I segreti della narrazione di Renzi

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21 Maggio 2015

Una prova di quanto negli ultimi vent’anni sia cambiata non solo la comunicazione in sé, ma anche la percezione della sua centralità nella politica sta nel fatto che il linguaggio di Matteo Renzi, dopo poco più di un anno di governo, è già oggetto di numerose analisi. In ciò discostandosi da Silvio Berlusconi, il quale per lungo tempo è stato soprattutto protagonista di una pubblicistica più o meno critica e spesso denigratoria, mentre, ancora nel 2004, quando la rivista Compol promosse un numero monografico per i dieci anni dalla discesa in campo, con relativo bilancio degli studi sul tema, vi fu l’occasione di osservare la quasi totale mancanza di monografie scientifiche e, più in generale, la relativa scarsità di contributi specifici sulla comunicazione di colui che aveva cambiato la politica italiana proprio importandovi le più moderne tecniche di propaganda e marketing politico.

Se sono passati anni prima di poter disporre di un corpo di analisi scientifiche su Berlusconi, non sembra che Renzi seguirà lo stesso destino. In particolare, sulla sua comunicazione, si segnalano almeno due recentissime e molto significative riflessioni, Essere#matteorenzi (Il Mulino) dello studioso di Letteratura italiana Claudio Giunta e Renzi & Co (Rubbettino) della scienziata politica Sofia Ventura. Si tratta di due volumi dal taglio completamente diverso: un pamphlet il primo, acuto e godibilissimo (chi scrive non si era divertita così tanto dai tempi della lettura di Radical Chic di Tom Wolfe); un’analisi accurata e dettagliatissima di tutti gli strumenti di comunicazione a disposizione di Renzi- dalle interviste e dagli interventi televisivi fino all’uso di twitter- il secondo.

Entrambi i saggi hanno, però, in comune il fatto di presentare una vera e propria fenomenologia di Matteo Renzi e, particolare interessante, nel far questo, spesso colgono i medesimi tratti. Primo, la dimensione della narrazione: “quel che conta è solo lo storytelling” (Giunta); “il racconto di governo come fiaba”(Ventura). Secondo, la contrazione del tempo: “la concitazione” (Giunta) come riflesso di una frenesia del voler far tutto; “la velocita’” (Ventura) che arriva a permeare non solo il modo di governare, ma anche il contenuto dell’azione politica (le riforme presentate soprattutto come protese a velocizzare i processi). Terzo, l’elemento pop: la “contaminazione dei linguaggi” sottolineata da Giunta; l’utilizzo dei media di intrattenimento raccontata da Ventura. Infine, l’atteggiamento ottimista: Renzi appare uno che si diverte perché secondo lui “la politica è occuparsi di cose belle” (Giunta); è l’eroe di una fiaba che è per definizione a lieto fine (Ventura).

E proprio la descrizione dell’ottimismo renziano suggerisce a Giunta un’osservazione di grande interesse sulla psicologia renziana: l’assenza di lati oscuri, di dubbi, di conflitti psichici. Renzi è quel che appare: un vincente a cui piacciono le storie di successo. E qui sta il segreto della sua narrazione: non importa tanto quel che propone quanto l’entusiasmo che ci mette, con quella serena e apparentemente inscalfibile convinzione di poter cambiare in meglio le cose. Come scrive Ventura, in ultima analisi, quel che la fiaba di Renzi evoca è appunto “il futuro a portata di mano”.

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