Il romanzo e le donne (ossia il romanzo “è” le donne).
Se la saggistica di qualità assegna profondità allo sguardo dell’uomo, solo il romanzo gli dà, nell’immediatezza della lettura, una conoscenza intuitiva, folgorante dell’esistenza. Questa conoscenza intuitiva può far pensare alle donne; e in parte è vero. Un critico da me molto amato, Albert Thibaudet, diceva (nella “Storia della letteratura francese” ) che «nel romanzo la donna è a casa sua» e aggiungeva «il romanzo sono le donne; generalmente scritto per loro, spesso su di loro, talvolta da loro». Com’è vero! È inutile dire che è molto raro trovare maschi positivi e profondamente implicati nell’esistenza, che so, Amministratori delegati, Controller o gli stessi Direttori del personale, appartarsi nelle pause pranzo (che loro dichiarano di non fare per principio) e leggere un romanzo… Eppure quanto gioverebbe loro ai fini della conoscenza dell’animo umano!
Se la letteratura è quel serbatoio immenso di passioni, di sentimenti, di personaggi, oltre che di storie, non è forse vero che leggendo semplicemente anticipiamo i fatti dell’esperienza in maniera tale che quando poi ce li troviamo d’improvviso davanti più che conoscerli, noi che abbiamo letto, non facciamo che ri-conoscerli? Charlotte Brontë si stupiva, per bocca di Jane Eyre, che ci sia gente incapace «di cogliere il carattere di una persona o di non sapere osservare e descrivere gli aspetti essenziali delle persone o delle cose». Sapete perché? Per via della mancata frequentazione dei romanzi. Il filosofo marxista Galvano Della Volpe perciò assegnava un pieno valore conoscitivo alle opere d’arte e quindi alla letteratura, distinguibile dal valore conoscitivo della scienza solo tecnicamente (“Critica del gusto” ).
Perciò: altro che intrattenimento per sartine, altro che trastullo di fanciulle sospirose in attesa dell’amore… Nei grandi romanzi c’è rappresentata in maniera diretta, particolare e concreta né più né meno che la vita. È superfluo aggiungere che tutto ciò si trova a vari livelli nelle opere letterarie e che sta a noi scoprire dove c’è la fuffa e dove la pepita d’oro di un’acquisizione fondamentale per la nostra crescita spirituale. E che questa ricerca si affina spesso proprio grazie alle opere sbagliate, perché sono esse che alla fin fine ci fanno riconoscere quelle riuscite.
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Già pubblicato su “Il calibro”, blog estinto.
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