Postverità di Anna Maria Lorusso. Fra reality tv, social media e storytelling

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23 Luglio 2018

Dicono che gli incontri casuali, nella vita, siano i migliori. Non lo so, ma con i libri a volte capita: hai pensieri nella testa, domande a cui non riesci a dare forma, e ti ritrovi in mano un libro di cui non sospettavi nemmeno l’esistenza che si incastra alla perfezione con i tuoi dubbi.

Quello con Postverità di Anna Maria Lorusso fa parte di questa categoria di incontri. La domanda che mi gira(va) in testa è questa, detta semplice ed elegante: ma perchè la gente crede a qualunque cazzata venga proposta, anche la più assurda ? C’è una ragione per cui persone per bene, ragionevoli, di buona intelligenza e spesso abbastanza istruite, possano credere a ogni fandonia che leggono ?

Ovviamente nel libro non si trova una risposta diretta a questa domanda, ma un ragionamento articolato e argomentato che vi farà tornare al quesito di partenza più attrezzati di quando siete partiti.

Ancora una premessa: l’autrice è docente di Semiotica, e usa soprattutto gli strumenti della sua disciplina per riflettere sulla postverità. Strumenti che non sono proprio il pane quotidiano di tutti. Chi, come me, è un lettore curioso ma senza una formazione strutturata, deve mettere in conto un po’ di fatica e anche che ci saranno pagine in cui dovrà dire tra sé “Ah sì, certo…” e proseguire oltre fischiettando.

Tuttavia, questo non vi impedirà di comprendere lo sviluppo e il senso del ragionamento nei suoi tratti essenziali, perché il libro è scritto bene, senza inutili narcisismi accademici.

Il discorso parte dal cercare di capire cosa è la postverità, un termine a cui si attribuiscono significati diversi. E quindi, va da sé, cosa si intende per verità. E qual è il rapporto tra verità e realtà: sono la stessa cosa? Derivano una dall’altra in maniera naturale? La posizione dell’autrice è netta: la realtà esiste, ma non è direttamente attingibile. Quello a cui possiamo attingere sono i discorsi sulla realtà. La verità (molte virgolette) è un discorso sulla realtà.

E quindi bisogna ragionare sui media, tv e internet in particolare, perché è lì che oggi si danno le nostre pratiche discorsive. Infatti, proprio dall’analisi di una specifica forma di racconto televisivo, quello della tv verità, poi reality show e infine real tv, si muove il libro, che successivamente analizza le modalità di costruzione delle convinzioni su internet, concentrandosi sulle cosiddette echo-chambers, e sul ruolo ambiguo e alla fine impotente delle pratiche di fact-checking.

Cerco di evitare un riassunto scolastico, e ripropongo le tesi che l’autrice anticipa già nell’introduzione,  e che nello svolgersi dei capitoli vengono argomentate:

  • i media non riflettono “la realtà così com’è”, ma la modellano, la costruiscono. Propongono schemi, classificazioni, interpretazioni. E i modelli di interpretazione della realtà proposti modificano le nostre percezioni e i nostri comportamenti, portandoci a riprodurli nel quotidiano
  • la postverità non è una negazione della verità, ma una sua moltiplicazione ed una sua privatizzazione. Non si nega che esista la verità: al contrario, ognuno è convinto di esserne portatore. Quello che svanisce è la capacità di mettere a confronto le verità, di farle interagire, di trovare un terreno comune per valutarle, di riconoscerne la parzialità. La svalutazione di qualunque idea di competenza, la perdita di valore delle agenzie “di verità” tradizionalmente riconosciute, porta ad infinite verità equiprobabili, che non si accontentano di essere “visioni del mondo”, ma pretendono di essere uniche e autentiche
  • non c’è una opposizione rigida tra vero e falso. Un’affermazione è vera o falsa a seconda del contesto in cui si situa, della sua capacità esplicativa, della sua coerenza con il quadro di riferimento in cui viene pronunciata. L’unico strumento che abbiamo per orientarci è la messa alla prova dei diversi discorsi sulla realtà che ci troviamo di fronte
  • una delle modalità di selezione delle verità è narrativa: abbiamo bisogno di “grandi narrazioni” che ci aiutino a spiegare molti aspetti della realtà, che siano coerenti e tengano nel tempo, che riescano a tenere conto della complessità del mondo. E che permettano a ciascuno di noi – aggiungo io – di portare a propria esperienza personale dentro un racconto che la comprenda in maniera coerente e non forzata.

Postverità è un libro politico, nel senso migliore del termine. Affronta una delle questioni centrali del nostro tempo: le modalità con cui si formano le nostre idee sul mondo che ci circonda; i meccanismi che entrano in gioco quando siamo portati a giudicare “veri” un fatto, o un’affermazione; i percorsi che possiamo seguire per sottrarci al caos delle verità plurime e incomunicanti, che minano alla radice qualsiasi idea di confronto pubblico.

Soprattutto, sottolinea l’importanza di tornare a proporre “grandi narrazioni”, non ideologiche ma comunque forti e coinvolgenti.

Perché, per rimanere alla stretta e tragica attualità, viviamo in tempi in cui ci sono persone che sono disposte a considerare plausibile che gli operatori di una ONG portino con sé dei cadaveri per mettere in scena un finto intervento di salvataggio. O altri che amano disquisire del presunto smalto che avrebbe ornato le unghie di una naufraga, che quindi naufraga non sarebbe stata, casomai attrice abile e infida. E questi creduloni non sono pochi disadattati privi di intelletto, ma masse di persone intelligenti e posate. Che non cambieranno idea di fronte ad una puntuale e documentata attività di fact-checking, perché in cuor loro sanno benissimo che le cose che sostengono e diffondono sono, tecnicamente, balle colossali.

Ma sono balle che si collocano con coerenza all’interno di una racconto del nostro tempo che li fa sentire al sicuro, che pone un argine al loro smarrimento, che gli permette di inserire la loro esperienza personale all’interno di una cornice comprensibile. Sanno di ripetere sciocchezze, ma quelle sciocchezze gli sono indispensabili.

L’unico modo per arginare questo fenomeno è produrre altri racconti, che propongano una diversa lettura della realtà, solidale invece che chiusa, aperta invece che impaurita. Ma che vengano vissuti dalle persone come plausibili e compatibili con la propria esperienza, non calati dall’alto, o peggio declamati da un pulpito saccente.

Vasto programma, diceva quel tale.

Postverità
Anna Maria Lorusso
Laterza
150pp.
14 €

TAG: Anna Maria Lorusso, narrazione, postverità, storytelling
CAT: Media, Scienze sociali

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