Ecco perché votare SI significava rallentare l’impoverimento del paese

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11 Dicembre 2016

Ho votato sì al Referendum del 4 dicembre e i motivi saranno chiari in seguito. Nonostante ciò credo che la politica, come forma di potere in grado di strutturare liberamente il campo di azione degli altri, si avvii in Occidente verso un declino irreversibile. Questo non significa che siamo dinnanzi ad una diminuzione dell’interventismo giudiziario, che appunto crea le regole del gioco, ma anzi il contrario, stiamo assistendo ad una proliferazione di norme che obbediscono a logiche ben determinate.

Esistono delle condizioni oggettive, marxianamente intese, che occorre sempre analizzare per aver chiara la direzione verso cui si va e quali siano gli spazi di libertà e manovra che consentano di modificarla o sovvertirla. Tali condizioni corrispondono oggi a ciò che per primo Foucault chiamò: governamentalità neoliberale. Si tratta di una ragione di governo che dal dopoguerra ad oggi si è radicalizzata divenendo unica e pervasiva.

Il sistema neoliberale sancisce un nesso fondamentale tra politica ed economia, tra istituzioni e mercato: secondo i teorici del neoliberalismo americano e dell’ordoliberalismo tedesco la libera concorrenza nel libero mercato deve essere protetta e tutelata perché solo essa crea benessere e prosperità. Compito delle istituzioni è assecondare e accompagnare questo processo attraverso l’interventismo giuridico, ossia la produzione di leggi. Pena, l’esclusione dall’agone competitivo. A essere protetto deve essere il capitale dunque, non le popolazioni.

L’esito degli ultimi avvenimenti elettorali: il No del popolo italiano al referendum costituzionale del 4 dicembre, l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti d’America e la Brexit ci dicono chiaramente che sussiste un rifiuto da parte della popolazione occidentale alla situazione economico sociale che si trovano a vivere. Di questo bisogna prendere atto:

“Otto anni dopo l’esplosione della crisi, le disuguaglianze continuano a crescere, la volatilità del capitale continua ad essere alta, i sacrifici richiesti alle fasce sociali più modeste non smettono di moltiplicarsi, la situazione del mercato del lavoro continua a degradarsi […] la sinistra è sempre più a pezzi […] l’Europa si frantuma”. (Guerra alla democrazia, Pierre Dardot, Cristian Laval 2016)

Detto questo vorrei ribadire che: le regole e le norme che organizzano la globalizzazione creano uno spazio particolare nel quale si porta avanti un gioco che vincola alle medesime regole gli attori che vi prendono parte.

La Riforma Costituzionale promossa dal Governo Renzi andava in questa direzione: aveva in sé la volontà di rendere più efficiente la macchina istituzionale, di ridurre gli sprechi, la burocrazia, e dirimere un contenzioso nefasto come quello tra Stato e Regioni. Era una riforma che apriva alle politiche neoliberiste? Ma certamente, come la riforma del lavoro denominata jobs act. Era una riforma imposta da JP Morgan come ho spesso sentito in trasmissioni deleterie come La Gabbia su La 7? Ma per favore, il potere, e dunque il perpetrarsi di un sistema, è intenzionale ma non soggettivo: “una volta che il processo di neoliberalizzazione delle società e delle menti ha raggiunto una certa soglia, è la stessa realtà sociale a diventare neoliberale”.

Ora veniamo al punto: ho votato si perché se non si ha una strategia alternativa è meglio affrontare la guerra per la competitività, che si combatte tutti i giorni sulla scena del mondo, con le armi che si hanno. Quelle del Governo Renzi, a mio parere, erano buone armi.

TAG: Cultura, Matteo Renzi, politica
CAT: Filosofia, Governo

Un commento

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  1. ferdy 7 anni fa

    come si fa?purtroppo ha prevalso la pancia,e adesso bisogna ricominciare d’accapo.

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