Avanti i prossim*

14 Giugno 2022

I frizzi e i lazzi da bar sulla doppia sconfitta di Salvini e il tracollo dei 5 Stelle sono perfettamente legittimi e comprensibili. Entrambi sono nati e cresciuti nella peggio cultura da bar di paese, in cui faccio casino, dico che io so fare le cose meglio di tutti, faccio le penne in moto, cado, do la colpa alla strada e mi rincantuccio in un angolo a bermi il Fernet alle 7 di mattina.

Ci sta tutto, e francamente chi se ne frega di entrambi. Ma le loro s-fortune sono il dito, la luna è che ci siamo fumati l’ennesimo pezzo di classe dirigente, al quale 4 anni fa erano stati attribuiti poco meno del 50% dei consensi elettorali, in parte in fuga da un altro pezzo di classe dirigente, che alle europee di 4 anni prima aveva da solo preso oltre il 40%. Con gli occhi del poi, la mattina dopo smaltita la sbronza, sembrano tutti dei bidoni raccattati sotto l’evidente influsso di sostanze psicotrope. In realtà, prima di prendersela col povero bidone che dorme nel vostro letto e che butterete fuori di casa in malo modo, provate a chiedervi perché li raccattate, e pensate pure di sposarveli.

Non è sano che, dopo decenni di immobilismo e con cicli sempre più brevi, il sistema politico venga terremotato alle fondamenta e che capitani di ventura cedano il posto ad altri capitani di ventura, con il PD come unico elemento di stabilità (cosa che non fa bene nemmeno al PD). Non è sano perché non si costruisce nulla, e soprattutto i capitani di ventura, o aspiranti tali, ragionano all’insegna del “live fast and die young”. Drogati di social, non fanno altro che spararla più grossa, dare carne sanguinolenta alla loro bolla. Francamente, che palle.

Stiamo celebrando distrattamente il tramonto della Lega di Salvini e dei 5 Stelle mentre all’orizzonte si stagli l’ombra di Giorgia Meloni, nuovo astro nascente. Non siamo elettrizzati, ci si perdonerà, e al dunque nemmeno preoccupati. Certamente lo siamo poco per le nostalgie fasciste, che fanno schifo, ma facevano molto più paura nel 1994, quando Berlusconi sdoganò una cosa che puzzava molto di più. Come Salvini, la Meloni è una cacciatrice di consenso senza scrupoli e liscia il pelo a qualunque consesso possa portarle un po’ di acqua, pronta a buttarlo via non appena diventa scomodo, ché questi non credono a nulla che non sia la loro scalata alla vetta.

Semmai, siamo colpiti dal fatto che questi signori non abbiano alcuna idea di come si gestisce un Paese in via di (tardissima) modernizzazione come l’Italia. Il programma economico di FDI non solo fa pena per pochezza di contenuti, ma è chiaramente scritto da un gruppo di boomer che hanno passato gli ultimi 20 anni a lamentarsi di come si stesse meglio prima.

Sappiamo dunque come finirà: ennesimo trionfo, ennesima bava, ennesimi aruspici che diranno che si prenderà tutto, ennesimi passaggi di casacca, ennesima caduta, ennesima sostituzione. Tutto imprevedibile ed entusiasmante come il calendario di Frate Indovino.

Un cosa preoccupante ovviamente c’è, ed è la resilienza di un mercato dello scontento, che ormai viaggia, contando l’astensionismo, a percentuali stellari. Esiste e resiste ai leader che passano, e si nutre di cibo informativo e politico sempre più spazzatura, fertilizzato dalle sconfitte delle stesse opzioni precedenti, che ne generano di più irrealistiche. Prima era l’Europa cattiva, poi i vaccini che insomma, ora direttamente un dittatore sanguinario che magari ha le sue ragioni… Questo mercato è il vero moloch da aggredire, depotenziare, ricondurre almeno in parte a logiche anche nuove e radicali, ma democratiche e occidentali. Sennò prima o poi il giocattolo si rompe.

Non è un problema solo italiano, ma di tutto l’Occidente, cosa che ovviamente non ci rincuora. Le linee di frattura economiche, sociali, tecnologiche, culturali, esistenziali si stanno muovendo come le faglie del terremoto, e non sappiamo quando e come (e se) si ricomporranno in un altro equilibrio, comunque lontano. Nel frattempo si balla.

Scommetto una birra che un eventuale prossimo governo legittimamente eletto del Centrodestra non supererà la metà della legislatura, per essere sostituito da formule molto simili all’attuale, dove il prestigio personale di uno rimette la barra a dritta e la politica è rumore di fondo. Non è una bella prospettiva.

Si può sovvertire? Non dalla sera alla mattina, ma bisogna pur iniziare. Innanzitutto, questa formula con il PD che sta sempre in mezzo ma fa il gendarme e il babysitter funziona per gestire i disastri, ma alla lunga non serve a niente, anche perché toglie ai Democratici identità e radicalità di cui ci sarebbe bisogno. Perché il problema non è ricondurre a ragione l’elettorato impazzito e fargli mangiare la zuppa, è cambiare la ricetta della zuppa. In secondo luogo, ci vuole che il PD trovi dei compagni di strada affidabili, vale per quel che rimane dei 5 Stelle (che non sanno nemmeno loro chi e cosa sono, ma per bacino elettorale sono un partito dei poveri, e dunque più vicino alla Sinistra che alla Destra), ma anche per quell’asilo privato che è il campo riformista, fatto di persone che magari sanno anche fare di conto, ma non capiscono niente di politica, hanno l’empatia di una zanzara e l’ego di un elefante.

La sparata di Calenda sulla Moratti in Lombardia, non è solo offensiva per chi ha subito il tracollo della Sanità lombarda anche dopo Gallera, ma soprattutto certifica tutta l’inadeguatezza di un supposto leader che deve sempre dire e scrivere la prima cosa che gli passa per il capo. Come Trump, ma con molto meno potere. Se dovessero vincere le competenze, avrebbe avuto ragione Guglielmo Giannini, il leader dell’uomo qualunque che nel 1944 sosteneva che al Paese serve “un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E non sia rieleggibile per nessuna ragione”. Ma qui c’è da fare molto di più, traghettare un popolo verso la modernità, salvandolo dal caos e dalla disgregazione.

Qui servono testa sul collo e mani in tasca.

 

PH: Bruno Panieri

 

TAG: 5 stelle, Conte, Draghi, giorgia meloni, Lega Salvini
CAT: Governo, Partiti e politici

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