Oltre i fatti di Pisa: cosa fare perché non succeda di nuovo

29 Febbraio 2024

Molte sono le domande che sono state poste all’indomani dei fatti di Pisa e molte sono quelle che, nelle prossime ore, ancora si porranno. E’ di poche ore fa la notizia della rimozione della dirigente del reparto mobile della polizia di Firenze, reparto che fornisce le squadre per l’ordine pubblico anche alla Questura di Pisa, e oggi giovedì 29 febbraio il ministro Piantedosi è chiamato in Parlamento delle azioni delle forze di polizia intervenute nel corteo; nel frattempo, la procura di Pisa ha aperto un fascicolo contro ignoti per accertare le responsabilità degli agenti e della catena di comando coinvolta negli scontri di piazza.

Come è stato possibile che un corteo di ragazzini degenerasse in uno scontro così violento? Chi ha dato l’ordine di “caricare”, e perché? Era sua competenza farlo, oppure no? E soprattutto: chi sono gli agenti diretti responsabili del ferimento dei tredici ragazzi – dieci dei quali minorenni – presi a manganellate nel corteo di venerdì?

Sono queste le domande alle quali aspettiamo una risposta. A un’altra domanda, invece, abbiamo provato a rispondere noi.

Ci siamo chiesti: all’indomani di fatti così incresciosi, cosa si può fare nell’Italia di oggi per impedire che ogni manifestazione o corteo pacifico organizzato da studenti e non solo possa, in futuro, anche solo correre il rischio di trasformarsi in una nuova Pisa? Come evitare che questi fatti accadano di nuovo?

Una risposta certa, è chiaro, è difficile darla. Abbiamo provato comunque ad avanzare qualche ipotesi.

In primo luogo, ci siamo chiesti se non sia una buona idea, per evitare che fatti come quelli di Pisa avvengano di nuovo, anzitutto che vengano ritirate le tre proposte di legge attualmente in parlamento per l’abolizione del reato di tortura – precisamente, la proposta di legge n. 623, davanti alla Camera, i ddl. e 661 e 341, presentati al Senato (sull’iter parlamentare di quest’ultimo, peraltro, gli ultimi lavori sono stati pubblicati il 24 febbraio, neanche 24 ore dopo le manganellate di Pisa). Come forse già sapranno gli addetti ai lavori, infatti, è da anni che Fratelli d’Italia si batte per l’abrogazione degli art. 613 -bis e 613 -ter del codice penale, che prevedono (in linea con quanto previsto dalla Convenzione ONU contro la tortura, ratificata – ricordiamolo – dall’Italia nel 1989 ma introdotta nel nostro ordinamento solo nel 2017) pene severe per gli autori dei reati di tortura e istigazione alla tortura commessi dal “pubblico ufficiale” e in circostanze di “abuso di potere”. E’ attraverso l’applicazione di questi articoli che, in passato, la Corte di Cassazione aveva potuto condannare diversi agenti di polizia colpevoli di trattamenti violenti e degradanti nei confronti di arrestati e detenuti, accertando di volta in volta la circostanza della “crudeltà”; ed è appunto di questi articoli che i 17 esponenti di Fratelli d’Italia firmatari della proposta vorrebbero privare il nostro codice penale. Il motivo? “Il reato di tortura così come è previsto oggi rischia di privare le forze dell’ordine dello slancio necessario per portare avanti al meglio il loro lavoro, con conseguente arretramento delle attività di prevenzione e repressione dei reati, e scoraggiamento generalizzato dell’iniziativa delle forze dell’ordine”.

Affermazione questa che lascia un po’ perplessi, all’indomani dei fatti di Pisa: siamo sicuri che, per evitare nuovi scontri, quella di abolire il reato di tortura sia davvero una buona idea?

Allo stesso modo, ci siamo chiesti se per scongiurare nuovi episodi di violenza tra cittadini e polizia sia stata una buona idea quella di varare, lo scorso novembre, l’ultimo pacchetto sicurezza firmato Fratelli d’Italia – in discussione alle Camere nelle prossime settimane. Come si legge nel corposo pacchetto (di cui è stata data l’altro ieri lettura in Parlamento – sempre a proposito di tempistiche formidabili), infatti, ciò che il Governo vorrebbe introdurre – oltre all’ennesima “stretta in materia di sicurezza pubblica” e al consueto “giro di vite” su condotte varie quali truffe agli anziani, accattonaggio di donne incinte e rivolte nelle carceri – è una serie di nuove e significative tutele per tutte le forze di polizia operative sul territorio – intese come Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Penitenziaria, principali beneficiarie del provvedimento. In particolare, e qualora il ddl. passasse come auspicato dalla premier Meloni, nei prossimi mesi andrebbero ad inasprirsi ulteriormente le pene per chi ferisce, minaccia o oppone resistenza un agente di polizia o un pubblico ufficiale, e sarebbero introdotte una serie di autorizzazioni specifiche, applicabili ai membri dell’arma, ai quali sarebbe permesso – tra le altre cose – di andare in giro con un’arma da fuoco diversa da quella di servizio, anche quando questi in servizio non sono. Si, così prevede il pacchetto. No, forse neanche questa è una buona idea per evitare scontri come quelli di Pisa.

