Il rischio di abbassare la guardia
Le vicende del Corpo Forestale dello Stato, con ipotesi di accorpamento e di ristrutturazione devono essere viste con preoccupazione.
I tagli al bilancio dello Stato non dovrebbero far perdere di vista la necessità di agire per cambiare e innovare la Pubblica Amministrazione, dando nuovi compiti a strutture, come il CFS, che rappresentano l’opportunità per la difesa dell’ambiente e del territorio.
È quanto mai strano immaginare di accorpare il CFS, trasferendo le competenze al Ministero dell’interno e creando una sezione di Polizia di Stato, come previsto dalla proposta di riforma della Pubblica Amministrazione avanzata dal governo.
L’Italia, quella che si appresta a inaugurare EXPO 2015, dedicato ai temi dell’ambiente e dell’agricoltura, la stessa nazione che intende investire nel rilancio del turismo e della valorizzazione del territorio non può rischiare di abbassare la guardia proprio su temi strategici come la sicurezza alimentare, la tutela del patrimonio naturale e di biodiversità, l’adattamento e la resilienza ai cambiamenti climatici, il controllo delle aree rurali e di montagna.
Perché è strano che ciò avvenga di fronte a casi sempre più frequenti di infiltrazione mafiosa nei settori dell’alimentazione e del traffico illecito di rifiuti: le ecomafie rappresentano un rischio che richiede maggiore attenzione e investimento in prevenzione e controllo.
Più che pensare a tagli e accorpamenti andrebbe riorganizzato un sistema diffuso di polizia ambientale con competenze tali da dotare l’Italia di un Corpo Forestale in grado di svolgere in modo più completo le proprie funzioni, rafforzando il rapporto con le comunità locali, promuovendo i Parchi nazionali e le Riserve naturali come elementi di presidio sociale e di investimento per il futuro.
Rangers e Forestals, come sono presenti nelle altre nazioni, capaci di controllare il territorio e garantire la sicurezza, ma con competenze specifiche, legate alla gestione del patrimonio ambientale e alla sua valorizzazione. Ecco perché l’appello, sottoscritto da molte Associazioni ambientaliste deve far ragionare e comprendere l’opportunità di procedere in una direzione che creerebbe un minore coordinamento delle azioni di controllo ambientale: un lusso che, nel 2015, l’Italia non può permettersi.
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