Il federalismo irlandese dal perfetto outfit

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5 Febbraio 2024

Un paese giovane, con problemi ancestrali. Parte dall’Irlanda la carica federalista compiuta che darà smacco al regionalismo separatista di tipo catalano. La novità è densa di motivazioni specie per l’Europa che dovrà prima o poi occuparsi di Questione Federalista. L’Irlanda fa , come sempre da apripista e per vari motivi. Innanzitutto è un paese giovane. Al 1° gennaio 2016, l’età mediana della popolazione nell’UE-28 si attestava a 42.6 anni. Ciò significa che metà della popolazione nell’UE-28 aveva superato i 42.6 anni, mentre l’altra metà ne aveva di meno. In tutti gli Stati membri dell’UE, l’età mediana oscillava tra i 36.6 anni in Irlanda e i 45.8 anni in Germania, il che conferma la struttura della popolazione relativamente giovane e relativamente anziana, rispettivamente registrata in ciascuno di tali due Stati membri.

Ciò significa due cose: la prima è che la popolazione attiva, forza lavoro di giovani ( da 15 a 64 anni) è in grado di sostenere la dipendenza senile e infantile. Lavoro, tecnologia e capitale potranno dunque essere sfruttati al meglio. La seconda cosa significa che la generazione Z irlandese lavora senza quelle tradizionali armature ideologiche che hanno caratterizzato gli scontri tra IRA e Regno Unito all’epoca del sacco di Belfast della fine degli anni sessanta del secolo breve.

Va poi considerato che la realtà regionale è destinata ad incidere su scelte europee, la Brexit ha compattato le realtà politiche locali ai fini del progetto di unificazione irlandese e la Scozia ha votato nel referendum in maniera totalmente differente dall’Inghilterra. Il Paese Basco e l’Irlanda del Nord fino a non molti anni fa erano prede della violenza delle armi[1], finalmente deposte, anche se non tutti i problemi sono stati risolti.

L’esempio del Nuovo Ulster è emblematico di una nuova frontiera federalistica meno incline alle forzature referendarie e più propenso alla trattativa politica sottesa di nuovi compromessi non più tattici ma strategici. Questa sembra la nuova politica inaugurata da una giovane donna Michelle O’Neill che ha sempre mantenuto un tono moderato, mai antagonista con la Gran Bretagna fino a partecipare- messaggio comunicativo di non poco conto- sia al funerale della Regina Elisabetta II nel 2022 sia all’incoronazione di Re Carlo III nel maggio scorso. Conciliante nei toni con la questione religiosa, ha ormai archiviato il problema in nome della libertà di credo professandone un altro, quello dell’identità. Ha dichiarato di voler essere la premier di tutti, cattolici e protestanti, ma ha anche sempre espresso opinioni molto chiare. Ha ribadito la sua preferenza europeistica, mantenuto il disaccordo sulla Brexit, definita «una catastrofe per l’Irlanda» e ribadito che l’obiettivo suo e di Sinn Fein resta quello di sempre: la riunificazione dell’Irlanda, nel segno di una questione non rivendicativa bensì, ripeto, identitaria. Ha atteso dal 2022 che il partito DUP dei protestanti e della conservazione sociale cessasse la sua opposizione con il Sinn Fein vincitore delle elezioni e alla fine l’ha spuntata. Ribaltando la tradizione irlandese della scissione cruenta. Nel 2021 ricorrevano i cento anni della conclusione della guerra d’indipendenza dell’Isola gaelica, il primo paese dei Dominions a rendere definitiva la cesura dall’Impero britannico. Sinn Fein e Lega Gaelica giocarono un ruolo essenziale nella mobilitazione delle masse e due uomini spiccarono su tutti: Eamon De Valera e Michael Collins[2]. Quest’ultimo scalò rapidamente i vertici del partito repubblicano irlandese, il Sinn Féin, fino alla nomina a ministro delle finanze, quando con la guerra d’indipendenza nel 1919, assunse la direzione delle operazioni militari e si rese celebre per numerosi atti di guerriglia. Nel 1921 Collins fu inviato dal capo del governo Eamon de Valera a negoziare il trattato di pace con l’Inghilterra che fu giudicato da molti un tradimento per clausole vessatorie imposte dal Governo Britannico. Dal dissidio interno alla guerra civile il passo fu breve anche in termini temporali. Collins guidò un Governo provvisorio che preluse alla guerra civile fino alla sua morte avvenuta per mano armata e in circostanze non certo accidentali. Con De Valera l’Irlanda riprese il suo cammino di totale indipendenza. L’autogoverno è dunque la risultante amministrativa di una scelta politica che può essere caratterizzata da una gradazione crescente delle fasi ora descritte e che dipende dalla maturità della popolazione, dalle risorse economiche e dalle relazioni politiche interdipendenti stabilite con altre realtà politiche locali affini. Appare inutile invocare l’autodeterminazione secessionistica con il coltello tra i denti ben sapendo che non porta a nulla. Gli indipendentisti faidate apprendano dalla Michelle O’Neill.

 

 

 

 

[1] Il riferimento alle più durature e violente  richieste indipendentiste non significa dimentica si sono verificate anche altrove come in Italia con il MIS- Movimento Indipendentista Siciliano di Finocchiaro Aprile (Cfr. Cap. II, par.2.8 Dall’Indipendenza all’Interdipendenza) e il cosiddetto terrorismo altoatesino (https://www.sissco.it/recensione-annale/sudtirol-storia-di-una-guerra-rimossa-1956-1967/ ) con l’appendice una seconda ondata di attentati fra il 1986 ed il 30 ottobre del 1988. Né dimenticare che la creazione di un nuovo Cantone svizzero, il Jura, il 24 sett. 1978 con il consenso, in un  referendum costituzionale, della maggioranza degli stati e del popolo a un periodo turbolento e violento per il distacco delle zone francofone dal Canton Berna.
[2] Connell J. Michael Collins: Dublin 1916-22 (English Edition) Kindle Format. Wordwell Books,17 marzo 2020.

TAG: Brexit, Gb, ira, Irlanda, Michelle O'Neill, SinnFein, Ue, uk, Ulster
CAT: Geopolitica, Politiche comunitarie

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