eravamo quattro amici al bar

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8 Novembre 2022

Spesso non ci facciamo caso, ma in una giornata normale si possano fare incontri che rispecchiano gli umori delle persone, basta prestare un po’ di attenzione. La mia giornata inizia con il portare i miei figli a scuola, la stessa per entrambi.

La prima considerazione la fanno proprio i miei figli: “Papà, ma cosa ce ne facciamo della luce al mattino? Noi preferiamo che venga buio più tardi, così possiamo stare fuori più a lungo, perché si continua a cambiare l’ora? Non si poteva restare come una settimana fa?” Tema attuale e controverso. Cerco di spiegare che mantenere l’ora legale, quando le giornate si fanno meno luminose, permetterebbe di risparmiare energia in un momento dove ne avremmo tanto bisogno, ma qualche esperto sostiene che non sia proprio una grande idea, perché si dormirebbe di meno, con rischi per la nostra salute. Mi rendo conto di essermi addentrato in un discorso complicato, mi salva un genitore che salutandomi mi chiede come abbiamo passato il weekend. Insieme raggiungiamo l’ingresso dell’istituto e salutiamo i nostri figli.

“Come va” chiedo io.

“Non mi sono ancora ripreso dallo scorso ponte dove ho passato otto ore in autostrada per raggiungere la Liguria, ma ti pare possibile che ci siano ancora così tanti cantieri aperti? Ma questi ci prendono per il cxxo!  Poi devo assistere alle lamentele dei liguri per la troppa ressa di quei giorni che li ha costretti a tenere aperti i lidi anche solo parzialmente per soddisfare i clienti – siamo stanchi, non ne possiamo più -.  Ma come, siete stati chiusi per due anni e ora che il lavoro vi piove dal cielo vi lamentate? E il rispetto per chi ancora oggi non riesce più a lavorare come prima dove lo mettiamo?”

Cerco di stemperare: “dai mica saranno tutti così?”.

Il mio rito mattutino continua con la fermata in edicola, tutti abbiamo un medico, un commercialista, un dentista di fiducia, io ho anche un edicolante. Una professione che mi affascina e che allo stesso tempo mi addolora perché per lui è sempre meno remunerativa, la crisi dei giornali cartacei è da anni la causa principale del problema. Statistiche ci dicono che negli ultimi 25 anni si sono perse 5 milioni di copie vendute al giorno, si stima che in Italia chiudano da tempo in media mille edicole ogni anno, in pratica tre edicole al giorno. Marco, il mio edicolante preferito, si barcamena cercando di aumentare l’offerta con altri prodotti e servizi, “Ma è dura” mi confessa, “Fortunatamente opero in una zona vicina alle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria, frequentate da genitori che si possono permettere acquisti a prezzi sicuramente più alti rispetto ad altre zone e questo penso faccia la differenza”. È affascinante notare l’esposizione dei quotidiani, fatta con una logica da far invidia a qualsiasi negozio. Ampio spazio viene dato naturalmente al Corriere della Sera e poi ai giornali classificati “di destra” come Il Giornale, Libero e La Verità che, pur vendendo meno copie di Repubblica, Stampa, occupano la parte centrale dell’esposizione condivisa con Il Giorno.

Anche da qui si evincono le posizioni politiche dei clienti residenti, molti non più giovanissimi. Scambiando due parole con Marco si unisce alla breve conversazione anche l’operatore ecologico della municipale, che ogni mattina cambia il sacchetto nero dei rifiuti del cestino antistante l’edicola, durante il solito siparietto tra i tre (il terzo sono io) si può fare un tuffo nello sport e incontrare il Sig. De Rosa, titolare dell’omonima azienda De Rosa cicli, cavallo vincente di Moser e Merckz, divenuta celebre negli anni ’60 e ’70, oppure Giovanni Trapattoni, accompagnato dalla sua signora. Il tempo è tiranno e velocemente devo lasciare la compagnia, ma non prima di essermi recato al bar per il consueto caffè. Qui altra platea, ci sono i due soliti semi-pensionati che immancabilmente discutono sulle notizie del giorno. Questa mattina per esempio il tema era il reddito di cittadinanza; uno dei due adirato, probabilmente per problemi suoi, veniva preso in giro dall’altro: “Ehi Gianni sei incazzato perché ti hanno tolto il reddito?” Per decoro non scrivo la risposta. Si unisce alla conversazione il titolare della macelleria di fronte, che si lamenta per l’apertura dell’ennesimo supermercato che gli toglie clienti. Chi non si lamenta invece è il titolare di una cartoleria che nella zona ricca di scuole opera quasi in regime di monopolio. Non mancano i muratori dell’est Europa che fanno il pieno di energia a suon di brioche appena sfornate, sono sempre sorridenti e allegri nonostante gli tre ore di lavoro già affrontate e le sei che ancora devono fare. Offro un caffè alla mamma di una compagna di scuola di mio figlio che non smette di ringraziare il nostro Paese per averle dato la possibilità di rifarsi una vita. Arrivata dall’Ucraina nove anni fa, incinta e abbandonata subito dal marito, è riuscita a risollevarsi e a garantire una vita decorosa per sé e il suo bambino, ora un piccolo campione nella squadra dell’oratorio locale.

Chiedo della guerra e mi risponde che la sua famiglia ha perso la casa in seguito ai numerosi bombardamenti, ma non vuole per nulla al mondo lasciare il proprio Paese, ma questa è una storia che merita un racconto più approfondito, per ora mi fermo qui. In soli 15 minuti circa e in un raggio d’azione che di un 1kmq ho potuto ascoltare gli umori di persone diverse in merito a economia, immigrazione, guerra e società. Un’esperienza interessante, che si ripete ogni mattina, ma che ogni giorno mi regala storie e pareri diversi. Chissà cosa accadrà l’anno prossimo, quando i miei figli andranno in due scuole diverse e aumenteranno i luoghi delle mie soste mattutine.

TAG: #costumeesocietà, immigrazione, politica
CAT: costumi sociali

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