Maledetto il caso De Luca: ci troveremo dalla parte di Brunetta
Vincenzo De Luca, stando alla legge Severino, non poteva diventare governatore della regione Campania, in quanto condannato in primo grado per un reato contro la pubblica amministrazione. Sappiamo tutti, ormai, che il reato per cui è stato condannato è poca roba, che si trattava di un’errata qualificazione legale di fatti e situazioni, di aver dato il nome sbagliato a una carica. Ma resta il fatto che la legge, come capita per definizione a ogni legge, traccia la divisione nitida tra il bianco e il nero. Traccia o dovrebbe tracciare. Condizionale d’obbligo, quando si tratta di legge, in Italia.
Perché è di oggi la notizia che, grazie all’impugnazione giudiziaria d’urgenza presentata dai legali di Vincenzo De Luca contro il provvedimento di sospensione preso dal governo Renzi in ottemperanza alla stessa legge Severino, lo stesso De Luca può iniziare regolarmente a svolgere la sua funzione di presidente, entrare in carica a pieno titolo, partecipare alla prima giunta. Fino alla discussione del suo ricorso. Così ha deciso Gabriele Cioffi, del tribunale civile di Napoli, lo stesso che si era espresso positivamente, analogamente, appena pochi giorni fa su De Magistris.
In questa decisione, il giudice si esprime con una certa durezza nei confronti del provvedimento preso dalla presidenza del Consiglio (che, diremmo, aveva compiuto semplicemente un atto dovuto, almeno per come la legge era stata pensata e intesa sinora) e soprattutto ha abbracciato la tesi che vuole la legge Severino incostituzionale sotto molteplici profili. L’incostituzionalità, come noto, non è equiparabile a una causa di annullamento della legge, ma a una ragione di nullità radicale, dall’origine, e dovrebbe travolgere tutti gli effetti che la legge ha prodotto dalla sua entrata in vigore in quanto prodotti, appunto, da una legge incompatibile con le regole fondative dello stato, quelle contenute in costituzione.
Per questo, anche per questo aspetto tecnico, finisce con il sembrare impossibile, per quanto faticoso, non riconoscere qualche ragione a Brunetta e a tutto il coro di volonterosi berlusconiani che, con vari toni, dicono che la legge Severino è stata applicata con rigore e certezza solo per il Senatore Berlusconi, e per nessun altro. Una legge ad personam, dicono. Sbagliata, aggiungiamo noi, come tutte le leggi ad personam.
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