Gli artigiani digitali ridanno speranza al Nordest colpito dalla crisi

13 Aprile 2015

VICENZA – Una volta il Nordest era la terra dei capannoni e degli schei. Oggi non è più così. Tanti capannoni hanno chiuso, e gli schei sono molti meno. La crisi ha picchiato duro qui: dal 2007 al 2014 il Pil si è contratto di oltre l’8%, e sono andati in fumo quasi 150mila posti di lavoro. Tra i settori più colpiti, l’edilizia e il manifatturiero. Eppure è proprio dal manifatturiero che sembra stia partendo la riscossa, economica ma anche culturale, di questo territorio. I primi segni ci sono tutti. Chiariamo: si tratta di un nuovo manifatturiero. Capace di combinare tradizione e innovazione, nuove tecnologie e artigianato. Insomma, una via tutta nordestina (e italiana) a quella che l’americano Chris Anderson, ex direttore di Wired e araldo dei Makers, definisce “la nuova rivoluzione industriale” (alias rivoluzione del digital manufacturing). Questa trasformazione è resa possibile dalla crescente diffusione di tecnologie come l’ormai arcinota stampa 3D, gli scanner laser, le frese a controllo numerico. Anche il trionfo globale del web 2.0 dà il suo contributo. «Nel Nordest queste tecnologie, relativamente low cost e adattabili, trovano una platea di artigiani e piccoli imprenditori ricettivi, un po’ perché la crisi gli ha fatto vedere i sorci verdi sul serio, un po’ perché strumentazioni come la stampa 3D hanno un’anima anarchica, e questo territorio è molto anarchico, e gli animal spirits qui non sono morti»,  dice a Gli Stati Generali un venture capitalist veneto che preferisce non rivelare la sua identità.

Un bell’esempio di artigianato digitale si trova a Vicenza, 113mila abitanti e un reddito pro capite che supera 22mila euro. La città berica è la capitale dell’oreficeria italiana, come si può intuire dalle numerose gioiellerie del centro storico. E proprio a Vicenza (o meglio: nel vicino paesino di Zanè) ha sede la DWS, azienda che produce ed esporta in tutto il mondo stampanti 3D. «Personalmente, mi considero un artigiano digitale. – racconta a Stati Generali Maurizio Costabeber, 50 anni, co-fondatore nonché presidente della DWS – Ogni nostra stampante è realizzata su misura per il cliente, con la cura per il dettaglio tipica del bravo artigiano. Un’altra nostra caratteristica, oltre alla forte personalizzazione, è che lo sviluppo avviene tutto in house: le macchine, le sorgenti laser, i materiali, i software…».

Le stampanti della DWS sono destinate soprattutto al settore della gioielleria, ma anche a quello dentale e industriale. In passato venivano usate per sfornare prototipi tridimensionali, sostituendo i modellisti in carne e ossa; oggi l’orizzonte è quello della produzione rapida: flessibile, pronta ad assecondare ogni variazione del mercato, e incline a eliminare le scorte di magazzino. Proprio per questo motivo Costabeber sta per lanciare la produzione di «una stampante 3D personal per uso semiprofessionale, la XFAB, che abbiamo presentato con successo al CES di Las Vegas. Il nostro target sono i prosumer, i produttori-consumatori che non possono permettersi una stampante industriale costosissima, ma una da 5000 euro magari sì».  Con 29 lavoratori (12 dei quali addetti alla ricerca, e solo 4 alla produzione), e 8 milioni di euro di fatturato nel 2014, la DWS è un’azienda in forte espansione, attiva in mercati come il Giappone, gli Emirati Arabi e il Brasile. È un’azienda che assume: una dozzina i posti di lavoro disponibili al momento. «Siamo una sorta di atelier, ma ci stiamo trasformando in qualcosa di più grande e complesso.– continua Costabeber – .E infatti tra pochi mesi traslocheremo in una nuova sede qui vicino, a Thiene».

DWS-DW-autodesk-ScillaAndrioliStuartUna lampada realizzata con stampante digitale

A Mestre, alle porte di Venezia, ha la sua bottega il calzolaio Simone Segalin. 41 anni, alcuni esami di economia alle spalle ed eccellenti doti di web designer, Segalin è figlio d’arte: anche suo nonno e suo padre erano calzolai. La sua piccola bottega, calcola, ha circa un centinaio di anni. «Sono un artigiano digitale. – dichiara fieramente a Gli Stati Generali, indicando lo scanner laser per piedi che troneggia nella bottega, ingombra di scarpe e forme in legno. Si respira odore di cuoio, pelle e spago. Però sulla scrivania di Segalin ci sono un computer, e uno smartphone che continua a suonare. «A parole è tutto molto semplice: grazie allo scanner laser posso ottenere in un attimo tutte le misure del piede del cliente, ricavarne magari un modello tridimensionale da stampare in 3D, e avere così una forma su cui realizzare una scarpa che calza davvero come un guanto – spiega –. L’elemento rivoluzionario, però, è che così posso svolgere il mio lavoro anche a distanza. Tanti nel mondo sognano di calzare un paio di scarpe su misura made in Italy, ma solo pochissimi possono permettersi di venire qui in Italia per farsele fare. Con lo scanner laser le distanze si annullano».

