Il marketing dell’autofustigazione

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28 Maggio 2015

Podemos ha (quasi) vinto, diremmo in Italia. È andato molto bene a Barcellona e a Madrid (“le grandi città sono l’epicentro del cambiamento”, nelle parole del leader, Iglesias), molto meno bene se consideriamo l’insieme dei parlamenti regionali.

Quali sono le issues vincenti delle campagne di Podemos? Fondamentalmente due.
Una è sistemica, di lungo periodo, ed è la battaglia contro la famigerata austerity europea che fa il paio con l’incremento della spesa pubblica e la riduzione dei tagli, come se i vincoli comunitari non esistessero. “Cambiamento” è la parola chiave: votate per noi e la Spagna cambierà, perché l’Europa cambierà. “Come faremo non si sa, ma intanto votateci”.
L’altra issue è quella che cavalca l’invidia sociale e che livella verso il basso gli stipendi dei parlamentari, fino a 1900 euro mensili. Una scelta vincente in termini di marketing: di fatto è l’unica proposta concreta e realizzabile di Podemos (le altre dipendono da cosa sarà l’UE di domani) ed è evidentemente in grado di attrarre parecchi consensi.
Questo scenario di marketing dell’autofustigazione sembra una costante, almeno nell’Europa meridionale: i faccia a faccia pre-elettorali su Sky in onda in questi giorni in Italia prevedono sempre le domande sulla dichiarazione dei redditi, sulle proposte per ridurre gli stipendi e su come trattare i vitalizi “acquisiti”. E, ça va sans dire, le risposte “vincenti” sono quelle di chi non possiede case di proprietà, né automobili ed è possibilmente precario a 1000 euro al mese. E che ovviamente vuole tagliare il più possibile gli stipendi dei politici e requisire ogni vitalizio.

Non c’è leader politico che possa evitare di prendere una posizione simile in tutta l’Europa del Sud. Chi lo fa, è politicamente morto, in tempo reale.
Si dirà: in tempi di crisi, è bene che paghino tutti. Vero, per carità. Il problema però è la centralità della issue. Dalla crisi si esce con la crescita e l’occupazione, eppure buona parte delle campagne elettorali ruota intorno agli stipendi dei politici e non alle proposte di policy per superare la congiuntura economica negativa. O meglio, ruota anche intorno a parole chiave tipo “crescita”, “fine dell’austerity”, “cambieremo l’Europa” tutte rigorosamente non argomentate, né spiegate in dettaglio e sulle uniche proposte concrete e realizzabili dei tagli degli stipendi. Dunque, inevitabilmente la issue dell’autofustigazione acquisisce centralità. Per la sua concretezza, per l’invidia sociale che impera (“se sto male io, devono stare male tutti”) e per l’impotenza dei governi nazionali dell’area Euro in fatto di politiche economiche e finanziarie.
La domanda da porsi a questo punto è: “qual è l’effetto sistemico di questo marketing dell’autofustigazione?”
Servirà a far crescere i paesi in crisi? No, l’insieme dei tagli di stipendi e vitalizi ha un effetto quasi nullo sulla spesa pubblica di un paese.

Servirà a dare più credibilità alla classe politica? Per 6 mesi forse, poi però dovrà produrre politiche pubbliche in grado di portare sviluppo. Altrimenti la credibilità torna al punto di partenza.
Servirà a selezionare meglio la classe politica? Al contrario, direi. 1900 euro al mese per un lavoro per definizione precario non mi sembrano un grande incentivo occupazionale.
E dunque a cosa servirà? Finché funzionerà, servirà come “arma” elettorale. E, come avviene per ogni proposta politica di questi tempi, vedrà un’escalation di promesse sempre più sensazionali: 2500 euro? No, io dico 1900. Allora io dico 1500. Allora, sai che ti dico: farò il parlamentare gratis! E vai col plebiscito…
Poi però, quando avrò stravinto grazie alla vocazione al martirio, dovrò risolvere i problemi del paese. Gratis. Tra un insulto e l’altro di chi mi ha votato. E sarà il trionfo della “cerimonia cannibale” di cui parla Salmon: “i politici divorati dal loro stesso divoramento”.

di Luigi Di Gregorio

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