturalmente un Europa che di guerre non vuole sentire parlare risultano essere strumenti semplicemente non riconosciuti dall’avversario.

L’IS è il Corano delle crocifissioni, delle decapitazioni, della schiavitù, della lotta all’apostasia: non è un terrorismo estremista, è approccio statuale all’Islam e quelle orrende immagini non sono uno strumento di sanguinosa propaganda ma sono l’eseguire preciso di ciò che la dottrina del Corano delle origini dice. Non è l’occidentalizzato terrorismo di Al Qaida, il franchising bisognoso di risorse e appoggi ma un tempo sfuggente nella sua fisicità, eccetto che nella figura di Bin Laden.

L’IS è uno stato organizzato, con le tasse e l’amministrazione pubblica delle scuole e degli ospedali, con l’esercito, l’ufficio propaganda, le regole valide per tutti e una idea religiosa legata alla fine del mondo, alla lotta alla apostasia e agli infedeli. Non è un califfo con cui tratti, una tribù che rispetti o acquisti. Non è un fantasma: è una realtà statuale che cerca la conquista territoriale per la applicazione universale di una dottrina. Lo è tra il Tigri, l’Eufrate e la moschea di Damasco; lo è in centro Africa dove Boko Haram cerca di costruire uno stato autonomo, lo è per ora nascente in Libia tra il Fezzan, Dendra e Sirte. Non è un interlocutore con cui tratti la pace, le sfere di influenza, con cui insomma applichi le regole internazionali del trattato di Westfalia. Non puoi pensare di assorbirlo, di influenzarlo con i tuoi costumi, con la tua propaganda. E, di contro, la bandiera nera su San Pietro e le minacce all’Italia registrate ben prima delle dichiarazioni del ministro Gentiloni non sono trovate pubblicitarie ma vera sostanza, veri obbiettivi per quanto pazzeschi possano sembrare agli occhi della nostra storia e del nostro conquistato laicismo.

Attrezzarsi culturalmente a questa sfida per l’Occidente non sarà facile: per l’Europa è una novazione politica. Per l’Italia in Libia è un rebus e, per la prima volta dal 1945, una vera minaccia. Si vince, certo. Ma il solo dire che si vince significa che si combatte, in modi da definire,  ma non ce ne sono molti, e con tutte le conseguenze e i costi del caso. Cerchiamo almeno di ragionare su quanto l’interesse nazionale trovi compatibilità di lungo periodo con quegli degli altri attori accennati nelle prime righe, che è già una bella sfida.

TAG:
CAT: Filosofia, Governo, Storia

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