Un artigiano delle note ai tempi dei talent show

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26 Aprile 2015

“Oggi la vita non è semplice per nessuno. Quindi: perché non provare a seguire la strada della propria passione?”. Già, perché non provare?

A parlare è Sergio Zafarana, 35enne siciliano che già da qualche anno ha trovato la sua strada nella musica. La sua è stata una decisione consapevole ma difficile. Principalmente per via delle resistenze che incontra chiunque abbia in mente di intraprendere una direzione non sufficientemente battuta. O tradizionale. La sua non è la storia di un bambino che da grande voleva fare la rockstar e neanche quella di un enfant prodige. E invece la storia di un ragazzo che ha voluto sovvertire un pronostico convenzionale e quella di un talento coltivato con pazienza.

Si vive di musica? “Sì, si vive di musica. Anche se non nascondo che devi essere attivo su più fronti se non hai ancora sfondato nel complicato mercato musicale. Ai concerti nei locali – racconta – io affianco le partecipazioni in matrimoni, feste private, eventi. Insieme ad altri amici, nel 2012 ho anche fondato una piccola etichetta indipendente (Muddy Waters Musica, ndr) che si occupa di supportare gruppi emergenti nei quali crediamo”. Un bel da fare insomma.

“Ho cominciato a suonare la chitarra a 14 anni circa. I primi gruppi con gli amici sono venuti poco dopo – racconta – ci riunivamo in un garage e suonavamo le cover dei cantautori italiani. Fino a 22 anni circa, però, la musica era solo un passatempo. Impegnativo, ma pur sempre un passatempo”. Sergio, infatti, studia Scienze politiche e lavora per mantenersi agli studi.

“Il primo gruppo strutturato di cui ho fatto parte – continua – si chiamava “edizioni limitate”, era il 2002. Ha rappresentato un importante momento di crescita, da quel momento in poi ho sentito la necessità di migliorarmi, di studiare, di abbandonare l’approccio amatoriale, per così dire”.

Le sue sono le parole di un artigiano delle note, più che di un personaggio che gioca a fare il divo. Non ha fretta di bruciare le tappe, anzi evidenzia l’importanza della gavetta nella sua maturazione. “Ho sempre visto la crescita come un percorso progressivo. Ho studiato canto, teatro, chitarra. Sono convinto che occorra fare esperienza, ascoltare molti consigli, applicarsi con serietà. Non mi piace pensare di aggirare gli ostacoli – aggiunge – i limiti che non si affrontano vengono prima o poi a galla. Poi, a un certo punto, ti accorgi di essere pronto”.

Nel 2006 ancora un passaggio fondamentale quando, con altri due musicisti, Sergio fonda i “Trifase”. La nuova band parte in sordina e sperimenta diverse sonorità fino a quando, nel 2009, arriva il premio “Città di Milano” alle finali nazionali della manifestazione di talent-scout “Rock Targato Italia”.  I brani presentati in quell’occasione sono inediti e scritti proprio da Sergio. “Dopo quel riconoscimento – continua – ci siamo molto concentrati sulle cover dei maggiori cantautori italiani e nell’aprile del 2014 siamo stati invitati a partecipare al festival “Risonando De Andrè” da Pier Michelatti, bassista del cantautore genovese”. La partecipazione sarebbe valsa il premio della critica.

“I primi riscontri – ricorda ancora – mi hanno messo di fronte a un bivio: proseguire gli studi o guardare alla musica come a una vera professione?”. Così il primo passo è convincere parenti e amici che della sua scelta. “Non è stato facile spiegare i miei progetti. Ma pian pianino sono riuscito a trasmettere un semplice messaggio: la musica per me era diventata qualcosa di estremamente serio”.

Oggi Sergio si divide fra mille attività. Oltre al consolidato sodalizio con i “Trifase” e alla gestione della “Muddy Waters musica”, ha da poco presentato “Zafarà”: un album di inediti che ha promosso in un tour per il Sud Italia. E poi c’è il progetto “Musica dentro e fuori”, con il quale organizza laboratori musicali a favore dei ragazzi dei carceri minorili. “L’ultimo evento è stato organizzato in febbraio, al Cesare Beccaria di Milano. Nel corso dei laboratori proviamo i suoni, allestiamo il palco, montiamo gli strumenti, suoniamo insieme ai ragazzi. Chiude la serata un concerto dei gruppi che fanno capo alla nostra etichetta. Passiamo insieme due ore diverse, di svago, e ti assicuro che non è poco – precisa. La musica è terapeutica, è uno sfogo, ha il potere di allontanare la negatività”.

Qualche aspetto negativo? “Direi che non mi lamento. Devi darti molto da fare, certamente. E poi fai una vita un po’ particolare: dormi quando gli atri sono svegli e ti sposti di continuo sempre all’inseguimento di date e locali. Strumenti al seguito, s’intende”. È vero che le nonne vorrebbero un nipote medico o farmacista (professione prestigiosa, oltre che utile), ma il messaggio di Sergio è semplice: “svolgo questa attività con impegno e sono pagato per le mie esibizioni. Come lo definiresti questo, se non un lavoro?”.

TAG: cantautori, giovani talenti, lavoratori musica, Musica, musica indipendente, Rock
CAT: Lavoro autonomo, Musica

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