Se un negozio di Fifth Avenue a New York ha in dotazione uno scanner laser, il giovane e rampante avvocato di Wall Street può recarsi lì, e farsi scannerizzare i piedi in pochissimi minuti; dopodiché i dati sono inviati con una mail a Segalin, che può così fare le scarpe (letteralmente) all’avvocato newyorkese senza spostarsi di un centimetro dalla sua bottega di Mestre. «Ho comprato lo scanner grazie a un bando per l’innovazione, e ora punto a vendere scarpe su misura negli Emirati Arabi e in Cina. C’è già un forte interesse all’estero da parte di catene di negozi che vogliono investire sui nostri prodotti. La clientela, infatti, è globale».  Una scarpa per uomo Segalin su misura, con materiali di alto livello, cucita a mano, costa 900 euro. Ma dura una vita. «Soltanto la cucitura, che realizzo a mano, non a macchina, richiede moltissimo tempo. E d’altra parte in bottega facciamo tutto: dal design della scarpa al packaging, inclusa la valigetta in legno e imbottita dove riporre le scarpe, e le foto e i dvd che mostrano come sono state realizzate le calzature. Anche il sito è opera mia».

Segalin non è solo. Con Paride Geroli, calzolaio cinquantenne di San Bonifacio (Verona), è uno dei fondatori di Italian Cobbler, rete di calzolai di eccellenza che puntano sul combinato disposto scanner per i piedi e altissima qualità per conquistare i mercati stranieri. «Il nostro grande obiettivo è creare una serie di “laser scanner corner” in tutto il mondo dove il cliente va e si fa scannerizzare il piede», spiega Geroli.  Veterano del settore, Geroli ha iniziato come ciabattino nel 1993, rilevando dal padre un’attività che era iniziata con lo zio del nonno, un calzolaio di Riviera del Brenta (oggi il santuario italiano della produzione calzaturiera di qualità, dove si realizzano persino le décolleté col tacco a spillo di Michelle Obama). «Nel Nordest c’è un tesoro di saperi antichi che tutto il mondo ci invidia – aggiunge –. Per anni lo abbiamo trascurato, ma oggi le nuove tecnologie e una maggior consapevolezza della forza del Made in Italy potrebbero aiutare a preservarlo, prima che sia troppo tardi».

Così come Costabeber, anche Segalin e Geroli pensano che il mondo stia andando verso un nuovo manifatturiero, capace di coniugare l’attenzione per la qualità tipica dell’artigiano e una produzione che, pur senza diventare di massa, è assai più consistente e meno di nicchia che in passato. «Il futuro è artigiano», assicura a Stati Generali Riccardo Bertagnoli, 24 anni, citando il titolo del noto saggio dell’economista Stefano Micelli, docente presso la Ca’ Foscari di Venezia. Veronese, laureato in ingegneria gestionale a Vicenza, Bertagnoli è co-fondatore di Plumake, giovane startup di artigianato digitale e tecnologia per le aziende. «Le stampanti 3D, laser cutter e frese a controllo numerico sono alla base della nostra azienda. Sviluppiamo prototipi low-cost per aziende, ma supportiamo digitalmente anche artigiani e designer “tradizionali”. Nel 2014 abbiamo fatturato 60mila euro». Sono soci di Plumake diversi imprenditori della zona, che hanno creduto nel progetto sia investendo sia assicurando i primi ordinativi. Ennesimo segno del fatto che il “vecchio” mondo produttivo del Nordest negli artigiani digitali inizia a crederci sul serio. È vero in Veneto ma anche in Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Lo conferma a Stati Generali Carlo Piemonte, 33 anni, direttore dell’Agenzia per lo sviluppo del distretto industriale (ASDI) della Sedia, in provincia di Udine. «Serve un cambio di mentalità in Italia, e gli artigiani digitali sono un esempio molto positivo. Il punto è saper innovare, costantemente, a 360°: innovare nel prodotto, nei processi produttivi, nelle certificazioni, nella formazione continua».

Quelle di Piemonte non sono soltanto parole. Il distretto della sedia, che ha la sua capitale a Manzano (paesino di 6700 abitanti sul fiume Natisone), è composto per oltre due terzi da aziende artigiane, e sta scommettendo con forza su internazionalizzazione, innovazione, contaminazione di tecnologie analogiche e digitali. Piemonte fa alcuni esempi di iniziative dal sapore digitale: «la rete di imprese Make My Design, di cui sono portavoce, che grazie al suo portale offre a designer e progettisti servizi di produzione ma soprattutto consulenza; e il Configuratore 3D per sedie, realizzato dalla startup locale Ubiz3D, che usa la tecnologia dei videogame per visualizzare la sedia da ogni angolo, e customizzarla modificando colori, dimensioni, finiture…».

In Trentino-Alto Adige, invece, è degno di nota il boom, a Trento e dintorni, di startup ICT che si mettono al servizio del mondo artigiano. È il caso di Reputeka, sito di e-commerce per botteghe di eccellenza, o di Italian Stories, piattaforma che racconta storie di artigiani interessanti. In Alto Adige l’approccio è più pedagogico: l’università di Bolzano offre corsi che combinano design e pratica nelle officine, a Bressanone le scuole si dotano di stampanti 3D. «Ho una laurea in design, ma ora voglio imparare a programmare e a usare bene le stampanti 3D – dice a Stati Generali Silvia, ventisettenne trentina –. Le nozioni universitarie vanno declinate in modo pratico. Solo così potrò mettermi in proprio, e creare il mio studio in Italia anziché emigrare in Germania o in Svizzera come tanti». Auguri a Silvia, e auguri agli artigiani digitali del Nordest.

 

Nella foto di copertina, gioielli disegnati dall’artigiano Pietro Nardi e realizzati con stampanti digitali DWS

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CAT: Artigiani

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