Quando la Champions League la perde soltanto Abu Dhabi

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31 Maggio 2021

Sabato 29 maggio, nello stadio di Porto, il Chelsea Londra ha vinto la Champions League, sconfiggendo 1-0 la squadra favorita, il Manchester City. Sembra una notizia sportiva, ma non lo è. Come ha testimoniato il tentativo di molti dei più grandi club europei di creare una Superlega che non partecipi più ai campionati nazionali ma sia invece un’associazione esclusiva dei team più ricchi del mondo[1], in gioco c’è molto di più che un pallone e 22 ragazzi in calzoncini che gli corrono appresso. Si tratta di un’importantissima questione politica, sociale ed economica.

Il 29 maggio, in Portogallo, la famiglia al potere negli Emirati Arabi Uniti, quella dello sceicco Al-Nahyan[2], è stata sconfitta da quella del petroliere russo Roman Abramovich[3], che vince così per la seconda volta in dieci anni il trofeo calcistico per club più importante del mondo. Per arrivare a questo risultato, lo Sceicco Mansour Bin Zayed Al-Nahyan, fratello minore del reggente del potere di Abu Dhabi, Mohammed Bin Zayed Al-Nahyan, ha pagato 4 miliardi di dollari per l’acquisto delle azioni ed ora spende ogni anno circa 600 milioni di dollari, 80 milioni di dollari in più rispetto al Chelsea, per portare il Manchester City al top europeo[4].

Dietro lo Sceicco, ovviamente, c’è tutta la famiglia, visto che l’amministratore del Manchester City è Khaldoon Al Mubarak, direttore generale e CEO del gruppo Mubadala, il cui capo e maggiore azionista è Mohammed Bin Zayed Al-Nahyan, e Mansour è il vicepresidente[5]. Il Mubadala Group, una holding finanziaria che fattura oltre 240 miliardi di dollari all’anno[6], è il risultato della concentrazione di tutte le attività finanziarie, edili, industriali e militari degli Emirati Arabi Uniti[7] – ed è il progetto ideato da Mohammed Bin Zayed Al-Nahyan per preparare il suo paese ad un mondo il cui il petrolio non abbia più la centralità che ha oggi. Per capire le dimensioni, l’intero Prodotto Interno Lordo nazionale è di 420 miliardi di dollari, meno del doppio del fatturato di un’unica azienda…

Le azioni del Manchester City, di proprietà della famiglia dello Sceicco, sono custodite in una holding, la City Football Group Ltd., una società con sede a Manchester che controlla anche le squadre del New York City FC, del Melbourne City (Australia), degli Yokohama F. Marinos (Giappone), del Montevideo City Torque (Uruguay), del Girona (Spagna), del Sichuan Jiunju (Cina), del Mumbay City (India), del Lommel SK (Belgio) e del Estac Troyes (Francia)[8]. Non esistono dati ufficiali sui costi di questa imponente lista di squadre professionistiche – cui vanno aggiunti i 693 milioni di dollari pagati per sponsorizzare per un quinquennio le magliette del Real Madrid e dell’Arsenal Londra[9].

Nell’aspra contrapposizione tra Emirati e Qatar, a Doha si punta sull’organizzazione di eventi di portata mondiale, come la FIFA Cup ed il Gran Premio di Formula Uno, oltre alla costosissima amministrazione del Paris St. Germain[10]. La sola organizzazione della Coppa del mondo di Calcio, che costa 220 miliardi di dollari, è anche costata (finora) la vita di oltre 300 lavoratori tenuti in stato di semi-schiavitù. Vista con gli occhi degli occidentali, entrambe le strategie sono folli ed inutili, ed oltretutto vengono realizzate attraverso la schiavizzazione di migliaia di immigranti e portano via sostanze che avrebbero potuto essere utilizzate per opere che migliorassero il livello di vita di altre popolazioni musulmane travolte dalla guerra, dalla miseria, dall’essere ostaggio di conflitti diplomatici con un finto sfondo religioso.

Perché tutti questi soldi? Per ottenere l’affetto, l’adesione, la simpatia degli abitanti delle città le cui squadre, grazie ai soldi degli Emirati, possono ottenere risultati sportivi migliori? Nella sociologia moderna, oramai da un quarto di secolo, si sostiene che sia in atto un processo di mutamento incontrovertibile che, ben presto, cancellerà ogni percezione campanilistica dell’appartenenza delle squadre – come accade per gli sport professionistici americani, i cui club cambiano relativamente spesso sede nel momento in cui l’amministrazione di una città offra infrastrutture e trattamenti fiscali migliori[11].

La proclamazione del titolo di campioni degli Emirati Arabi Uniti del campionato 2017-2018, vinto dal FC Al Ain, di proprietà di Mohammed Bin Zayed Al-Nahyan[12]

Tutto il contrario di ciò che percepisce la maggior parte degli europei che, invece, è indissolubilmente legata all’appartenenza ad una città o addirittura a un quartiere. Si tratta soprattutto dei fan disposti a spendere denaro con i biglietti ed il merchandising, come ha dimostrato la vera e propria insurrezione dei tifosi dei club che avrebbero voluto partecipare alla Super League e che, accusando il management di tradimento, in poche ore hanno fatto fallire il progetto[13].