 

E allora, quale potrebbe essere una buona idea?

 

Forse, potrebbe esserlo decidersi, finalmente, ad adeguare il nostro ordinamento agli standard di ordine pubblico e tutela del cittadino che da anni le autorità europee ci chiedono di adottare in materia di forze dell’ordine.

Risale al 2015 la condanna della Corte europea per i diritti dell’uomo sul caso Cestaro (ricordate, la Diaz?) e al marzo 2023 l’ultimo report del Consiglio d’Europa, che accendevano importanti riflettori sulle modalità di intervento dei nostri agenti di polizia e Carabinieri nel mantenimento dell’ordine pubblico. In entrambi i casi, le autorità europee chiedevano all’Italia di investire di più nella formazione delle forze dell’ordine operanti sul territorio, e di adottare misure specifiche per l’identificazione degli agenti quali i codici identificativi per gli agenti e il sistema di Body Worn Video Cameras. In entrambi i casi, il Governo (Renzi prima, Meloni poi) rispondeva: “si, ci stiamo lavorando”, ma le promesse cadevano nel nulla. Così, il Consiglio dei Ministri del CoE tornava sulla questione nel dicembre 2023, prendendo atto di come l’Italia non avesse ancora adempiuto agli obblighi internazionali in materia di forze di polizia e tutela di migranti, detenuti e cittadini (situazione di cui, del resto, il 2023 ha dato fiera mostra: ricordate quanto accaduto a Capua Vetere, Verona, Firenze..?) e intimando al Governo Meloni di intervenire, entro e non oltre il giugno 2024, per mettere fine al clima di impunità che vige intorno alle forze di polizia italiane, per il bene dei cittadini e di tutti.

Il richiamo dell’Europa arrivava ben prima degli episodi violenti dello scorso venerdì: è evidente che no, a più di due mesi dall’ultimo ammonimento dell’CoE, al momento degli scontri di Pisa alle norme internazionali applicabili in materia di tutela dell’individuo e forze di polizia il nostro Governo non si era ancora adeguato – ed è stato lungi dal farlo, come abbiamo visto dalle ultime iniziative di Meloni e i suoi, nei giorni immediatamente successivi. Eppure, forse, adeguarsi al più presto alle disposizioni del Consiglio d’Europa sì che potrebbe essere un’ottima idea per evitare fatti come quelli di Pisa, se il nostro obiettivo è quantomeno tentare di prevenire futuri possibili scontri violenti che coinvolgano giovani, cittadini e forze di polizia.

Perché questo è il nostro obiettivo, non è così? Dalla nostra presidente del Consiglio, e da quello del Senato, per ora, silenzio stampa.

TAG: #giustizia, #governomeloni, #violenzedipiazza, polizia
CAT: diritti umani, Governo

Un commento

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  1. andrea-lenzi 3 mesi fa

    Occorre però una soluzione che valga per ogni corteo, non solamente questo.
    Intanto il corteo deve essere autorizzato, poi occorre prendere atto che in ogni corteo ci sono sempre i facinorosi che fanno degenerare la situazione.
    Non si può accontentare tutti, purtroppo.
    Le bodycam sono benvenute, ma non le matricole ben visibili a terzi, altrimenti i più facinorosi riusciranno a trovare gli agenti e vendicarsi, ben dopo la manifestazione, quando gli agenti non se lo aspettano.
    Del resto, dopo la denuncia degli aggrediti, attraverso le bodycam le autorità riusciranno a risalire all’agente gratuitamente violento.
    A titolo di esempio, riporto quanto visto a napoli durante il covid: un corteo di Pap distrusse mezzi privati e cassonetti, e picchiò agenti pacificissimio che nemmeno risposero; i proprietari dei mezzi distrutti, i napoletani costretti a risarcire i beni pubblici distrutti, i napoletani che non poterono fruire della strada per giorni vanno tutelati.
    Si accettano proposte per contenere pacificamente i facinorosi…

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