E fu subito fascismo

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22 Agosto 2021

A lungo l’idea è stata che il primo fascismo (1919-inizio 1920) appartenga a una figura di “sovversivismo irregolare di sinistra, libertario, progressista, espressione di una disinteressata politica a favore delle masse.

«Al contrario – precisa Andrea Ventura fin dalle prime pagine del suo libro (Il diciannovismo fascista. Un mito che non passa, Viella) – il fascismo diciannovista propose semmai di mantenere inalterato il processo autoritario di nazionalizzazione delle masse avviato durante la guerra, con l’obiettivo di costruire un regime corporativo a vocazione totalitaria e imperialista» [p. 8].

«L’immaginario storiografico che questo libro intende contestare è quello che indica la nascita del “vero fascismo” nel 1920-1921considerando la fase diciannovista informe, confusa e di sinistra» [p. 28].

Vuol dire che il centro dell’indagine deve essere rivolto a scavare intorno alla pratiche politiche espresse da questo movimento alla Scala di Milano 11 gennaio 1919) a Dalmine (marzo 1919), a San Sepolcro e nelle piazze del 1919” [p. 29].

La scena della Scala nel gennaio 1919, nella contestazione a Bissolati, richiama un’idea di nazione e dunque di «noi» che risente di mote suggestioni già anticipate da Alfredo Rocco nel 1914, laddove scrive:

« … oltre l’individui, oltre la classe, oltre l’umanità esiste la nazione, la razza italiana; e l’individui non vive solo nella classe, e non vive affatto nella società  di tutti gli uomini, ma vive invece e principalmente in quell’aggregato sociale , costituito dagli uomini della stessa razza che è la nazione».

Così già il primo fascismo si costruisce intorno alla “mistica del sangue dei caduti, alla lingua, alla cultura e alle tradizioni della nazione italiana. Il suo precipitato sta nel programma del fascismo così come si consegna al congresso del Pnf [novembre 1921], laddove si scrive:

«La nazione non la semplice somma degli individui viventi, nello strumento dei partiti pei loro fini, ma un organismo comprendente le serie indefinita delle generazioni di cui i singoli sono elementi transeunti; è la sintesi suprema di tutti i valori materiali e immateriali della stirpe. Lo Stato è l’incarnazione giuridica della nazione. Gli istituti politici sono forme efficaci in quanto i valori nazionali vi trovino espressione e tutela. I valori autonomi dell’individuo e quelli comuni a più individui, espressioni di persone collettive organizzate (famiglie, comuni, corporazioni, ecc.) vanno promossi, sviluppati e difesi sempre nell’ambito della nazione a cui sono subordinati». [Programmi e statuti del Partito Nazionale Fascista, in “Il Popolo d’Italia”, 27 dicembre 1921].

“Questa definizione – scrive Ventura – non è un tradimento dei principi originari diciannovisti o l’improvviso mutamento dell’ideologia fascista; al contrario costituisce la coerente rivelazione delle frastagliate idee espresse da «Il Popolo d’Italia» negli anni recedenti; soprattutto esprime la cornice teorica delle azioni del fascismo emergente” [p. 43].

Torna nell’idea di composizione del delle relazioni industriali così come emerge dal discorso di Mussolini a Dalmine il 20 marzo 1919, ma soprattutto, insiste Ventura, ciò che si definisce già in quei mesi e nelle settimane prima del raduno che il 23 marzo 1919 inaugura i Fasci di combattimento è lo spirito e la violenza della trincea come fondamento dell’ideologia fascista e poi la pratica della bastonatura come pratica degli arditi nel febbraio-marzo 1919 già assunta come identificazione nella prima settimana di marzo 1919.  Ma soprattutto l’immagine di un antipartito che adotta quel linguaggio per occupare uno spazio lasciato libero e «farsi partito».

In questo senso l’idea dell’antipartito in realtà lavora è funzionale alla costruzione di un partito, dotato di simboli, linguaggi, retoriche, stili, miti. [p. 83].

Un altro momento di progressiva definizione della propria identità politica si fissa con L’assalto a “L’Avanti!” (15 aprile 1919]. Quello è il vero atto di nascita del fascismo, più che la giornata del 23 marzo 1919.

Al centro dell’indagine non deve sta solo e tanto l’atto materiale, bensì, soprattutto, il rituale che lo precede e l’accompagna. Ovvero

  • Raduno delle milizie sotto la statua di Vittorio Emanuele II e dunque richiamo a ideali nazional-patriottici;
  • Ostentazione del tricolore;
  • fuoco purificatore;
  • sottrazione dell’insegna (e dunque conquista simbolica del territorio e sua rinazionalizzazione)
  • marcia trionfale, dopo l’atto
  • Esibizione dei cimeli conquistati di fronte a Mussolini
  • Esaltazione del capo a vittoria conseguita

Ancora lungo quello stesso percorso stanno altri momenti di quell’«anno zero» come l’ha indicato Mimmo Franzinelli in cui lentamente il fascismo assume una sua fisionomia:

  • Il discorso dell’Augusteo del 4 maggio 1919 di Gabriele D’Annunzio
  • L’assalto alla Camera del Lavoro di Bologna all’inizio di luglio 1919;
  • L’inizio del conflitto interetnico e antisloveno a Trieste (luglio 1919) che poi un anno dopo darà luogo all’incendio del Narodni dom (13 luglio 1920).
  • L’eccidio a Lodi del novembre 1919.

Tra giugno e luglio 1919 si costruiscono il lessico, il laboratorio e la sceneggiatura di ciò che poi si presenterà come dominante tra 1920 e 1921, ma il suo linguaggio, i suoi riti, la performatività e soprattutto la sua protezione e incolumità garantite dalle forze autorizzate a reprimere anticipano le caratteristiche della marcia trionfale tra 1921 e 1922 [come con precisione ha descritto e documentato Angelo Tasca nei capitoli VII, VIII e IX del suo Nascita e avvento del fascismo.

“nel 1919 il fascismo- conclude Andrea Ventura – non fu un movimento progressista, libertario e di sinistra, ma l’embrione di una nuova destra a vocazione totalitaria” [p. 153].

 

“nel 1919 il fascismo- conclude Andrea Ventura – non fu un movimento progressista, libertario e di sinistra, ma l’embrione di una nuova destra a vocazione totalitaria” [p. 153].

TAG: Alfredo Rocco, Andea Ventura, Angelo Tasca, Benito Mussolini, Mimmo Franzinelli, Viella Editore
CAT: Storia

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