Una cosa che i leaders del Golfo non possono capire, visto che in quei due paesi il proletariato, che è il serbatoio principale delle tifoserie europee, è stato sostituto con immigrati (65,2 degli abitanti del Qatar, 88,2% degli abitanti degli Emirati Arabi Uniti), peraltro trattati in condizioni paragonabili alla schiavitù e quindi non molto interessati al calcio locale. E se è vero che in Europa il dilatarsi della copertura TV ha portato via tantissima gente dallo stadio (non ovunque, viste le cifre di pubblico crescenti di Germania e Regno Unito), questo non vuol dire che il pubblico abbia deciso di rinunciare a seguire i piccoli club locali per entusiasmarsi soltanto per 12 club al mondo, come pretendevano gli ideatori della Super League.

Come detto, Qatar ed Emirati seguono strategie diverse tra loro. Il Paris St. Germain è controllato dalla QIA Qatar Investment Authority che, grazie alle entrature politiche ottenute da quando lavora con la squadra, ha ottenuto gli appoggi governativi necessari per entrare nell’azionariato di Barclays, Sainsbury’s, Harrods, Volkswagen, Walt Disney, l’aeroporto di London Heathrow, Siemens, Shell, e mille altre cose, tra cui alcuni dei migliori hotel d’Italia e specialmente della Sardegna[14]. Il calcio, quindi, è un modo per stabilire relazioni commerciali, prima ancora che diplomatiche.

Negli Emirati questo concetto appare completamente rovesciato. Il campionato di calcio nazionale consta di 14 squadre, delle quali almeno tre (i tre club con la maggiore tradizione) appartengono alla famiglia di Mohammed Bin Zayed Al-Nahyan[15]. In nessun altro paese al mondo le squadre di calcio appartengono personalmente all’uomo forte del regime nazionale. Nonostante gli Emirati abbiano quattro volte il numero di abitanti del Qatar, la media spettatori del campionato qatariota è di 11mila tifosi, quello degli Emirati è di meno della metà.

Questo vuol dire che il campionato degli Emirati è solo strumentale all’immagine che la famiglia Al-Nahyan cerca di affermare in giro per il mondo. Certo, a guardar bene cii sono anche accordi commerciali[16], ma non sembrano così importanti, anche perché il gruppo Mubadala preferisce allacciare partnerships industriali alle semplici operazioni di investimento finanziario[17]. E allora? Se la finale della Champions League non è ogni anno Manchester City vs. Paris St. Germain… se queste due squadre non sempre riescono a vincere il campionato nazionale… se le tifoserie continuano a considerare le due squadre come una inglese ed una francese… se tutto questo è vero, che senso ha gettare ogni anno così tanti miliardi in questo pozzo senza fondo del calcio europeo professionistico?

[1] https://www.thenation.com/article/culture/european-soccer-super-league/
[2] https://www.independent.co.uk/news/people/profiles/sheikh-mansour-richest-man-football-2052350.html
[3] https://web.archive.org/web/20190630210353/https://www.telegraph.co.uk/sport/football/2406994/Bates-sells-off-Chelsea-to-a-Russian-billionaire.html
[4] https://www.forbes.com/sites/mikeozanian/2021/04/12/the-worlds-most-valuable-soccer-teams-barcelona-on-top-at-48-billion/?sh=421d05616ac5
[5] https://www.mubadala.com/en/who-we-are/investment-committee/khaldoon-al-mubarak ; https://www.mubadala.com/en/who-we-are/board-of-directors
[6] https://www.mubadala.com/
[7] https://www.mubadala.com/en/who-we-are/corporate-structure
[8] https://www.cityfootballgroup.com/our-clubs/
[9] https://www.forbes.com/sites/mikeozanian/2021/04/12/the-worlds-most-valuable-soccer-teams-barcelona-on-top-at-48-billion/?sh=421d05616ac5
[10] https://www.sportspromedia.com/news/neymar-psg-qatar-national-bank-endorsement-deal
[11] https://www.docsity.com/it/sociologia-del-calcio/4160762/ ; https://journals.openedition.org/qds/1132
[12] https://www.the-afc.com/competitions/afc-champions-league/latest/news/al-ain-lift-uae-pro-league-title-in-style
[13] https://www.thenation.com/article/culture/european-soccer-super-league/
[14] https://www.tuttocagliari.net/altre-notizie/psg-e-non-solo-la-famiglia-al-thani-patrimonio-da-627-miliardi-di-dollari-19421
[15] https://en.wikipedia.org/wiki/UAE_Pro_League
[16] https://investmentpolicy.unctad.org/international-investment-agreements/treaty-files/425/download
[17] https://www.mubadala.com/en/who-we-are/partnerships

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CAT: fondi di investimento, Medio Oriente

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