Si fa quel che si può (inconvenienti di facebook)

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17 Ottobre 2022

Va bene preoccuparsi…ma non c’è motivo per ritenere che nel mondo virtuale ci siano, percentualmente, più imbecilli di quanti se ne contano in quello reale. E’ solo che qui la loro presenza diventa fosforescente e risulta immediatamente visibile, la loro voce più sonora e la loro influenza, quindi, decuplicata. Per certi versi il web offre le condizioni ideali al manifestarsi dell’imbecille che vi si insedia come specie protetta: vi splende e lampeggia come l’albero di natale. Non sono, dunque, in numero maggiore ma vi scorrazzano liberi e felici. Gli esemplari più insidiosi però non sono affatto quelli che tutti additano (gli haters, i barbari del web ecc.). Quelli, lo confesso, mi sono addirittura simpatici. Sono esattamente quello che sono e fanno precisamente quello che fanno. Li individui subito: dalla faccia o dal nickname e, se non bastasse, li inquadri al primo commento. Sostanzialmente sono innocui e, qualche volta, perfino divertenti. Specie quando sfanculano gli indignati di professione. Invece c’è molto ma molto peggio. E i peggiori sono proprio quelli che non solo non si ritengono del novero ma s’immaginano di possedere un qualche pedigree che li contraddistingue come esemplari d’alto lignaggio – in un campo specifico oppure anche in tutti. I primi sono fastidiosi come le zanzare. Parlano solo di una cosa e in compenso ne parlano come peggio non si potrebbe. A mostrargli che scrivono minchiate non ci vuole tanto ma è del tutto inutile perché appena cominciano ad annaspare tirano fuori il coniglio dal cilindro: “Sarebbe bello approfondire e spiegare ma facebook (o qualunque altro social o sito web) non è il luogo adatto”.

Quale sarebbe, poi, il luogo adatto è un mistero gaudioso.

Una sala conferenze? Un’enciclopedia? Il bar? Una pubblicazione in due o più volumi? Va bene…ma il fatto è che molti di loro li ho pure visti all’opera nel “luogo adatto” e sono molto peggio che su facebook. Qui, almeno, di minchiate ne sparano in quantità limitata mentre nel “luogo adatto” quel limite non se lo pongono affatto. Hanno lo stesso blasone accademico, il medesimo distintivo, di quelli che, nei libroni, scrivono con sussiego “Dato lo spazio limitato non è possibile trattare a fondo la questione…”. Dato lo spazio limitato! Cazzo, il Tao Te Ching conta cinquanta pagine scarse ma Lao Tze, la minchia, non ce la scassava. Di questi sapienti dell’altrove se ne contano ormai a centinaia: docenti, musicologi, esperti d’arte, saggisti, politologi, fisiolofi di fisiolofia, ecc. Sembra che in Italia, negli ultimi quarant’anni, i minchioni non abbiano fatto altro che accumulare titoli. Stanno sui social come se facessero un favore ai discenti, i loro profili spesso non contengono altro che locandine di eventi culturali o di lectiones magistrales e marchette di pubblicazioni coi commenti in coda di quelli che li frequentano (chissà perché: secondo mistero gaudioso): “Corro a comprarlo!” “L’ho già ordinato!”. Poi, sotto il vestito, niente. Non si capisce, con tutta la buona volontà, perché non se ne vanno a fare in culo altrove (ometto la soluzione più ovvia, cioè che non scrivono solo perché, ahimè, non sanno farlo; le loro pensose e penose pubblicazioni, collazionate come la sventurata e struggente creatura di Frankenstein, servono solo per il curriculum e, oggi che siamo stati tutti finemente svezzati a carta igienica, assolutamente a niente altro). Poi ci sono gli altri. Quelli che non si fanno mai i cazzi loro perché troppo indaffarati a farsi quelli degli altri. Sono professori per vocazione e amano correggere. Correggono di tutto: dal refuso ortografico alla ricetta della carbonara. Se ci metti il guanciale ci andava la pancetta e se ci metti la pancetta ci andava il guanciale. Se, come me, la fai pure con la mortadella fremono d’orrore ma non ti bannano perché aspettano di spiegarti come si fa l’omelette. Se dici arancina si dice arancino e se dici arancino si diceva arancina. E non ci sono santi: la loro, a qualunque proposito, è l’ultima parola. Non gli sfugge nulla, tranne il fatto che sono degli imbecilli e di nulla sono all’oscuro fuorché di quella imbecillità che se ne sta acquattata, silente e fangosa, nelle oscure profondità del loro ego spropositato e paludoso.

Di tutti questi elementi – dottori, dottorandi, professori ordinari e straordinari, insegnanti di vita e di dottrina – ringraziando il cielo, il mio profilo facebook è, devo dire, abbastanza sgombro. Un po’ perché, fin dal principio, sono stato piuttosto selettivo e un po’ perché quando ne è apparso qualcuno a sorpresa l’ho impallinato per tempo. Però di tanto in tanto me ne appare qualcuno sulla mia bacheca facebook che reclama provvedimenti urgenti. Ma io sono vecchio: i miei riflessi non sono più quelli di un tempo. Così sempre più spesso lascio perdere. Già mi aspetto il rimprovero del riflessivo: “ma via…lei è troppo polemico…esagera!”. Non voglio contraddire la reprimenda: forse è vero. Ma c’è una ragione. Valida. Perché, avendo vissuto abbastanza a lungo, l’ho verificata più e più volte: chi scrive le cose che scrivo io e come le scrivo io deve andarsene in giro armato. Di pistola. Per tenere a distanza gli avventori. Perché in caso contrario verrebbe fatto fuori a coltellate: una volta al fianco destro, un’altra al fianco sinistro e – sempre – al centro. Perciò sembro cattivo: per necessità e per legittima difesa. Insomma, si fa quel che si può…

TAG: Facebook
CAT: costumi sociali, Internet

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