Casa dolce casa e le stime della violenza domestica

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25 Novembre 2020

“Ma il vento che la vide così bella
“Dal fiume la portò sopra una stella
Sola senza il ricordo di un dolore
Vivevi senza il sogno d’un amore”

Marinella era una prostituta che da postribulum, significa stare sulla porta, stare in vetrina, esporre, mostrare. Solo più tardi il termine passò ad eufemismo dell’offerta sessuale.

Nell’antica Roma nessuno pensò mai di proibire la prostituzione, considerata un fatto normale e naturale. I lupanari erano nel corso di tutta l’epoca romana, i luoghi deputati al piacere mercenario. Gli scavi di Pompei, con oltre 30 bordelli, dimostrano che tutto avveniva alla luce del sole. L’esercizio era regolato da una serie di leggi le cui norme obbligavano le prostitute a iscriversi all’albo delle professioni, ad aprire i lupanari in zone urbane ben individuate.

Non è certo una prostituta, la maestra d’asilo vittima di revenge porn, quello che erano giochi che faceva col proprio fidanzato attenevano alla loro privacy che è fondamentale in quanto segna, come sostiene Habermas “i confini di una zona invulnerabile di integrità personale, luogo di autonoma formazione di coscienza e di giudizio”.  Un ripetersi del caso Cantone, fortunatamente con un epilogo diverso. “La cultura maschilista imperante far passare lui per un macho e lei per una poco di buona”. L’uomo che ostenta è un latin lover, un dongiovanni, un gigolo. Quella che è mancata in questa storia è la solidarietà femminile di chi addita alle abitudini private invece che il gesto infimo di chi si vendica gettando in pasto come in un supermercato un fatto privato che solletica appetiti e falsi moralismi. Una versione aggiornata del panem et circenses, l’esposizione a tutto schermo di quel che Alvaro Vitali guardava dal buco della serratura.

Di questo si è parlato in classe ieri. Di come è importante condividere storie ed essere solidali. Qualcuno ha proposto un video, il discorso che di Rula Jebreal ha fatto a Sanremo, qualcun altro una canzone, qualche altro ancora un film, qualcuno il discorso di Gremellini sul revenge porn a proposito della maestra di Torino.

Niente era programmato. L’urgenza di certi temi, il perpetrarsi di violenze sconcerta, lascia allibiti, ci si chiede perché ancora oggi fatti incresciosi a scapito delle donne si verificano con questa enorme frequenza.

È nella sfera intima che la famiglia dovrebbe creare il proprio schema quotidiano: sedersi insieme a tavola guardando la tv, esprimere opinioni, discutere. La casa, la famiglia, sono sinonimo di uno spazio intimo, dell’inevitabile esigenza di separare l’interno dall’esterno. Eppure ieri proprio in famiglia si sono consumati altri due femminicidi. Una donna di 30 anni è stata uccisa in Veneto, un’altra in Calabria, atti efferati nascono anche dai piccoli gesti machisti e patriarcali. Ancora una volta a uccidere una donna è la mano della persona con la quale si condivide intimità. In entrambi i casi è stato usato un coltello. La pandemia, poi, ha accresciuto il numero di violenze che spesso si consuma proprio tra le mura domestiche.

La cultura sessista è un seme che si annida nei modelli di relazione che apprendiamo fin dall’infanzia, in pregiudizi e rappresentazioni stereotipate dell’altro. Il legame con la donna è stato ed è fortemente segnato dal verbo possedere che rende asimmetrico il rapporto perché rimanda alla sfera della proprietà. Si tollerano scherzi pesanti, si simpatizza con la volgarità, si ritengono divertenti le barzellette misogine. I sex offender sono sempre esistiti, ma in questi anni si assiste a un incremento esponenziale di episodi che vedono protagonisti persone insospettabili, pronti a scatenarsi su una vittima isolata.

Le città pullulano di esempi quotidiani perché si dà per naturale che il passaggio di una donna per strada sia accompagnato da apprezzamenti maschili rozzi e pesanti. Protesi a offendere, zittire, ridicolizzare, far sentire inferiori, l’insulto violento danneggia il rispetto, la stima, la fiducia; sporca e umilia i rapporti.

Correva l’anno 2012, quando in Belgio la giovane regista Sofie Peeters filma nascosta per il quartiere di Bruxelles, ricavandone un saggio inquietante di ordinario maschilismo: una via crucis le cui stazioni sono contrassegnate da parole che definire poco decorose è un eufemismo. Il documentario Femmes de la Rue ha suscitato un appassionato dibattito in Belgio e in Francia dove centinaia di donne hanno raccontato le molestie verbali che subiscono ogni giorno, lo squallido sessismo dei commenti o aggressività verbale.

Ogni donna, bella o brutta, giovane o attempata lo ha vissuto sulla propria pelle. La povertà culturale generata dalla mancanza di formazione e di sensibilizzazione pesa nella storia delle persone quanto quella materiale. Lo sviluppo del proprio corpo e i rispettivi ruoli, sono tasselli importanti nella costruzione dell’identità degli adolescenti. La maggior parte dei paesi europei ha linee guida o standard minimi per l’educazione sessuale nelle scuole, ma in Italia resta ancora un miraggio e le resistenze sono invalicabili. Nel frattempo bambini e adolescenti sono esposti a un diluvio di lessico sessuomane, a immagini, atteggiamenti, discorsi, pratiche che si traducono in volgarità sessista e oscenità in pubblico.

Decenni di femminismo hanno portato le donne a conquistare a fatica il riconoscimento delle loro capacità, della loro intelligenza; erano escluse dalla politica e dal voto, non entravano in magistratura, nell’esercito, eppure questo è cambiato. Per certi aspetti, però, pare che Il calendario sia sempre fermo, decenni di femminismo sembrano essere passati invano. Il marchio d’infamia, lo stigma più legato al femminile è ancora quello connesso alla mercificazione del corpo.

C’è un’industria che ha bisogno di fantasie rozze e pruriginose, di omertà e connivenza, dell’ipocrisia di chi si occupa di salvare il decoro. I nudi umani, rappresentazioni esplicite sono testimoniati presso la maggior parte delle civiltà della storia; nessuna parte del corpo è impudica, impudico è lo sguardo che strumentalizza le parti del corpo separandole dalla persona. Il pudore nasce come difesa contro le strumentalizzazioni.

Nel mondo che tutto espone e tutto consuma, De Andrè, ricordando che meretrice è colei che merita un compenso per le sue prestazioni, ha mostrato nei confronti di quella prostituta che fu uccisa e poi gettata nel fiume, un rispetto delicato al punto da  volerle reinventare una vita e addolcirle la morte.

 

 

TAG: femminicidio
CAT: Questioni di genere, società

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