Tra nuove Comunità e Confederazioni europee, ci si scorda del Consiglio d’Europa

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10 Maggio 2022

In un suo recente intervento sul Corriere della Sera, ripreso dal Progressive Post e riproposto in diverse interviste, il segretario del Partito Democratico Enrico Letta immagina una Confederazione europea per riunire i 27 membri dell’Unione europea coi paesi candidati nell’attesa che questi completino il loro processo di adesione. Letta ha ragione da vendere quando mette in guardia dai “grandi impegni retorici” che hanno segnato il processo di allargamento dopo la caduta del muro di Berlino, iniziato frettolosamente senza aver prima completato la revisione dei trattati. E il segretario ha ragione anche quando chiede maggiore partecipazione e coinvolgimento dei paesi candidati “nella vita pubblica europea”. La sua soluzione, tuttavia, non mi convince né per ragioni formali, né per motivi molto più pratici. Dovremmo dunque guardare alle alternative praticabili. Una, in particolare, esiste già: il Consiglio d’Europa.

 

Cos’è la “Confederazione europea”?

L’ex premier spiega che “la Confederazione europea sarebbe il luogo del dialogo politico tra i 36 membri [dove] si concorderebbero scelte comuni [e] si affinerebbe la capacità di definire insieme strategie globali”. Quindi, precisa Letta, “la declinazione più concreta di questo modello sarebbero le riunioni dei Consigli europei che dovrebbero essere immediatamente seguite, con grande forza simbolica, nello stesso luogo, dal summit dei leader della Confederazione. Stiamo dunque parlando dell’allargamento del Consiglio Europeo anche ai capi di Stato e di governo dei Paesi candidati o di una vera e propria associazione di più stati, con le loro istituzioni intergovernamentali, cui sono conferite precise competenze? Ed è precisamente qui che sorgono parecchi dubbi. Un Consiglio Europeo allargato, a parte la “grande forza simbolica” ,in sostanza, non aggiungerebbe nulla allo status quo. Una nuova organizzazione, invece, richiederebbe un nuovo trattato, sottoscritto e ratificato da ciascun stato membro, Ungheria e Polonia incluse. Stiamo parlando di un percorso lungo e dall’esito tutt’altro che scontato. Ma questa soluzione non genera soltanto dubbi sulle oggettive difficoltà formali. Resta infatti anche una questione di opportunità politica: serve davvero un’altra organizzazione tra i Paesi europei?

 

Ci sono alternative?

Tuttavia, la proposta di Letta non va affatto accantonata per i dubbi appena espressi. Al contrario, il segretario del PD ha messo a fuoco un fatto che è stato ignorato vent’anni fa e che rischia di essere ignorato anche oggi: non bisogna affrettare i tempi, necessariamente lunghi, del processo di adesione all’UE e, tuttavia, bisogna accogliere nella vita pubblica europea, da subito, anche i Paesi candidati. Rafforzare il senso di inclusione delle classi dirigenti e delle popolazioni che aspirano ad entrare nell’UE è fondamentale per mettere in sicurezza il percorso riformatore e consolidarne un supporto più vasto possibile. Nel suo discorso al Parlamento Europeo in occasione delle celebrazioni del 9 maggio, anche il Presidente Macron ha in qualche modo espresso la necessità di istituire un’ampia comunità di democrazie europee allargata anche ai Paesi che non hanno aderito all’UE. Macron, riprendendo un’idea di Mitterand, spiega la sua proposta col fatto che “l’Unione Europea, per il suo livello di integrazione, non può essere l’unico strumento per strutturare il continente europeo”. Sembra che tanto a Letta quanto a Macron sia sfuggito un dettaglio importante: uno la chiama Confederazione, l’altro la chiama Comunità, ma in realtà già esiste l’organizzazione che stanno cercando: mi riferisco al Consiglio d’Europa.

Letta la chiama Confederazione, Macron Comunità, ma in realtà già esiste l’organizzazione che stanno cercando: il Consiglio d’Europa.

Palais de l’Europe, sede del Consiglio d’Europa a Strasburgo

Il Consiglio d’Europa

Il Consiglio d’Europa fu istituito nel 1949 col preciso compito di consolidare le istituzioni democratiche dei suoi stati membri, promuovendo lo stato di diritto, e tutelando diritti umani, libertà e diritti politici dei cittadini europei. Coi suoi 46 membri, riunisce tutti i membri dell’UE, i paesi candidati e gli altri stati del Vecchio Continente ad eccezione della Bielorussia e della Russia, espulsa a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Inoltre, le sue istituzioni, dall’Assemblea Parlamentare al Comitato dei Ministri alla Corte dei Diritti Umani, sono state precisamente concepite per promuovere e tutelare diritti umani, democrazia e rule of law, anche se la presenza, certamente ingombrante, di uno stato autoritario come la Russia può aver rallentato e ristretto il loro lavoro. Quindi, la recente espulsione della Russia potrebbe aver creato un’eccezionale occasione di rilancio del Consiglio d’Europa per gli scopi descritti da Letta. Inoltre, l’adesione di 46 Stati, non richiede un nuovo trattato né un lungo e tortuoso processo di ratifica in tutti i suoi membri. Infine, i rapporti tra Consiglio d’Europa e Unione Europea sono già regolati da accordi e prassi consolidate, su cui diventerebbe più facile costruire nuove forme di cooperazione e di inclusione “nella vita pubblica europea” dei paesi candidati all’ingresso nell’Unione Europea.

I leader europei non devono avventurarsi per sentieri impervi che rischiano di produrre grandi dibattiti e nessuna azione concreta.

Non serve, dunque, che Letta, Macron e i leader europei si avventurino per sentieri impervi che rischiano di produrre grandi dibattiti e nessuna azione concreta. La soluzione ai problemi messi a fuoco dall’ex premier c’è già e non è né la sua Confederazione né la nuova Comunità citata da Macron: la soluzione è quel Consiglio d’Europa di cui forse ci siamo un po’ tutti colpevolmente dimenticati.

TAG: consiglio d'europa, crisi ucraina, enrico letta, Macron, Unione europea
CAT: Istituzioni UE, Politiche comunitarie

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